Pierluigi Pardo, telecronista Dazn, ha rilasciato una intervista ai microfoni de ‘La Verità’. Eccone alcuni passaggi:
«Il Liverpool ha qualcosa in più del Tottenham, certamente la storia e il fascino. Ma in una partita secca tutto può cambiare. Di sicuro sarà una battaglia fra due squadre che giocano davvero a calcio».Che senso ha la storia in una finale?
«Ha senso. Ci sono club che sentono la Champions e la scelgono per confrontarsi col destino. Liverpool, Milan, Real Madrid; un’ epoca costruita sulle finali vinte e anche su quelle perse. In questa c’ è un uomo speciale che merita il trionfo».E chi sarebbe?
«Jürgen Klopp, l’ eretico. Per lui un successo, qualcosa di concreto e tangibile da alzare al cielo, sarebbe il premio dopo tanti complimenti. La sua squadra ha giocato benissimo con il Barcellona e ora l’ obiettivo non è più la bellezza, ma la vittoria».
Quindi vincere è tutto, ha ragione Max Allegri.
«Non siamo solo noi italiani a essere machiavellici. Però c’ è una novità: oggi il fine non giustifica i mezzi, per vincere non ci si può limitare a gestire, bisogna giocare e rischiare. Questo Liverpool entrerebbe nella storia anche se perdesse».
Spettacoli grandiosi, però le difese erano imbarazzanti.
«Quando si rischia magari si sbaglia, ma il coraggio alla fine paga. Certo, se fossi un tifoso dell’ Ajax e del Barcellona sarei depresso. L’ hanno buttata via».
In semifinale e anche prima hanno dominato gli episodi.
«Normale, perché il calcio è fatto di dettagli, è uno sport a punteggio basso, quindi legato agli episodi. Nel basket la squadra più forte quella sera vince, nel calcio conta anche il destino: 50% oggettività, 50% destino. Meraviglioso».
Va allenato pure il fatalismo?
«No, la passività non paga mai. Gli allenatori devono preparare la partita perfetta, indurre la squadra a dare il massimo. Ma il dettaglio ha un peso enorme, Dio si annida nei particolari».
Pardo, lei nelle metafore sguazza.
«A me il calcio piace, ma non è l’ unico interesse. Non mi cambia la vita se vince la tal squadra o se va in porto la tal trattativa. Sono attratto dalla cucina, dall’ arte, dalla musica. Mescolo le cose velocemente, provo ad applicare il famoso “alto-basso” di Carlo Freccero. La chiamano cultura popolare. La contaminazione è l’ idea di partenza di Tiki Taka».
Il programma funziona da 6 anni e in gennaio Mediaset vi ha premiati passandolo dal lunedì su Italia 1 alla domenica sera su Canale 5 […] «Gli ascolti vanno molto bene, forse perché mescoliamo costume, polemica, calcio, gossip. Sono venuti tutti, anche i politici. Premier, ministri, perfino Susanna Camusso. Tutti hanno un’ opinione sul calcio, impossibile rimanere indifferenti».
Poi un giorno arrivò Wanda Nara e scoppiò il caso Icardi. Televisivamente una buona idea. Per il resto?
«Era fondamentale trattare l’ argomento con equilibrio. Sulla vicenda mi interessa dire che lei ha avuto la possibilità di esprimere il suo pensiero e altri, come Antonio Cassano e Riccardo Ferri, hanno avuto la libertà di criticarla. Pluralismo è una parola grossa, ma forse calza».
La signora sarà confermata?
«Non dipende da me, ma dall’ azienda e dal luogo dove vivranno Wanda e il marito».
Com’ è arrivato lassù, nella postazione tv di uno stadio?
«Ammetto di avere avuto un colpo di fortuna. Anzi proprio una botta di culo. Nel 1996 Telepiù cercava giovani telecronisti e io da Londra, dov’ ero a studiare, mandai una cassetta Vhf di Inghilterra-Scozia 2-0 commentata da me. Mi presero. E pensare che alla fine del primo tempo il tecnico entrò e disse: non è venuto niente. Fui imperturbabile: rifacciamo».
Perché proprio telecronista?
«Perché a differenza del giornalista, del bordocampista, del commentatore, la telecronaca dà al telecronista l’ illusione di giocare. Concentrazione, ricerca della prestazione, adrenalina: ti sembra di scendere in campo. Negli altri ruoli sei più passivo, non incidi sulla percezione che il pubblico ha dell’ impresa».
Chi è il telecronista di riferimento?
«Sandro Piccinini ha fatto la rivoluzione, ha aperto le porte al nuovo. È passato dalla narrazione Rai, con un linguaggio lungo e articolato, alle frasi secche, impressioniste. Le ripetizioni, i punti esclamativi, le sciabolate. Tutto più rock».
La Juventus ha vinto l’ ottavo scudetto consecutivo ma l’ ha festeggiato controvoglia.
«Colpa della schiavitù della Champions. Se va male lì, dove peraltro la strada è strettissima e gli episodi sono decisivi, ti sembra di avere fallito la stagione. Com’ è accaduto al Bayern Monaco e al Paris St. Germain. Così vinci lo scudetto con 20 punti di vantaggio e sei triste. Assurdo».
Perché il calcio italiano è meno competitivo in Europa?
«I motivi sono due: corriamo meno degli altri e ci limitiamo a gestire il risultato, pensando che oggi si possa fare. Proprio noi che siamo sempre stati maestri di tattica ci siamo fatti sorpassare. Oggi ci sono modelli molto più moderni».
Qual è la squadra che la diverte di più?
«In Italia è l’ Atalanta perché gioca il calcio più europeo, in sintonia con le ultime tendenze atletiche e tattiche. E questo accade perché ha un settore giovanile straordinario, nel quale non conta vincere ma formare calciatori con la mentalità vincente».
Perché non siamo mai d’ accordo su una decisione arbitrale anche con il Var?
«Noi italiani siamo complottisti e ci crediamo furbi, il calcio ci rappresenta perfettamente. Sui social hanno passato una settimana a beatificare Leo Messi e a togliere qualcosa a Cristiano Ronaldo, come se l’ uno e l’ altro fossero due facce della stessa medaglia. E la settimana successiva il contrario. Sempre a dividerci, che fatica».
Cosa deve accadere per rendere il campionato meno noioso?
«Devono tornare sui loro livelli naturali le due milanesi. L’ Inter è cresciuta molto nel fatturato, in Asia sta ottenendo risultati economici importanti e anche in campo è più solida. Il Milan è diventato più credibile come azionariato. Ma la distanza dalla Juventus è tanta e si rischia perfino di vederla allargare. Più vinci, più guadagni, più compri giocatori forti, più vinci».
Gian Piero Gasperini allenatore dell’ anno. E poi?
«A me è piaciuto Walter Mazzarri, ha portando avanti una grande stagione a Torino. Paga ancora la stagione all’ Inter, ma è uno tosto».
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