Home » Giovanni Veronesi e la reincarnazione: “Dopo morti diventiamo animali. So già che animale sarò”
Spettacolo

Giovanni Veronesi e la reincarnazione: “Dopo morti diventiamo animali. So già che animale sarò”

Giovanni Veronesi e la reincarnazione: “Dopo morti diventiamo animali. So già che animale sarò”. Giovanni Veronesi e la reincarnazione, il regista ripercorre le tappe della sua carriera e propone un passaggio mistico in una intervista a ‘La Verità’. Ve ne proponiamo alcuni passaggi.

Ha esordito nel 1987 con un film adolescenziale, Maramao. Com’ era nata l’idea?
«È un’idea che mi porto dietro da tanto tempo perché anche nell’ultimo film sui moschettieri, Tutti per 1 – 1 per tutti, dopo morti si diventa animali. Sono passati trentacinque anni ma non ho cambiato idea: la nostra vita terrena serve per scegliere che animale saremo dopo la morte, dalle lucertole alle formiche».

Lei cosa pensa di diventare?
«Un cavallo perché ho una passione per loro. Dei due cavalli che possiedo, uno credo fosse un commercialista perché è un calcolatore clamoroso, l’altro uno zingaro!».

Giovanni Veronesi e la reincarnazione: “Dopo morti diventiamo animali”

Com’ era arrivato a Roma? Aveva un appoggio?
«L’appoggio era Francesco Nuti, che era venuto a vedermi al Teatro Cicognini di Prato, dove avevo portato in scena Diario di un pazzo di Gogol’. Mi ero cimentato in tutto: avevo scritto la riduzione con mio fratello Sandro, facevo la regia e recitavo. Alla fine Nuti mi ha detto: “Io non ci ho capito un ca, però secondo me te sei bravo!”.

Era il 1981, lui stava pensando a Madonna che silenzio c’è stasera e io sono andato a trovarlo a Roma. Ho dormito sei mesi su una poltrona senza sapere che si poteva aprire e diventava un letto! Un giorno la governante mi ha detto: “Certo lei è proprio ordinato: si fa il letto tutte le mattine”. “Non mi rifaccio il letto non ce l’ho!”. “Come no! Trovo sempre la poltrona rifatta”. “Quale, scusa?”. Mi sono accorto che bastava tirarla in avanti e diventava un letto!».

Era andato lì per restare qualche giorno?
«No, no, ero deciso, non è che avessi delle titubanze. Non avevo un piano B: o mi andava bene il piano A o sarei diventato un architetto fallito di Prato!».

[…] Si è creato tra lei e Nuti un rapporto straordinario
«Un rapporto di fraterna amicizia, infatti penso di essere l’ultimo amico che lo va a trovare. Quando ho diretto Per amore, solo per amore da regista, c’è stato un piccolo distacco tra di noi. Quando uno si rende autonomo, queste amicizie così indissolubili piano piano si smontano perché ognuno ha la sua carriera, però siamo rimasti sempre legati».

Giovanni Veronesi: “Sono un ateo totale, però ho studiato la figura di Gesù”

Il suo secondo film da regista, Per amore, solo per amore, è un altro film particolare.
«Era tratto da un romanzo di Pasquale Festa Campanile, che non era un grande libro dal punto di vista letterario, pur avendo vinto il Premio Campiello, ma era una grande idea dal punto di vista cinematografico. Io e Ugo Chiti lo abbiamo cambiato molto. De Laurentiis mi ha detto: “Facciamo questo film”, non è stata un’idea mia, è stata un’idea di Aurelio di farlo dirigere a me. Gli ho risposto: “Ma sei sicuro? Io non sono credente” e lui: “Deve farlo un laico così non gli mette addosso un manto di sacralità che magari gli metterebbe un credente”. Infatti gli oltranzisti cattolici di Verona mi hanno fatto il picchettaggio davanti al cinema! Però così hanno fatto pubblicità al film».

Le ha cambiato la prospettiva dirigere questo film?
«Sono un ateo totale, però ho studiato la figura di Gesù e sono molto vicino alla spiritualità delle cose. Mio fratello ha riscritto Il Vangelo secondo Marco, che è un Vangelo bellissimo, mi sono documentato, ho letto…».

[…] Poi si è specializzato nelle commedie…
«Sì, però ho fatto un western, Il mio West, con David Bowie e Harvey Keitel, un film folle come Streghe verso nord e due film sui moschettieri, Moschettieri del re – La penultima missione e Tutti per 1 – 1 per tutti, che adesso sembrano normali, ma quattro anni fa quando li ho proposti mi hanno guardato come se fossi pazzo».

Giovanni Veronesi e la reincarnazione: “Dopo la morte sarò un cavallo”

[…] Come ha fatto a convincere David Bowie e Harvey Keitel?
«Ho fatto il gioco delle tre carte perché naturalmente pensavo che nessuno mi avrebbe detto di sì, perciò ho detto a Keitel che c’era Bowie e a Bowie che c’era Keitel e tutti e due hanno accettato. Nessuno dei due ha saputo che avevo mentito».

Com’ erano caratterialmente Bowie e Keitel?
«Erano molto diversi naturalmente. David Bowie voleva parlare solo di morte. Infatti ha accettato – l’ho saputo dopo – perché in tutti i film che aveva interpretato in precedenza moriva. Ho avuto fortuna perché fatalmente il suo personaggio moriva, per cui l’ha preso in considerazione, poi non aveva mai fatto western, gli piaceva giocare con la pistola, fare il pistolero cattivo. Dopo la lettera che gli ho scritto, anche quella molto strana, mi ha risposto che ero abbastanza folle per venire a vedere, come a poker».

Giovanni Veronesi: “Pieraccioni? È il mio errore, ma anche la mia droga”

Keitel, invece?
«Harvey era molto divertente, però attore consumato, quindi bizzoso, aveva tutte le sue manie, in più era geloso di David Bowie. Bowie era un mito, lui no, quindi faceva tutte le piccole ritorsioni del caso, però io ho saputo gestire la situazione anche se ero abbastanza giovane, avevo trentasei anni».

C’era pure Leonardo Pieraccioni.
«È il mio errore, ma anche la mia droga, unire il sacro al profano. Anche quando organizzo le cene a casa mia ci deve essere un pubblico eterogeneo, amici di tutte le razze, di tutti i tipi. Non posso fare un film solo sacro o un film solo profano. L’ho fatto anche con Robert De Niro ne Il manuale d’amore 3. Penélope Cruz e Diego Abatantuono sembrano due persone molto lontane, invece hanno interpretato san Giuseppe e la Madonna in Per amore, solo per amore».

De Niro era simile a Keitel?
«No, Keitel è molto Actors studio, De Niro no. Robert è una persona delicata, raffinata, gentile, premurosa, è un amico vero. Lavorerei con lui tutti i giorni, se fosse possibile».

[…] Negli ultimi anni ha collaborato spesso con Carlo Verdone.
«La cosa bella nel nostro rapporto è che da collaboratori siamo diventati molto amici, Ci sentiamo tutti i giorni e quando capita facciamo un film assieme. Si dice: “In questo ambiente non si possono avere amici”, beh, io ne ho tre-quattro e uno è Carlo».

Seguici anche su Facebook. Clicca qui

Loading...
Social Media Auto Publish Powered By : XYZScripts.com