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Salute

Protezione contro Covid è genetica: scoperta la ‘forbice’ che taglia il virus ma non tutti ce l’hanno

Protezione contro Covid è genetica: scoperta la ‘forbice’ che taglia il virus ma non tutti ce l’hanno. Si chiama OAS1, è uno degli attori principali del circuito dell’interferone. Ma è anche è soprattutto un gene che protegge dalle forme gravi di Covid. A scoprirlo è uno studio dell’università britannica di Glasgow guidato da Arthur Wickenhagen. Questo gene attiva le forbici molecolari capaci di fare a pezzi tutti i virus a Rna, compreso il SarsCov2.

Il sistema dell’interferone è la prima linea di difesa contro virus e batteri, la cosiddetta immunità innata. “Oas1 è un gene, che sotto l’induzione dell’interferone attiva un altro enzima che taglia l’Rna. In sostanza attiva le forbici che fanno a pezzi i virus a Rna, come il SarsCoV2”, dice il genetista Giuseppe Novelli, dell’Università di Roma Tor Vergata, ai microfoni di Ansa.

Da mesi Novelli sta studiando il coinvolgimento dell’interferone nella Covid-19. “Un gene può produrre molte forme di proteine. Oas1 ne produce due, una delle quali riesce a navigare meglio nella cellula grazie a dei lipidi”, prosegue il genetista. Alcune persone, su base genetica, hanno una maggiore quantità di questo tipo di proteine, altre meno.

Secondo Novelli, “in questo studio si è visto che chi ha più di queste proteine con il grasso è più resistente all’infezione da Covid, perché attiva meglio le forbici contro il virus. Chi ha la proteina con meno grasso è invece soggetto a forme più gravi di Covid”.

La protezione contro il Covid è nei geni: la scoperta

Non solo. Utilizzando le informazioni raccolte in banche dati delle sequenze genetiche, gli autori della ricerca sono andati a vedere a livello statistico dove queste forme di proteine erano più concentrate a livello geografico.

“In questo modo hanno visto che in Africa è più frequente statisticamente la forma di proteina con più grasso, mentre in Asia e in Europa quella senza grasso. Potrebbe essere dunque per questo che in questi due continenti le persone sono più suscettibili all’infezione da Covid”, aggiunge Novelli ad Ansa.

E ancora: “La cosa interessante è che i ricercatori hanno visto che il pipistrello ha più proteine senza grasso. Per questo motivo è un vero e proprio serbatoio di questo coronavirus, contro il quale ha comunque sviluppato dei meccanismi di tolleranza. Lo studio conferma l’importanza dei geni del circuito dell’interferone nella malattia Covid-19.

Ora credo sia venuto il momento di monitorare i pazienti con Covid per vedere il loro status di interferone e verificare se hanno degli anticorpi anti-interferone. Tutti elementi che potrebbero aiutare a capire chi sono le persone più resistenti e che non si ammalano di Covid”, conclude l’esperto.

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