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Spettacolo

Elio Germano: “Io anti divo? Una cosa non ho mai capito. Compravo macchine e motociclette ma solo per un motivo”

Elio Germano anti divo? L’attore risponde alla voce, e non solo, in una intervista rilasciata ai microfoni della rivista Vanity Fair

Elio Germano: “Io anti divo? Una cosa non ho mai capito. Compravo macchine e motociclette ma solo per un motivo”. L’attore risponde alla voce, e non solo, in una intervista rilasciata ai microfoni della rivista Vanity Fair. Ve ne proponiamo alcuni passaggi.

Per interpretare Antonio Ligabue, l’attore lo ha studiato a lungo […] Come ci si prepara per un ruolo così?
«Ho cercato di doppiare le sue esperienze per arrivare a capirlo dall’interno. Sono stato sul Po, ho fatto corsi di scultura e pittura, visto i suoi lavori, ascoltato i racconti di chi lo ha conosciuto, passato tanto tempo in un museo di animali imbal- samati che frequentava. Quando si interpretano personaggi al limite della sanità corporea e mentale, si rischia di dover recitare la deformità rinunciando a tante possibilità di umanizzazione. In questo film, avendo un lavoro di trucco prostetico così ben costruito, la figura c’era già e io ho potuto lavorare sulla ricerca di umanità, dolcezza, amore».

«Volevo nascondermi, ero un uomo emarginato, un bambino solo, un matto da manicomio, ma volevo essere amato»…

«È stato un rifiutato da sempre. Da piccolissimo la madre lo ha consegnato a un’altra coppia rifacendosi una nuova vita e avendo altri tre figli. Da bambino qualsiasi sua riluttanza a fare qualcosa veniva punita con maltrattamenti e pesanti isolamenti. Cacciato dalla famiglia adottiva perché ragazzo difficile, arriva dalla Svizzera in Italia da straniero e sa come siamo abituati a trattare noi gli stranieri.

Elio Germano anti divo? L’attore risponde in una intervista a Vanity Fair

E ancora: Deriso, allontanato, circondato da persone che non lo capivano e non capiva, si rifugia a vivere nel bosco alle porte di Gualtieri, dormendo in piedi nelle balle di fieno. Pervaso da un’infinita sofferenza, si chiude in un isolamento e modo di vivere quasi animale. Animali che erano poi gli unici amici con cui aveva un rapporto, fatto non di parole ma di contatti. Da qui nasce in lui un’esigenza di pittura e scultura che per me è il vero valore di questo artista, ossia il fatto di inseguire un’arte oggi purtroppo quasi dimenticata, intesa come necessità comunicativa personale, non di vendita».

«L’arte dovrebbe essere slegata dalla necessità di risultati» è una sua frase di qualche tempo fa.
«Perché preoccuparsi della vendibilità di quello che facciamo è il movimento opposto all’arte. Dobbiamo voler piacere in termini di amore. Se per molti oggi la logica è “Ci devo mangiare, se esprimo quello che voglio non mi comprano”, che è la scusa con cui tutti noi artisti giustifichiamo a noi stessi scelte che non condividiamo ma facciamo, Ligabue ci insegna che non va bene neanche quando hai veramente fame. E parliamo di uno che non mangiava anche per settimane ma che comun- que non cambiava la sua pittura per piacere agli altri».

Con l’arrivo della fama, quest’uomo che viveva di nulla inizia a comportarsi quasi da divo. Lei invece è rimasto sempre con i piedi per terra. Crede sia per questo che viene definito l’anti divo?
«All’inizio ha comprato macchine e motociclette, sì, ma più per dire in paese “Vedete che quello che disprezzavate tanto alla fine ha fatto più soldi di voi?”, volendo dimostrare i limiti non suoi ma di chi volevo ridurlo solo a un malato mentale. La verità è che non è cambiato, voleva un tetto sulla testa e fare i suoi quadri ed è rimasto nel fango, nella merda, nel freddo, nel dolore. Per quanto riguarda me non ho mai capito cosa voglia dire anti divo. Che non mi sono comprato la Ferrari? Che faccio una vita normale, quella di prima? Dovrebbero forse dire a chi è cambiato “hai iniziato a fare il divo”, e non a me “non lo fai”. Ogni definizione è una forma di catalogazione e la vivo come una trappola sociale».

Elio Germano anti divo? L’attore risponde alla voce

A proposito di sociale, lei è socialmente e politicamente molto attivo. Dal discorso a Cannes in poi è uno che non le manda a dire.
«Socialmente inteso come social, zero. Non li ho e non li uso. La socialità la vivo frequentando i luoghi di aggregazione. Il discorso a Cannes è stato un caso, avevo delle cose da dire, mi hanno messo un microfono in mano davanti a una bella platea e purtroppo è un vizio che ho. Se devo dire qualcosa e mi trovo di fronte almeno una parte di quelli che magari non sono responsabili ma possono fare qualcosa per attuare un cambiamento, e lo posso fare perché vado su un palco a prendere un premio, mi prendo questa piccola libertà di qualche secondo».

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