Mini-cervelli umani coltivati in laboratorio: scoperta l’origine di un male incurabile. Grazie a uno studio sui mini-cervelli umani coltivati in laboratorio, arriva una scoperta che potrebbe segnare una vera e propria svolta nella ricerca delle origini di malattie incurabili. Lo studio pubblicato su Science, è stato condotto dai ricercatori dell’Istituto di biotecnologia molecolare dell’Accademia austriaca delle scienze (Imba).
Osservando le cellule dei pazienti, i ricercatori sono riusciti a svelare l’origine di malattie neurologiche ancora incurabili e altrimenti difficili da studiare nei modelli animali. Come la sclerosi tuberosa, una rara patologia che finora è stata erroneamente considerata genetica. Stando ai risultati, si tratta invece di uno sviluppo alterato di cellule presenti solo nel cervello umano e non in quello di altri animali.
La sclerosi tuberosa si manifesta in molti pazienti con gravi episodi di epilessia, autismo e difficoltà di apprendimento. Da un punto di vista morfologico, è caratterizzata dalla presenza di tumori benigni e lesioni della corteccia cerebrale denominate ‘tuberi’. Finora queste alterazioni sono state attribuite a una causa prevalentemente genetica.
Mini-cervelli umani coltivati in laboratorio: lo studio
Ma lo studio dei mini cervelli in provetta (organoidi cerebrali) dimostra che tutto deriva da un problema dello sviluppo: “l’ eccessiva proliferazione di una tipologia cellulare specifica del cervello umano”, le parole del primo autore dello studio, Oliver Eichmuller, riportate da Ansa.
Queste cellule progenitrici, denominate ‘Clip’, si trovano solo nel cervello umano in via di sviluppo ma non in altri animali come ad esempio il topo. Secondo la ricercatrice Nina Corsini, “il nostro studio dimostra che il cervello umano è molto più complesso di quello della maggior parte degli animali”, e forse proprio in questo risiede la sua maggiore vulnerabilità alle malattie.
I ricercatori dell’Imba ipotizzano che questo discorso possa valere anche per altre malattie neuropsichiatriche, per alcuni disturbi del neurosviluppo e per alcuni tumori maligni del cervello. “Le nostre scoperte potrebbero applicarsi anche ad altre malattie che al momento sono senza cura”, conclude Jurgen Knoblich.
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