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Bruno Vespa: “Io tradito da tutti, ma si sono pentiti. Porta a Porta? Nacque per sbaglio”

Bruno Vespa tradito da tutti, il giornalista e scrittore lo racconta in una intervista a ‘La Stampa’

Bruno Vespa: “Io tradito da tutti, ma si sono pentiti. Porta a Porta? Nacque per sbaglio”. Il giornalista e scrittore si racconta ripercorrendo alcune tappe della carriera in una intervista a ‘La Stampa’ . Ve ne proponiamo alcuni passaggi.

Vespa, tanta gavetta?
«Appena assunto fui mandato sui fatti importanti, piazza Fontana, l’ arresto di Valpreda. E, ancora, la diretta degli attentati di Fiumicino, facendo cose che oggi sarebbero impensabili, come spingermi fino all’ aereo sulla pista pieno di passeggeri il giorno dopo i fatti. E poi il sequestro Moro, Paolo VI, il presidente Leone dimesso».

Dalla conduzione alla direzione del Tg1.
«È bellissimo essere direttore ma non lo rifarei, si perde un’ infinità di tempo in questioni burocratiche e sindacali. Pensi che non volevo neppure fare l’ intervista a Saddam Hussein, ma lui chiese il direttore o nessun altro».

Un’ intervista storica. Anche per le polemiche che ne venirono. Che impressione le fece Saddam?
«Un uomo carismatico, un vero leader. Io ero latore di un messaggio personale che gli mandava il Papa, eravamo a ridosso della prima guerra del Golfo e mentre io gli parlavo, Del Noce che era con me gli chiedeva il nome del suo sarto di Parigi. In effetti era elegantissimo».

Perché tante polemiche?
«Fu un’ intervista fatta a dispetto del nostro Governo che non voleva andasse in onda. Io mi impuntai e da lì divenni il baluardo della libertà e della sinistra… Se lo immagina? Mi è successo di vedere di tutto e anche questo. Mandai in onda l’ intervista in seconda serata, andò benissimo».

Bruno Vespa: “Porta a Porta? Nacque per sbaglio”

Da direttore è stato tradito?
«Faccio prima a parlare di chi non mi ha tradito. In compenso tutti se ne sono pentiti. In Rai nulla mi stupisce. Ho visto legioni di democristiani diventare comunisti, ho visto insospettabili spuntare fuori dal nulla e dichiararsi di destra, quando la destra vinceva alle urne».

Che ne pensa di un cambiamento radicale della governance Rai? Ci crede ai partiti che si fanno da parte?
«Spero che la Rai resti pubblica, controllata dal Parlamento. Sai che cosa vogliono, da un privato puoi aspettarti di tutto. Magari sarebbe auspicabile una struttura più agile, una fondazione. Ne parlavo con Fassino quando sembrò che De Benedetti volesse entrare in partita. Gli dissi: “Se vi infastidite per un titolo sul giornale, che cosa accadrebbe per un servizio del Tg?”».

E siamo arrivati a “Porta a Porta”.
«Che nacque per sbaglio. Ero andato a Palermo per la prima udienza del processo Andreotti e in albergo, accendendo la televisione, sentii che avevano dato una striscia di seconda serata quotidiana a Carmen Lasorella. Io che mi ero dimesso senza chiedere nulla e senza avere nulla, andai da Letizia Moratti, che allora era presidente della Rai, e le dissi che avrei fatto valere i miei diritti. Così divisero le serate tra me e Lasorella e il 22 gennaio del 1996 debuttò Porta a Porta. La mia seconda vita».

[…] Che rapporto ha con il potere?
«Disinvolto. Chi siede da noi ha titolo per farlo. Non ho mai imbrogliato alcuno. Sono un equilibrato per natura, ho le mie idee, ma lascio esprimere quelle degli altri garantendo bilanciamento sostanziale».

Parliamo della bagarre dei tetto ai compensi. Lei è stato accusato di essersi aggiustato il contratto come titolare di prestazione artistica, evitando così la tagliola riservata al personale pubblico e alle società partecipate. Che risponde?
«Il tetto ai compensi è stata un’ idea sciagurata di Matteo Renzi, che peraltro è un ragazzo intelligente. Con il risultato che l’ ad guadagna quanto il capo dell’ ufficio abbonamenti. Detto questo, il mio non fu un escamotage. Biagi era configurato come artista grazie a una clausola del contratto che abbiamo tutti. Una non-notizia, ma visto che si trattava di me, diventò un caso».

Bruno Vespa: “Io tradito da tutti, ma poi si sono pentiti”

[…] A proposito di Berlusconi, è vero che avrebbe detto a Renzi di aver candidato lei al Colle?
«Me lo ha detto Renzi e non ho motivo per dubitare. Ovviamente è una cosa fuori dal mondo, come gli ha risposto Renzi stesso».

Che rapporto aveva con San Giovanni Paolo II?
«Wojtyla è il mio Papa. Non dimenticherò mai l’ incontro a Cracovia quando era cardinale. Rimasi impressionato dalla presa che aveva sui giovani. Salutandoci, d’ impatto gli chiesi se non fosse arrivato il tempo per un papa polacco. Lui mi rispose: “Troppo presto”. Da credente mi sono convinto che nei piani divini, di mezzo dovesse esserci Giovanni Paolo I a fare da cuscinetto».

[…] Il caso Renzi-Mancini e l’ incontro in autogrill ripreso da una signora di passaggio e mandato su Report. Che ne pensa?
«Non mi piace parlare di trasmissioni altrui. Ma trovo strano che una professoressa passi per caso e ancora per caso riconosca i due e riesca a filmarli. Clamoroso».

Il Covid ha rubato ai ragazzi anche le loro foto di scuola. Lei riguarda le sue foto di classe e, quando si vede con Giorgio Pietrostefani, mandante dell’ omicidio Calabresi, che pensa?
«La scuola è un pezzo di vita, ma guardando quelle foto vedo persone oggi anziane. La penso come Mario Calabresi, il figlio del commissario ucciso, non è tempo per la vendetta. Ma il passo di Macron di ristabilire il principio è stato enorme».

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