Covid, Gerry Scotti racconta la sua drammatica esperienza in una intervista a ‘Il Corriere della Sera’
Covid, Gerry Scotti: “Mi ha cambiato la vita, ora sono diverso. Quando ho sentito quella parola…”. Il conduttore racconta la sua drammatica esperienza col virus dal momento in cui ha avuto la notizia della positività, fino alle dimissioni dall’ospedale in una intervista rilasciata a ‘Il Corriere della Sera’. Di seguito alcuni passaggi evidenziati dalla nostra redazione.
[…] Quando le hanno detto «positivo» cosa ha provato?
«Le due grandi paranoie in quest’esperienza sono arrivate prima al tampone positivo, poi quando mi hanno detto che dovevo essere ricoverato. Avevo 36 e 2 e pensavo di star bene. Invece positivo. Quando ho sentito quella parola mi è sembrato improvvisamente di essere al di là del Muro di Berlino, non so come altro spiegarlo. In un attimo ho rivissuto i sei mesi di paura, terrore, precauzione, speranza che stiamo vivendo tutti. Perché proprio a me? Sentivo di non sapere nemmeno da dove cominciare a capire da dove fosse partito tutto».
La seconda reazione al di là del Muro?
«Ti viene l’istinto a non piangerti addosso, questa malattia è subdola, puoi stare due o tre giorni con poca febbre, addirittura senza come successo ad alcuni miei amici, e dopo 7 giorni ti negativizzi. Speravo di essere in quel mazzetto di fortunati vincitori del Boero, i cioccolatini con il regalo».
Covid, Gerry Scotti: “Mi ha cambiato la vita, ora sono un uomo diverso”
La seconda botta è stata il ricovero.
«Al secondo controllo al Covid Center dell’Humanitas a Rozzano mi è stato consigliato di rimanere da loro perché avevo tutti i parametri sballati: fegato, reni, pancreas. Ero già nell’unità intensiva, perché quando entri nel pronto soccorso del Covid Center non c’è l’area rinfresco, l’area macchinette, l’area vogliamoci bene: si apre una porta e da lì in poi vedi tutto quello che hai visto nei peggiori telegiornali della tua vita. Sono diventato verde, ho sudato freddo».
Fino all’anticamera della terapia intensiva…
«I medici mi dicevano di non spaventarmi: non la mettiamo in terapia intensiva ma in una stanza a fianco perché abbiamo bisogno di attaccare al suo corpo una serie di strumenti per monitorarla, per sapere se la sua macchina, il suo corpo, ha bisogno di cure particolari. Ero in una stanzina, di là c’era la sliding door della vita di tantissime persone. Con due altri pazienti ci strizzavamo l’occhio, dai che ce la fai. Ho appurato — stando lì, due notti e un giorno — che quella era l’ultima porta. Se decidevano di aprire quel varco… Io li vedevo tutti, vedevo 24 persone immobili, intubate, come nei film di fantascienza. Pregavo per loro invece che pregare per me».
L’hanno curata anche con il casco con l’ossigeno?
«Quando ho raggiunto lo stadio massimo di necessità di assistenza mi hanno fatto indossare il casco salvifico, è l’ultimo step indolore della terapia prima che ti intubino. Per un paio di giorni a orari alterni ho dovuto indossarlo anche io, è stato un toccasana. L’avevo visto in tv, letto suoi giornali, mi sembrava fantascienza. Ricordo lo slogan: il casco ti salva la vita. Adesso ho capito bene di che casco si tratta… Poi una mattina hanno girato indietro il letto e mi hanno riportato nella mia stanza».
Covid, Gerry Scotti: “Ho ricevuto moltissimo affetto”
Ha ricevuto tanti messaggi di affetto.
«Ho ricevuto una forma di affetto incredibile. Innanzitutto dal pubblico. Io non sono molto social ma le cose che ho postato sono letteralmente esplose. Quindi grazie di cuore davvero a tutti. Mi ha colpito molto anche l’affetto di tutti gli addetti ai lavori. Non voglio fare torto a nessuno, cito solo Carlo Conti, perché abbiamo vissuto un’esperienza in parallelo. Io gli chiedevo: quanti litri di ossigeno? Lui mi rispondeva 4. E io invece stavo ancora a 5. E la pastiglia, te l’hanno data? Abbiamo fatto come Coppi e Bartali… Ho ricevuto una marea di amore che fa bene al corpo e all’anima».
[…] Come esce da quest’esperienza?
«Ho cambiato idea su tante cose. Mi son tolto tutte le soddisfazioni che mi potevo togliere, ho avuto una vita ricca, ma adesso ho visto quanto è sottile il filo che ci attacca alla vita, ho visto che basta un attimo. È un’esperienza che mi ha migliorato come uomo e persona, sono più forte di prima e ho ribaltato le mie priorità. Rimangono sempre dieci. Ma l’ordine è diverso. Capisci il valore delle piccole cose della vita, un giro in bicicletta, trovarsi con tuo figlio al parco, una camminata: più sono banali e stupide e più valgono, persino una partita a carte con gli amici. La verità è che devo tenermi ciò che di buono questa esperienza mi ha dato, ma anche ciò che di brutto mi ha dato».
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