Russia, clonata mucca e modificata geneticamente: produrrà un tipo di latte ‘particolare’. I ricercatori russi hanno annunciato di aver clonato per la prima volta nel Oaese una mucca. Ed ora stanno cercando di modificarne i geni perché produca latte ipoallergenico.
L’animale è nato nell’aprile del 2020 di 63 chili e per il primo anno di vita è stato tenuto in un recinto separato con la madre. Arrivata a 14 mesi pesa quasi mezza tonnellata, sembra sana e con un normale ciclo riproduttivo.
«Da maggio è al pascolo quotidiano con le altre mucche dell’Istituto» ha detto Galina Singina, ricercatrice presso l’Ernst Federal Science Center for Animal Husbandry e autrice di un nuovo studio pubblicato sulla rivista Doklady Biochemistry and Biophysics.
Secondo il rapporto dello Skoltech Institute of Science and Technology di Mosca, ripreso dal Daily Mail e tradotto da Dagospia, l’esperimento è stata una doppia vittoria perché i ricercatori hanno anche alterato con successo i suoi geni perché non produca la proteina che causa l’intolleranza al lattosio negli esseri umani.
Per eliminare i geni responsabili della beta-lattoglobulina, la proteina che causa il «malassorbimento del lattosio» negli esseri umani, Singina ha lavorato con i colleghi dello Skoltech Institute e dell’Università statale di Mosca.
Russia, clonata mucca: verso produzione latte ipoallergenico
I ricercatori hanno utilizzato la tecnologia CRISPR/Cas9 per rimuovere PAEP e LOC100848610, due geni che rappresentano la beta-lattoglobulina nel genoma bovino. Sono riusciti a clonare il vitello utilizzando il trasferimento nucleare di cellule somatiche (SCNT). L’embrione risultante è stato impiantato nell’utero di una mucca e portato a termine.
Mentre i topi geneticamente modificati sono un fenomeno abbastanza comune, modificare altre specie è molto più difficile, per via dei costi più elevati e delle difficoltà nell’allevamento, ha detto il coautore Petr Sergiev, professore allo Skoltech Institute. «Una metodologia che porti a bestiame che produce latte ipoallergenico non è solo una necessità per l’agricoltura del futuro, ma anche un progetto interessante», ha aggiunto Sergiev.
Secondo il National Institute of Diabetes and Digestive and Kidney Diseases, quasi il 70% della popolazione mondiale ha una qualche forma di malassorbimento del lattosio, che rende difficile digerire il latte e altri prodotti caseari derivati dai bovini. La clonazione di una singola mucca è in realtà solo un test, ha spiegato Sergiev. Il prossimo passo è ingravidare una mandria di diverse dozzine di mucche con embrioni dai geni modificati.
L’obiettivo finale è sviluppare una razza di mucche che produca naturalmente latte ipoallergenico. «Dal momento che non è un processo sicuro al 100%, bisogna tirare i dadi ed è anche piuttosto costoso», ha detto Sergiev.
Altrove, i ricercatori stanno clonando le mucche per migliorare la salute degli animali: in Nuova Zelanda un team di ricercatori ha utilizzato l’editing del genoma CRISPR per creare mucche con macchie grigie invece del nero, per ridurre la quantità di calore che assorbono durante il pascolo.
Russia, clonata mucca in laboratorio
Secondo lo studio, pubblicato su biorxiv, «rispetto a un colore chiaro, il nero assorbe più radiazioni solari, e il calore radioattivo è un fattore che contribuisce allo stress termico nei bovini, con un impatto negativo sui loro livelli di produzione, fertilità e benessere».
Il team della Nuova Zelanda ha utilizzato un metodo di clonazione per creare embrioni destinati a essere geneticamente modificati e ha applicato la mediazione gRNA/Cas9, lo strumento CRISPR, per mutare il gene pre-melanosomico (PMEL), come riportato per la prima volta da New Scientist.
Una volta nati i due vitelli, il team ha confermato che avevano segni grigio argento, mentre le aree bianche erano rimaste inalterate. Sebbene i vitelli non mostrassero segni di potenziali mutazioni fuori bersaglio alla nascita, entrambi sono morti dopo diverse settimane: uno ha dovuto essere soppresso e l’altro è morto di un’infezione causata dal processo di clonazione.
Goetz Laible del Ruakura Research Center di Hamilton, in Nuova Zelanda, ha detto che per studiare ancora la mutazione il team esaminerà pratiche di allevamento più tradizionali. Lo studio ha esaminato le vacche da latte, ma Laible ritiene che lo stesso metodo possa essere applicato alle razze da carne, come i bovini Black Angus. «Se proiettato su scala globale, anche miglioramenti modesti dell’eco-produttività dei bovini diluiti con il colore si tradurrebbero in sostanziali benefici ambientali».
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