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Spettacolo

Jim Carrey: “Caduto in depressione dopo suicidio di mia moglie. Oggi ho un timore e una certezza”

Jim Carrey caduto in depressione dopo il suicidio di sua moglie, l’attore ne parla in una intervista rilasciata ai microfoni de ‘Il Corriere della Sera’

Jim Carrey: “Caduto in depressione dopo suicidio di mia moglie. Oggi ho un timore e una certezza”. L’attore canadese parla delle vicissitudini legate al suicidio della ex moglie, e non solo, in una intervista rilasciata ai microfoni della collega Alessandra De Tommasi per ‘Il Corriere della Sera’.

Jim Carrey sta vivendo da tempo una fase di chiusura, da fenice che prova a risorgere dalle ceneri, da quando nel 2015 la compagna Cathriona White, truccatrice irlandese, si è tolta la vita con un’overdose di medicine cinque giorni dopo essere stata lasciata dall’attore. Così l’istrionico 57enne canadese non ha fatto mistero di essere caduto in depressione.
«Ne ho sofferto per anni e sono sempre stato onesto perché non è più la mia compagna costante, come un tempo. Ora non mi sento più affogare perché mi sono reso conto che è come la pioggia, ti bagna, certo, ma non si posa abbastanza da sommergermi».

Cosa le ha insegnato?
«Che ora a volte sono felice e a volte no, ma sarebbe un’aspettativa ridicola pensare di essere in uno stato di grazia continua. La consapevolezza mi ha permesso di schermarmi dalla delusione».

Perché oggi preferisce la parola tristezza?
«Perché la vita è un’altalena tra la gioia e la tristezza e a volte bisogna affrontarle con la convinzione che gli stati d’animo spesso derivano dalle circostanze esterne e non li puoi controllare».

Il disagio è nato da aspettative disattese?
«Quasi una conseguenza del non sentirsi abbastanza soddisfatto e del desiderare sempre altro. Se puoi avere tutto e continuare a pensare che non sia sufficiente allora capisci che non sono i traguardi falliti a determinare il tuo stato d’animo. Il problema sta proprio nel lasciare che sia l’esterno a definirti, mentre dovresti essere tu. La strada verso l’accettazione è complicatissima».

Ed è costellata di rimpianti?
«Gli errori rimangono addosso più dei successi e te li porti dietro come un peso perché focalizzi l’attenzione solo su quello, senza vedere il resto».

Oggi riesce a mettere in prospettiva sia i successi che gli insuccessi?
«Sto cercando di raggiungere la serenità verso tutto quello che è successo, dai picchi di fama ai punti più bassi della carriera. Se guardo indietro vedo anche tante soddisfazioni legate all’affetto del pubblico, soprattutto nei confronti di scelte azzardate che avrebbero potuto affossarmi».

Jim Carrey si racconta: “Oggi ho un timore e una certezza”

A cosa si riferisce?
«Per esempio ad Ace Ventura che io considero una metafora della distruzione di una società maschilista ed egoriferita. Ho reso il protagonista simile a un uccello, nell’andatura e nel look e avrebbe potuto essere frainteso. È lo stesso rischio di quando mostro un mio quadro o una mia scultura. Capita che distrugga l’opera prima che venga alla luce. È il mio atteggiamento verso il fallimento a essere più salutare: accetto che tutto vada a rotoli e che sia stata una fatica inutile».

Come ha superato l’ansia da prestazione?
«Merito di una serie di epifanie che mi hanno fatto capire varie cose. Ci sono momenti luminosi e altri bui, ma ho cercato di scrollarmi di dosso l’idea che ruoti tutto attorno a me e ai miei desideri. L’ansia quando squilla il telefono c’è sempre e anche la paura di finire per strada come un senzatetto, con nient’altro che un cartone».

Nella sua voce, che a volte trema per l’emozione, si percepisce anche gratitudine…
«Aver cambiato punto di vista mi ha insegnato a tenermi stretto il momento e contemporaneamente mi ha reso libero dallo stress del mondo dello spettacolo e dalla paura che il pubblico si dimentichi di me. Ora me ne frego di quello che la gente penserà dopo la mia morte, m’impegno solo ad essere un canale di trasmissione di buone energie. Voglio lasciare una traccia».

Che tipo di traccia?
«Vorrei che di me vivesse il bene che ho fatto. Non sono perfetto, ho deluso e sono stato deluso, e probabilmente succederà ancora ma sono curioso di scoprire cosa mi aspetta dopo e voglio credere che sarà stupendo. È come se avessi costruito un Sacro Graal di pace interiore che in molti hanno provato a conquistare, ma sono stati questi traumi ad avermi fatto crescere».

Anche la sofferenza?
«Quell’abisso io lo chiamo “fiume di lacrime” ed è qualcosa che spaventa tutti e che affrontiamo come meglio ci riesce, bevendo, facendo uso di droghe, ingozzandoci o facendo sesso con gente di cui non c’importa niente. Ci anestetizziamo per evitare il dolore e a volte sembra così forte la corrente che ti trascina, forte al punto di pensare di non farcela e di scomparire, ma poi attraversi la riva e ti ritrovi dall’altra parte. Quell’inferno che hai provato si mescola al paradiso e capisci che tutto il rumore che avevi nella tua testa è anche frutto dei pensieri in cui ti macini».

Come ha messo a tacere quel rumore di fondo?
«Mi sono sintonizzato sulla frequenza giusta, ho capito che io non sono un mondo a parte, ma un pezzo di qualcosa di più grande».

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