Il Garante per la Privacy bacchetta una mamma
Un post su Facebook non è per pochi, scelti ed intimi amici. Le informazioni riservate diffuse sul web, soprattutto se riguardano i minori, sono potenzialmente pericolose. E’, in sintesi, quello che sottolinea il Garante per la protezione dei dati personali nella Newsletter riportando un provvedimento.
Il principio è stato affermato in un provvedimento con il quale ha ordinato ad una donna la rimozione dalla propria pagina Facebook di due sentenze, sulla cessazione degli effetti civili del matrimonio, in cui erano riportati delicati aspetti di vita familiare che riguardavano anche la figlia minorenne. L’Autorità – intervenuta su segnalazione dell’ex marito che lamentava una violazione del diritto alla riservatezza della figlia – ha ritenuto che la divulgazione dei provvedimenti giurisdizionali in questione fosse incompatibile con quanto stabilito dal Codice privacy.
Il Codice vieta infatti la pubblicazione “con qualsiasi mezzo” di notizie che consentano l’identificazione di un minore coinvolto in procedimenti giudiziari, nonché la diffusione di informazioni che possano rendere identificabili, anche indirettamente, i minori coinvolti e le parti in procedimenti in materia di famiglia. Secondo il Garante, poi, l’estrema pervasività della divulgazione su Internet aggrava notevolmente la violazione di diritti della persona, in questo caso per giunta minore di età.
Non può essere provata infatti, sempre secondo il Garante, la persistente natura chiusa del profilo e la sua accessibilità a un gruppo ristretto di “amici”, perché il profilo è facilmente modificabile, da “chiuso” ad “aperto”, in ogni momento da parte dell’utente. Vi è, inoltre, la possibilità che un “amico” condivida il post con le sentenze sulla propria pagina, rendendolo visibile ad altri iscritti, determinando così una possibile conoscibilità “dinamica”, più o meno ampia, del contenuto che può estendersi potenzialmente a tutti gli iscritti a Facebook.
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