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Spettacolo

Max Pezzali: “Io figlio degli anni ’90. Non sono bravo né bello, ce l’ho fatta per un motivo”

Max Pezzali figlio degli anni ’90, il cantautore ne parla in una intervista a ‘TV Sorrisi e canzoni’

Max Pezzali: “Io figlio degli anni ’90. Non sono bravo né bello, ce l’ho fatta per un motivo”. Il cantautore parla a cuore aperto e ripercorre alcune tappe della sua carriera in una intervista a ‘TV Sorrisi e canzoni’. Ve ne proponiamo alcuni passaggi.

Max, partiamo dal titolo dell’album. Cosa c’è di nuovo nella tua musica?
«Una consapevolezza diversa del tempo che passa: è un tema che è sempre stato una mia ossessione. Oggi, però, credo di averci fatto i conti. Anche per merito del rapporto con mio figlio Hilo (il nome è di origine hawaiana, ndr) che ha 12 anni. Lui è il nuovo che avanza ed è abbastanza grande da poter mettere a confronto la sua realtà e la mia. Questo mi serve per avere uno sguardo più completo sul passato e sul presente».

[…] A proposito di tempo che passa, in “7080902000”, cantata con J-Ax, racconti quattro decenni. Qual è il tuo ricordo per ciascuno di questi?
«Gli Anni 70 sono quelli dei pericoli scampati dovuti alla generazione dei nostri genitori che erano molto più “sbarazzini” di noi. Mi ricordo che ero in quinta elementare e quando tornavo a casa da solo, mia mamma mi diceva: “Se vedi del fumo, mettiti un fazzoletto davanti alla bocca”, era il fumo dei lacrimogeni delle manifestazioni».

Passiamo agli Anni 80.
«Furono quelli della mia formazione musicale. Andai a New York, grazie a un amico dj. Lì scoprii il mondo delle discoteche americane e comprai una batteria elettronica, la Roland TR-707, con cui realizzai le prime canzoni: ce l’ho ancora adesso!».

E invece degli Anni 90 e dei Duemila cosa dici?
«Ovviamente i 90 sono quelli in cui sono passato da essere uno studente fallito a uno che saliva su un palco a cantare. Il mio decennio più intenso. I Duemila, invece, sono quelli della grande attesa di… qualcosa di nuovo».

[…] Come avevi vissuto il successo?
«Fu strano, perché con gli 883 anche dopo essere stati al primo posto in classifica con “Hanno ucciso l’uomo ragno” io e Mauro Repetto eravamo semisconosciuti. In tv eravamo apparsi solo al Festival di Castrocaro nel 1991. Nessuno ci riconosceva, nemmeno quando andavamo in discoteca…».

Racconta.
«Era il 1992. Nicola Savino, che avevamo conosciuto a Radio Deejay ed era diventato nostro amico, doveva fare una serata in una discoteca di Alessandria. Ci invitò, ma quando arrivammo, sebbene fossimo nella “lista” del dj, il buttafuori non ci fece entrare perché eravamo in scarpe da tennis e maglietta. Fu inutile insistere (ride)».

Poi, però, l’anno dopo arrivò il video di “Sei un mito”. Che cosa ha rappresentato per te?
«Claudio Cecchetto, il nostro produttore, disse a me e a Mauro che era ora di apparire. Però… non avevamo facce da star. Così decidemmo di spostare l’attenzione coinvolgendo alcune modelle come Yasmeen Ghauri. Funzionò e tornammo al primo posto».

L’altra grande hit di quell’album fu “Come mai”.
«E non volevo nemmeno metterla… Rifiutavo l’idea di una canzone d’amore, ero ancora in quel momento in cui dovevo spaccare tutto. Mi convinse Claudio, dicendo: “Se il disco va male per questa canzone, mi prendo io la responsabilità”. Ebbe ragione lui».

[…] Chi della generazione di oggi vedi come il nuovo Max Pezzali?
«Forse Riccardo Zanotti coi suoi Pinguini Tattici Nucleari: pure loro vengono dalla provincia, Bergamo, e hanno un modo di comunicare diretto. Anche se sono molto più bravi di me».

Un atto di umiltà.
«Sono sincero. Non sono un grande cantante e non ho particolari doti fisiche. Ho tanti micro talenti che cerco di sfruttare. E ha funzionato. Sono il classico figlio degli Anni 90, un outsider che ce l’ha fatta».

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