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Salute

Covid, scoperte cellule killer che uccidono il virus: “Presenti solo in un tipo di pazienti”

Covid, scoperte cellule killer che uccidono il virus: “Presenti solo in un tipo di pazienti”. Uno studio pubblicato su ‘Cell’, condotto nella Uoc Malattie dell’Apparato respiratorio dell’Azienda ospedaliero-universitaria Le Scotte di Siena, ha scoperto la presenza di specifiche cellule immunitarie capaci di combattere il Covid. Si trovano nei pazienti affetti da gravi forme dell’infezione.

Lo studio, coordinato dalla professoressa Elena Bargagli, responsabile del centro di riferimento regionale per le malattie rare polmonari, insieme alla ricercatrice Laura Bergantini, apre prospettive importanti nella prognosi e nel trattamento della malattia. Gli esperimenti relativi allo studio delle risposte immunologiche nei malati ricoverati per polmonite interstiziale Covid sono stati condotti presso il Laboratorio di Assistenza e Ricerca Traslazionale, diretta dal professor Francesco Dotta.

Covid, scoperte cellule killer che uccidono il virus

“Lo studio ha dimostrato che alcune cellule immunitarie, quali specifici subsets di cellule Natural Killer e cellule T, sono esclusivamente presenti nei pazienti con forme gravi di patologia, con polmonite interstiziale, e possono rappresentare futuri target di trattamento.

In particolare, si tratta di cellule che normalmente intervengono nella difesa dell’organismo in presenza di forme virali, batteriche o tumori ma nei pazienti con gravi forme di Covid sono presenti, in maniera più copiosa, in uno specifico sottotipo, un fenomeno che noi abbiamo già osservato nei pazienti affetti da fibrosi polmonare progressiva”.

“In sintesi queste cellule da semplici indicatori di risposta immunitaria possono diventare marcatori di prognosi e potenziali target di trattamento. La prospettiva futura è valutare a livello periferico la presenza di questi sottogruppi di cellule, appartenenti alla famiglia dei globuli bianchi, nei pazienti con Covid in modo da poter avere un indicatore di prognosi, capire i casi che possono aggravarsi e personalizzare la terapia per evitare esiti infausti”, spiega Bargagli.

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