Suicidio scritto nel cervello: scoperta una differenza nei soggetti che tentano di togliersi la vita. Uno studio guidato dal Queensland Institute of Medical Research, ha stabilito un legame fra le strutture del cervello e il rischio che le persone che soffrono di depressione tentino di togliersi la vita. Il risultato apre la strada a nuovi trattamenti per prevenire i suicidi.
Nella ricerca sono stati studiati i cervelli di quasi 19 mila persone. Di queste, 694 avevano tentato il suicidio, mentre oltre 6000 soffrivano di depressione ma non avevano tentato di togliersi la vita. Nei soggetti che avevano tentato il suicidio, tre regioni del cervello erano più piccole: il talamo, che connette i circuiti cerebrali, il pallidum, che è associato con l’elaborazione dei segnali sensoriali e delle emozioni, e il lobo parietale inferiore sinistro.
Suicidio scritto nel cervello: lo studio
Non vi erano invece differenze nella grandezza di tali aree negli altri due gruppi che non avevano precedenti di tentato suicidio. Dello studio di neuroimmagine finora più ampio e comprensivo del comportamento, ne ha parlato il ricercatore capo, Miguel Renteria, in un articolo pubblicato sul sito dell’Istituto.
“La differenza più significativa è nelle dimensioni del talamo, uno dei centri di elaborazione dei segnali sensori che storicamente è considerato un via d’accesso passiva nel cervello. La nostra ricerca fornisce una migliore comprensione della base biologica del comportamento suicidario. E’ un importante primo passo verso lo sviluppo di strategie di prevenzione, di intervento e quindi di trattamento, più efficaci e mirate”, scrive Renteira.
Già in passato i trattamenti di stimolazione cerebrale sono stati utilizzati per la depressione. Ma questi risultati aprono la strada allo sviluppo di nuove terapie. E una volta identificate le sezioni del cervello coinvolte in un più alto rischio di suicidio, si potranno stimolare quelle parti per diminuire il rischio, conclude Renteira.
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