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Dal mare di Gela spuntano lingotti di oricalco, il metallo di Atlantide

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Quarantasette lingotti di oricalco, una preziosa lega la cui fama è anche legata ad Atlantide

CALTANISSETTA – La materia di cui sono fatti i sogni o, restando sul poetico, il metallo di cui era piena la mitica Atlantide di cui favoleggiò Platone. Ben quarantasette lingotti di oricalco, preziosa lega di rame e zinco la cui fama è anche legata al continente scomparso, sono stati ritrovati nel mare di Gela, in provincia di Caltanissetta. Un fondale stracolmo di tesori, secoli fa crocevia obbligato delle rotte commerciali (e militari) mediterranee. Diversi «pezzi» sono riaffiorati stamane, venerdì, grazie all’operazione dei sommozzatori del reparto operativo aeronavale della Guardia di finanza di Palermo in collaborazione con la Sovrintendenza al mare. Di fronte al litorale di contrada Bulala, a est della città, sono stati recuperati due elmi corinzi, un’ampolla massaliota, ovvero dell’antica colonia greca di Marsiglia, in Francia, un’anfora arcaica e, appunto, 47 lingotti di oricalco, il cosiddetto «metallo di Atlantide». Altri 39 lingotti erano stati recuperati nel dicembre 2014, frutto di una scoperta unica nel suo genere per l’intero Mediterraneo. Il materiale risalirebbe al periodo tra il VII e il VI secolo avanti Cristo.

«Dobbiamo impedire il saccheggio del nostro mare e tutelare il patrimonio storico e culturale che nella sua sabbia si conserva», ha detto il procuratore di Gela, Fernando Asaro, durante la conferenza stampa convocata per illustrare il ritrovamento e il sequestro del materiale recuperato. «Ma noi possiamo solo fare prevenzione e repressione dei reati – ha aggiunto il Asaro – perché il recupero, la tutela e la valorizzazione dei reperti spetta ad altri».

Tre relitti di navi arcaiche. E Adriana Fresina, della Sovrintendenza al mare, ha ricordato che quell’area sottomarina antistate contrada Bulala, custodisce tre relitti di navi arcaiche e quindi «una preziosa, inestimabile miniera di reperti archeologici».

Problema fondi e campagne di ricerca. «Mancano le risorse finanziarie», ha lamentato Nicolò Bruno, della sovrintendenza al mare, che ha voluto ringraziare per le scoperte di Gela il sub Francesco Cassarino, e il Club Unesco che ha finanziato il restauro e l’esposizione dei reperti nonché la permanenza degli esperti della stessa sovrintendenza. Il problema sono, al solito, i quattrini. Tutti auspicano l’avvio di campagne di ricerca. I progetti sarebbero pronti ma non sono mai stati finanziati.

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