Morte Dalla Chiesa, la figlia Rita racconta quegli anni a ‘I Lunatici’, su Rai Radio2
Morte Dalla Chiesa, la figlia Rita: “Riina rideva di me. Nella sua cassaforte c’era una scatola…”. La conduttrice è intervenuta ai microfoni di Rai Radio2 nel corso del format I Lunatici, condotto da Roberto Arduini e Andrea Di Ciancio, in diretta dal lunedì al venerdì notte dalla mezzanotte e trenta alle sel del mattino.
Rita Dalla Chiesa ha parlato del centenario della nascita del papà, Carlo Alberto Dalla Chiesa, e del libro ‘Il mio valzer con papà’, edito da Rai Libri: “L’ho scritto perché mi sono meravigliata a pensare che papà avrebbe compiuto cento anni e perché la Rai mi ha chiesto di parlare del padre, più che del Generale. I proventi andranno tutti agli orfani dei carabinieri che sono morti in servizio”.
Morte Dalla Chiesa, la figlia Rita: “Papà era molto geloso”
Ancora sul Generale. “Era molto geloso, la gelosia è di famiglia. Io ero gelosa di lui e lui era geloso di me. Teneva lontane da me le persone che tentavano di avvicinarsi, qualunque corteggiatore arrivasse papà diceva sempre che non era quello giusto. Da ragazza uno vorrebbe vivere come vedeva vivere gli altri, io mi rendevo conto che trascorrevo una vita diversa. Vivere in caserma era bellissimo, era sempre aperto, non c’era bisogno di chiavi o di allarmi. Alle volte però mi ribellavo, perché tante cose che una ragazza vorrebbe fare non erano possibili”.
Sulla scelta di fare la giornalista. “Quando ho deciso di fare la giornalista mio padre è stato contento. Condivideva il tipo di vita che avevo cercato di intraprendere. Da quando ero piccola ho amato scrivere. Scrivevo con mio fratello il giornalino della caserma, su un foglio di carta, una cosa che era soltanto nostra. Ho sempre avuto voglia di raccontare”.
Rita Dalla Chiesa e il rapporto col padre
“I compleanni? Papà è sempre stato un Generale impegnatissimo ma anche un padre che era sempre presente. A modo suo, rubando i minuti, ma c’è sempre stato. Ricordo i primi fiori ricevuti da piccolissima: me li regalò lui. Abbiamo fatto una vita particolare, mai la stessa casa per più di due anni. Non invidio mai nulla ad esempio, ma invidio le persone che sono riuscite a portarsi un’amicizia dai banchi di scuola. Io invece dovevo ricominciare sempre tutto dall’inizio. La cosa bella dei continui trasferimenti, invece, è che ho visto tutta l’Italia”.
Sulle Città dove ha vissuto. “Ho lasciato il cuore a Milano, mi è piaciuta tantissimo Ancona, avevamo una casa in collina e mi ricordo che tutte le sere mi affacciavo a guardare il mare e passavano sempre i treni diretti verso la Puglia. Adoro il treno, il suo rumore non mi dà fastidio, anzi. Mi piacerebbe ancora abitare vicino a una ferrovia. Il fatto di aver cambiato continuamente ti dà la sensazione di appartenere a tutte le città. Io cambierei casa continuamente”.
Sul tre settembre del 1982. “C’è un dolore sordo che è dentro e non se ne va. Inizio a star male prima del tre settembre, divento nervosa, mi chiudo a riccio, non voglio vedere nessuno. Il 31 agosto è il giorno del mio compleanno e ricevevo sempre la telefonata di mio padre, che però quell’anno non è arrivata. In quella occasione c’era rimasto male perché non avevo mandato mia figlia Giulia a Palermo. Non l’avevo mandata perché da madre sentivo che non dovevo mandarla. Purtroppo avevo ragione io”.
Morte Dalla Chiesa, la figlia Rita: “Quel giorno l’ultima telefonata”
L’ultima telefonata con Il Generale Dalla Chiesa. “Mio padre mi ha chiamato il 3 settembre mattina, mi aveva raccontato che il Ministro Formica era stato a Palermo, avevamo parlato abbastanza. Ci siamo salutati dicendoci che ci saremmo risentiti domani. E invece no, la sera lo hanno ammazzato. Vivere una dimensione pubblica del dolore certamente fortifica. Quando siamo andati a Palermo dopo che papà era stato già sepolto, per togliere tutti i suoi affetti personali, abbiamo trovato un muro di fotografi”.
I ricordi di quel giorno. “Avevo capito che la mia vita non sarebbe più stata la stessa. Mio padre era molto amato in tutta Italia. E’ stato l’unico non siciliano ad essere stato ucciso in Sicilia, per la Sicilia. Era di Parma, si è trovato a combattere la mafia in Sicilia. Purtroppo il cancro della mafia esiste ancora, ora si è diffuso in tutta Italia, non è più un fenomeno solo siciliano”.
L’impronta di quegli anni. “Ho vissuto un pezzo della storia italiana molto importante e pesante. Ho vissuto gli anni di piombo, la mafia, i grandi uomini con i quali mio padre è venuto a contatto, che sono poi stati uccisi. Falcone, Borsellino, Chinnici. L’altro giorno sono stato al matrimonio del nipote di Chinnici, che si è sposato e che ora indossa la divisa dei carabinieri in onore di mio padre. Quando me l’ha raccontato mi sono messo a piangere. C’è un filo che ci lega ai Falcone, Borsellino, Chinnici, Mattarella. Ne ho conosciute tante di queste persone, sono passata attraverso tutti questi dolori. Ho vissuto cento vite in una vita sola”.
Le dinamiche della morte del Generale Dalla Chiesa
“Non ha fatto in tempo a fare arrivare i suoi uomini a Palermo. E’ arrivato a luglio ed è stato ucciso il 3 settembre. All’epoca era tutto molto rallentato, avrebbe voluto i suoi uomini a Palermo, gli aveva mandato la richiesta, chi aveva risposto di sì non ha fatto in tempo ad arrivare. Quando aprimmo la cassaforte di papà, dopo la sua uccisione, trovammo una scatola vuota.
Volevano metterla a tacere questa cosa. Ci sono intercettazioni di Riina dove lui dice che lo facevo ridere. Abbiamo dovuto convivere con una società che da un lato ci era vicina e ci aiutava, ma dall’altro abbiamo dovuto anche con la malavita, con dei mafiosi che continuavano e continuano a sbeffeggiare e delegittimare mio padre. E’ stata una battaglia continua. Mio fratello ha dedicato tutta la sua vita a scoprire cosa fosse davvero successo”.
Sui mafiosi. “I mafiosi mi fanno pena, sono dei poveracci. Sono senza neuroni. Non li odio. L’odio non fa parte della mia mentalità. Però non perdono. Ricordo tutto e tutti, magari senza perdonare, ma è una cosa diversa dall’odiare”.
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