Amanda Sandrelli si racconta: “Mai raccomandata, così è iniziata la carriera. Da Paoli e Sandrelli due difetti”. L’attrice figlia di Gino Paoli e Stefania Sandrelli, ripercorre la sua vita professionale e privata in una intervista a ‘Il Corriere della Sera’. Ve ne proponiamo alcuni passaggi.
È nata a Losanna. Quasi di nascosto?
«Bè… quasi. Mio padre era regolarmente sposato con Anna Fabbri dalla quale era in attesa del figlio Giovanni che è nato tre mesi prima di me, perché intanto anche mia madre era incinta. Insomma, un bel pasticcio. E infatti, dati i tempi visto che stiamo parlando del 1964, lui non ha potuto darmi subito il suo cognome. Solo in seguito per me è staro possibile chiamarmi Sandrelli Paoli. Avrebbe potuto essere un inferno invece no, sia pure nella complessità sono stata fortunata, mi è andata decisamente bene, ho imparato a prendere il meglio dagli affetti familiari e soprattutto ho imparato a essere libera dalle convenzioni, dalle regole. Una famiglia tutt’altro che perfetta, non borghese, dotata però di un’alta dose di onestà».
Amanda Sandrelli si racconta: “A casa di papà accolta con tanto affetto”
Non ha mai sofferto per questa situazione un po’ complicata per l’Italia dell’epoca?
«All’inizio, da bambina, sapevo di essere in una condizione affettiva difficile: una figlia unica con due fratelli, oltre a Giovanni, che ho conosciuto solo in seguito quando, tra gli otto e i tredici anni, andai a vivere da mio padre che mi voleva a Milano, e poi Vito che mia madre ha avuto da Niki Pende. A casa di papà venni accolta con molto affetto da Anna, che aveva un carattere meraviglioso, è stata per me una seconda madre e abbiamo costruito un bellissimo rapporto.
Certo, crescendo ci sono stati dei nodi da sciogliere, mi sono posta delle domande e sono andata in analisi per un decennio, tra i 23 e i 33 anni. È stato un percorso importante, mi piaceva andare dallo psicoanalista che non ti risolve i problemi, semmai te ne crea di nuovi e così almeno non compi sempre gli stessi errori. La psicoterapia ti insegna a non rimanere prigioniero di certe dinamiche costrittive e ti fa capire che nella vita puoi scegliere poco il tuo destino, dipende tutto dalle occasioni che ti capitano. Io non sono credente, non posso quindi affidarmi a soluzioni “alte”, solo il cervello, solo quello che sta dentro la nostra testa ci può aiutare».
[…] E nella professione artistica, l’argento vivo le è servito per confrontarsi con due genitori artisticamente ingombranti?
«Due persone speciali, due statue gigantesche. Infatti quando ho finito il liceo non pensavo di fare l’attrice e mi iscrissi all’università, facoltà di psicologia, guarda caso… Stefania e Gino sono stati ingombranti, importanti anche economicamente, ma io come loro sono sempre stata indipendente e per questo ho deciso presto di andare a vivere da sola, in una mia casa, in un posto solo mio.
Il confronto con loro non mi ha mai preoccupato, non sono né gelosa, né competitiva e questa caratteristica mi ha aiutato anche quando, per esempio, mi chiedevano se invidiassi la bellezza di mia madre: per carità, ne sono stata assolutamente orgogliosa! La sua bellezza appartiene a me».
Amanda Sandrelli si racconta: “Mai raccomandata, così è iniziata la carriera”
Il rapporto migliore con l’una o con l’altro?
«Con mamma sono cresciuta, molto presente affettivamente, pur se sempre in giro per lavoro. Con papà il rapporto si è costruito più tardi: lui è veramente un artista, e il talento creativo non è facile da gestire, ha un costo, si paga, con tutti i pro e i relativi contro. Quando ero piccola, lo giudicavo piuttosto pesantino, alternava momenti di grande amorevolezza ad altri in cui non esistevo, non c’ero proprio nella sua mente… Tra l’una e l’altro, mi sentivo in bilico sul filo da acrobata, ho dovuto cercare un mio equilibrio precario, che per fortuna ho trovato e mi sono affrancata… Bisogna andare avanti senza pesi, l’importante è muoversi, non c’è nulla di fermo nella nostra esistenza».
[…] Questa sua famiglia complicata l’ha resa più saggia?
«Direi che mi ha subito fatto diventare un’adulta. Forse troppo presto. E questo aspetto non è del tutto positivo, l’infanzia è bella da vivere con leggerezza. Mio figlio Rocco, infatti, mi diceva: “non voglio diventare grande”».
Intraprendendo la sua carriera, si è sentita privilegiata e, data la sua ascendenza, a volte raccomandata?
«Privilegiata sempre, avere un doppio cognome famoso è un grosso vantaggio. Raccomandata mai, i miei genitori non l’avrebbero fatto nemmeno se glielo avessi chiesto. Il mio percorso è iniziato per caso con Massimo Troisi e Roberto Benigni nel film Non ci resta che piangere, solo perché mi avevano conosciuto, appena diciottenne, durante una festa a casa e gli serviva una ragazza per un piccolo ruolo.
Non sapevo fare niente e glielo dissi tranquillamente, ma loro mi vollero sul set… accettai per divertirmi e per guadagnare un po’ di soldi. A me non piacciono i favoritismi clientelari, non appartengo a nessuna parrocchia e questo, in un certo senso, mi ha dato filo da torcere».
Amanda Sandrelli si racconta: “Da Paoli e Sandrelli ereditato due difetti”
[…] Ha ereditato solo pregi? E i difetti di Stefania e di Gino?
«Eccome no? Da Stefania, che se non fosse mia madre sarebbe perfetta, ho ereditato l’iracondia, quella che ti fa strillare come un’erinni, quella che vedi rosso e non sai controllarti in alcun modo, parli a sproposito dicendo cose di cui, in seguito, devi pentirti e chiedere scusa. Un difetto che lei stessa aveva ereditato da sua madre: mi raccontava che quando a mia nonna le partiva l’embolo, arrabbiata con i figli che scappavano, si mordeva il dito per non inseguirli. Una pecca su cui ho dovuto lavorare molto.
Da mio padre, ho ricevuto caratterialmente la tendenza a insabbiarmi, sabbie mobili profonde che, quando sei un artista, sono anche belle per abbandonarsi, però il talento a volte ti inghiotte, non perdona. Tuttavia io le gestisco meglio di lui, prima di tutto perché sono femmina e poi perché ho meno talento…».
[…] Lei, per esempio, quali ha commesso?
«Di sicuro quello di non lasciare andare via le persone, quando dovevo lasciarle andare… un errore madornale che ho ripetuto più volte: gli errori si compiono, mi fa rabbia ripeterli. Preferisco avere un rimorso, invece di un rimpianto. Con l’età che avanza, i miei 57 anni, bisogna essere più coraggiosi e meno prudenti».
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