Simona Izzo: “Vittorio De Sica mi fece piangere”. L’attrice e doppiatrice si racconta in una intervista rilasciata ai microfoni de ‘Il Giornale’
Simona Izzo: “Vittorio De Sica mi fece piangere. Cinema? In Italia c’è una grossa contraddizione”. L’attrice e doppiatrice parla della sua vita professionale, fin dagli esordi a solo 8 anni, in una intervista rilasciata ai microfoni del collega Salvo Cagnazzo per ‘OFF’, l’inserto de ‘Il Giornale’.
Durante il Festival ha sottolineato l’importanza della formazione e della preparazione.
«In Italia purtroppo queste cose mancano. Non vorrei mai che un giorno uno dei miei nipoti mi dicesse che vuole andare a New York per studiare cinema. Eppure è stata proprio la generazione dei nostri padri a fondare la cinematografia americana. C’è una grossa contraddizione, come se non avessimo capitalizzato ciò che ci hanno lasciato i nostri genitori».
Si può invece dire che lei sia nata nella famiglia perfetta. Ci vuole raccontare il suo debutto come doppiatrice?
«Fu con Vittorio De Sica per Il giudizio universale. Era il 1961, avevo 8 anni e andò malissimo: il Maestro mi disse che avrei dovuto doppiare un maschio e io, che ero molto vezzosa e carina, risposi: “No, grazie, io sono una femmina“. Mia madre cercò di convincermi e mi misi a piangere. De Sica registrò quel pianto: in quel ruolo avrei dovuto piangere. Iniziai così, piangendo».
E la sua più bella esperienza di doppiaggio?
«Sicuramente per Voglia di tenerezza: doppiavo Debra Winger, che aveva una voce molto cavernosa. Al provino imitai la sua voce, ma nel film la cambiai. Fu un’esperienza forte perché dovetti ripetere una scena per 32 volte!».
Ha mai conosciuto la Debra Winger?
«Sì, quando ci siamo conosciute mi disse: “Non è possibile che tu sia la mia voce italiana“. Allora le risposi imitandola e si fece un sacco di risate».
Qualche altra esperienza “forte”?
«Quando ho doppiato Jessica Lange in Il postino suona sempre due volte: la famosa scena d’amore della farina l’ho dovuta fare con mio padre, perché non c’era il doppiatore. Fu lui a propormelo, gli dissi che non l’avrei mai fatta. Alla fine mi rimproverò perché non sapevo “orgasmare”!».
Ha doppiato anche Madonna e Kim Basinger.
«Inizialmente, avendo una voce da bambina, mi occupavo solo di cartoni animati. Anni dopo mio padre mi disse che avrei dovuto sostenere un provino: “esci, fuma, prendi freddo e fai le ore piccole“. Servivano per doppiare Kim Basinger».
Lei ha anche collaborato per i dialoghi di Shining.
«Sì, sono stata io ad inventarmi la parola “luccicanza”. Stanley Kubrick voleva una parola che non esisteva, con desinenza vernacolare. E nessuno riusciva a trovarla. Poi un giorno la governante romana di mia madre usò il termine “parannanza”. Allora mi venne in mente la “luccicanza”. La proposta arrivò a Kubrick, che si faceva sempre ritradurre i testi dall’italiano all’inglese. E accettò».
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