Coronavirus, Gassman e la quarantena, l’attore parla dell’emergenza sanitaria in una intervista rilasciata ai microfoni de ‘Il Corriere della Sera’
Coronavirus, Gassman: “Un dramma che resterà nella storia d’Italia. Mio padre l’avrebbe affrontato così…”. L’attore parla dell’emergenza sanitaria che sta vivendo il mondo parlando della sua quarantena in una intervista rilasciata ai microfoni de ‘Il Corriere della Sera’.
Il Papa ieri ha pregato per coloro che hanno paura.
«Io ne ho molta, c’è qualcosa di sbagliato in chi non la ha. La paura porta a una reazione e speriamo alla soluzione. Sia Johnson che Trump hanno fatto una doppia capriola, senza nemmeno chiedere scusa. Prima non avevano paura, si vede che pregavano per i mercati dei loro paesi. Spero che molti abbiamo paura, ti porta a essere più serio e ligio nei comportamenti e nelle indicazioni del ministero della Salute. I bisticci politici non servono, li ignoro, non portano alcun vantaggio. Io ascolto solo i medici. Dobbiamo tutti remare nella stessa direzione».
Ha trovato la mascherina?
«Qui non sono disponibili ma presto attenzione ai contatti, io sono quello che va a fare la spesa, mi metto sciarpa e guanti di gomma, quando torno a casa levo le scarpe e disinfetto le buste. Siamo in quattro, io, mia moglie Sabrina, con cui continuiamo a condividere la stanza, nostro figlio Leo e la sua fidanzata».
La vediamo su Sky, vestito da soldato della prima guerra mondiale, e…
«Lo so dove vuole arrivare. Ha fatto impressione anche a me, mi sono visto allo specchio e, ragazzi, c’è poco da fare, sono identico a mio padre. Ho fatto la campagna di Sky cinema».
Che cosa fa nel video?
«Attraverso tutti i generi, ricostruendo in pochi secondi film di guerra e d’amore, western, horror, fantascienza: per Ritorno al futuro abbiamo usato l’auto originale di cui è proprietario un signore di Firenze, un prototipo che usa quotidianamente».
Ma la divisa che indossa…
«È proprio come quella che indossavano Ugo Tognazzi e mio padre Vittorio in La grande guerra di Monicelli: un loro fan mi ha mostrato gli incassi a oggi, cifre impressionanti, fu il primo a incassare più di un miliardo di lire».
Come avrebbe affrontato il virus suo padre?
«Papà era del 1922, la generazione sopravvissuta alla guerra. Dopo un orrore come quello, non ti perdi d’animo»
Quali film consiglia in un periodo in cui tanta gente ha più tempo libero?
«Comincerei da Martin Scorsese. Mean Streets fu il primo film per Joe Pesci, che faceva il broker di Robert De Niro, quando Scorsese lo vide disse, ecco, pensavo proprio a una faccia così. Poi italiani non dico meno ricordati come Pietrangeli, lo stesso Comencini padre e Zurlini: Il deserto dei tartari tra l’altro racconta di un fortino dove non succede niente».
Quello che stiamo vivendo diventerà un film?
«Sarà un’occasione di raccontare storie incredibili, ho un’idea che sto sviluppando. Ma è difficile concentrarsi, vivo con una popstar (il figlio Leo ha vinto per le Nuove proposte a Sanremo, ndr), canta nove ore al giorno e alla trentesima volta dello stesso pezzo non lo mando a quel paese ma esco in terrazzo. Ecco, mi sorprende la diversa reazione dei ragazzi, penso a Hollywood Party, mia moglie ed io ci contorcevamo dalle risate ma per Leo quella lentezza comica non passa, è una questione di ritmo, di cultura tecnologica, vanno più veloci di noi».
Il cinema cambierà?
«Sarà più difficile fare commedie, anche se sarebbe salvifico e beneaugurante. Già vedo fiction un po’ retoriche e celebrative, ma se si tratta di rendere omaggio a medici e infermieri ben vengano. Io sarò un medico in Non odiare, opera prima di Mauro Mancini. Sono un medico di origini ebraiche che assiste a un incidente stradale ma si rifiuta di salvare un uomo con la svastica tatuata sul petto. Lo lascia morire. Da lì comincia un viaggio sul senso di colpa e la voglia di capire chi fosse la sua famiglia, non un avvicinamento ma un tentativo di comprensione che migliorerà la sua condizione umana».
E la vita cambierà?
«Quando ne usciremo, spero il prima possibile, le cose non torneranno come prima. Ci sarà più consapevolezza di quello che avevamo, di quello che possiamo permetterci e delle rinunce che dovremo fare. Magari pensando un po’ di più a chi resta su questo pianeta dopo di noi».
Pensa che avrà nostalgia del traffico romano?
«Non credo, invece il fatto che le nostre città nel vuoto abbiamo riacquistato la loro bellezza ci farà pensare a quanto le trattiamo male. Dovremo ragionare sulla qualità della vita, sul rispetto della natura, sull’inquinamento».
Secondo lei, come ci stiamo comportando tutti?
«Molto bene. Mostriamo di avere gli attributi nelle difficoltà, in questo piccolo paese col record di morti nel mondo. Ci siamo caricati sulle spalle un dramma che resterà nella storia dell’Italia».
Cosa le manca?
«Parlarci senza WhatsApp. Quando mi sveglio faccio un tweet su una poesia, poi devo rifare Il Grinch per il figlio di un amico. Mi manca un abbraccio, il non poter vedere tante persone».
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