Silvia Romano, il pm Nobili parla ai microfoni de ‘Il Corriere della Sera’
Silvia Romano, il pm Nobili: “Italiani prede ambite all’estero. Altri Paese ci rimproverano perché…”. Il pubblico ministero Alberto Nobili, attuale coordinatore dell’antiterrorismo milanese, nonché proverbiale esperto del settore, parla della questione italiani sequestrati all’estero ai microfoni de ‘Il Corriere della Sera’. Ve ne proponiamo alcuni stralci
«Lo Stato che paga un riscatto all’estero, mentre in Italia applica una legge che dal 1991 impone alle famiglie il blocco dei beni proprio per impedire il pagamento del riscatto, di primo acchito appare una contraddizione, e anche una disparità tra cittadini parimenti ostaggi ma destinatari di trattamento diverso. Però in concreto è un discorso di quelli che non si possono tagliare con l’accetta, perché, laddove in un sequestro all’estero si sovrapponga una molteplicità di altre dinamiche e disparati interlocutori (emissari veri o finti, numerose bande, svariate organizzazioni, interessi di più Stati) la trattativa diventa inevitabile».
Silvia Romano, il pm Nobili: “L’ideale sarebbe non pagare mai”
E ancora: «Per me l’ideale è spingere a livello internazionale sulla linea della compattezza nel non pagare mai. Ma, se questo sfiorasse l’utopia, occorrerebbe almeno che i vari Stati convergessero su protocolli di “cordone sanitario” attorno a categorie esposte come i cooperanti, e che nel contempo però anche le Ong alzassero gli standard di preparazione dei propri inviati per prevenire che cadano nella rete dei sequestri». «La regola del blocco dei beni, e cioè il messaggio dello Stato che il sequestro non avrebbe più fruttato una lira, ebbe efficacia».
Ma c’è una differenza: in Italia lo Stato può decidere, con qualche chance, di mettere a ferro e fuoco un certo ambiente, rischiando la vita dell’ostaggio per arrestare i rapitori, mentre in una terra di nessuno tra Kenya e Somalia è velleitario.
«Certo. E proprio per questo, se è innegabile che all’estero gli italiani appaiano prede ambite perché il loro Stato alla fine paga (e gli altri Paesi talvolta ci rimproverano di finire così per armare i terroristi), è altrettanto innegabile che questi rapimenti avvengono appunto in aree nelle quali si sovrappongono interlocutori, bande, emissari, fazioni, entità sia statuali sia non statuali, tutti in cerca di un tornaconto».
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