Le confessioni di Maurizia Cacciatori tratte dal suo libro e pubblicate dall’edizione online de ‘La Gazzetta dello Sport’:
Nel romanzo più celebre di Carlo Collodi, Pinocchio viene convinto dal Gatto e dalla Volpe a seppellire nel campo dei Miracoli le cinque monete d’oro ricevute in dono da Mangiafuoco, per ricavarne la mattina successiva “duemilacinquecento zecchini lampanti e sonanti”. Maurizia Cacciatori – fin da bambina non meno astuta dei due imbroglioni immaginari – un bel dì spinse i fratelli minori, Manolo e Susanna, a cederle metà dei loro succulenti bomboloni per piantarli in giardino e ottenerne in poco tempo un intero, traboccante albero. Era nata già in quel momento la Maurizia affabulatrice e ammaliatrice che abbiamo imparato a conoscere e ad amare. Senza bisogno di filtri magici. E senza filtri ora si offre nell’autobiografia Senza rete, da pochi giorni nelle librerie. Un racconto avvincente, con tanti episodi inediti trattati con leggerezza e ironia. “A Carlos e Inès, ogni pagina del libro ha il vostro profumo indelebile” è la dedica iniziale. “L’ho scritto soltanto per loro. All’arrivo dello scatolone con le prime copie, la bimba le ha annusate tutte e poi mi ha sussurrato in un orecchio: ‘Mamma, guarda che il profumo non c’è’. Con il tempo, ne sono certa, lo sentiranno…”.
GIOCATRICE SIMBOLO E LA GRANDE DELUSIONE — Della sua carriera sappiamo tutto. La Cacciatori è stata una delle migliori giocatrici italiane, per un certo periodo la più celebre. Idolo dei tifosi e attrazione per gli sponsor quando ancora non c’era tanta attenzione nei confronti del volley femminile. A Bergamo gli anni migliori, con 4 scudetti, 2 coppe dei Campioni, 3 coppe Italia, 3 Supercoppe italiane. Con la Nazionale 228 presenze, un oro ai Giochi del Mediterraneo (2001), due medaglie agli Europei (bronzo nel 1999, argento nel 2001) e il premio di miglior palleggiatrice al Mondiale del 1998. La biografia è la bussola per orientarci nella faccia nascosta del pianeta Cacciatori. “A ventiquattro anni, mentre giocavo a Bergamo, nel giorno libero salivo sul treno di sera a Milano per trovarmi all’alba a Parigi. Il tempo di fare una colazione dentro a un bistrot fumoso, una passeggiata nei luoghi della mia fantasia e poi di corsa a prendere il treno per tornare in tempo prima dell’allenamento”. Quando il c.t. azzurro la esclude (due volte) dalla Nazionale che vincerà poi il suo primo Mondiale in Germania, Maurizia subisce il colpo più brutto della carriera. “C’è un Marco Bonitta sul cammino di ogni essere umano. Prima o poi ciascuno di noi ha dovuto misurarsi con una forza opposta, oscura, determinata a distruggere le fondamenta del nostro essere. A volte non è necessariamente una figura maligna ma solo qualcuno che geneticamente è programmato per smontare il prossimo fino ad annientarlo”.
IL RAPPORTO COI GENITORI RIVISTO — Maurizia si mette a nudo, senza censure, anche sui sentimenti. A partire dal complicato rapporto con i genitori durante l’infanzia e l’adolescenza: mamma Rita, definita «rigida e poco incline ai gesti affettuosi», papà Franco, prima portiere di Monza, Pisa, Ascoli e Perugia, poi completamente assorbito da un’azienda tutta sua. “Peccato che quel progetto di vita non includesse grandi dosi di calore umano, ma solo piccole oasi dove rifocillarsi di tanto in tanto. La pizza la domenica sera. Una breve vacanza assieme in montagna a San Marcello Pistoiese. Poi i sabati pomeriggi barricati in casa con le tapparelle abbassate come se un imminente attacco nucleare dovesse colpire proprio Carrara”. L’esperienza di mamma le permette però di rivedere il giudizio. “Chi diavolo ero io per essere così dura con i miei genitori? Oggi che ho quarantacinque anni sento di doverglielo. Come ho detto, la mia infanzia non è stata infelice, penso solo che poteva essere più facile. Ma so anche che mamma Rita e babbo Franco hanno fatto tutto quello che potevano, in buona fede, credendo sempre di agire per il meglio, di renderci forti e indipendenti anche quando io Susanna e Manolo ci sentivamo abbandonati, osservando la Volvo azzurra sparire all’orizzonte”.
I PRIMI AMORI GIOVANILI — La migliore amica di Maurizia era ed è Wendy, al secolo Guendalina Buffon, sorella di Gigi. Anche lei di Carrara, anche lei scatenata per indole. L’amica con cui parlare, ridere, scherzare, piangere, confidarsi. Insieme già nella prima vera esperienza di vita: l’abbandono della città natìa per andare a giocare a Perugia, ad appena 16 anni. La casa condivisa, le scorpacciate di Nutella, le notti trascorse a guardare la tv. E la prima scenata di gelosia, quando il cuore di Maurizia viene catturato da Alessio Delpiano, un bel calciatore del Perugia. “Devi scegliere tra me e quell’anello”, dice Wendy davanti a un regalo che le sembra il muro di Berlino. Non c’è bisogno di scegliere, perché certe amicizie non muoiono mai. Molto più tormentate le storie d’amore. Quando pensa che nessuno possa mettere in discussione la sua relazione con Delpiano, ecco spuntare un sedicente tifoso. “Appare agli allenamenti e in qualche modo si è procurato il mio numero di telefono. Si chiama Maurizio, dice cose divertenti e mi sorprendo a trascorrere del tempo ad ascoltarlo al telefono. Mi fa ridere. Dice di essere sempre in viaggio perché fa il rappresentante di carta igienica, è responsabile per il Veneto. Appena riesce viene a Bergamo per vedermi. Ma c’è qualcosa che non quadra”. Già, perché quel ragazzo non vende carta igienica, è un calciatore del Vicenza, “aveva paura di dirmelo perché conosce bene la reputazione dei suoi colleghi. Ma quando me lo rivela io sono già cucinata a puntino”.
QUEL MÈNAGE A TROIS — Dopo sette anni con Delpiano, dunque, il cambio con Maurizio Rossi. E altri sei anni d’amore. Fino a quando la Cacciatori viene chiamata per far parte della giuria di Miss Italia. “Nel cosiddetto panel di esperti ci siamo io, Andrea Meneghin e Gianmarco Pozzecco, ovvero tre geni rubati alla Normale di Pisa. Passiamo una serata assurda in cui Gianmarco mi colpisce perché mi fa ridere in continuazione. Non lo trovo per nulla attraente, ma una serata potenzialmente disastrosa si trasforma in qualcosa di piacevole. A cominciare dal fatto che noi, appostati sul loggione, ci mettiamo a tirare noccioline ad Alberto Sordi seduto sotto di noi (…) Gianmarco è un ragazzo fuori dagli schemi e questo mi piace. Ma io ho Maurizio, dunque non si pone il problema. O meglio, non si porrebbe. Perché Gianmarco mi fa ridere un sacco, e quando tu fai ridere una donna hai fatto già metà della strada”. In un momento fondamentale per la carriera, l’assalto alla prima, storica qualificazione all’Olimpiade, a Sydney nel 2000, la Cacciatori si ritrova a dover scegliere tra due uomini. Ma per un po’ deve gestire le due relazioni, con un uomo a Varese (Poz), l’altro a Vicenza (Rossi) e lei, in mezzo, a Bergamo. Nel frattempo la centrifuga del pettegolezzo si mette in movimento, proprio durante i Giochi. “Secondo alcuni ben informati, avrei avuto una torbida storia d’amore con Paolo Milanoli, uno spadista che vincerà l’oro nella competizione a squadre. In verità è solo un tipo fuori dagli schemi, il primo in pedana a indossare maschere colorate di mostri, e dunque si capisce al volo perché mi va a genio. Facciamo solo chiacchiere molto interessanti, ma vallo a spiegare a quelli del gossip. Si aggiunga poi l’illazione secondo cui avrei passato la notte con tutta la squadra argentina di hockey e il quadro sarà completo”.
FUGA DALL’ALTARE E 10 ANNI DI SILENZIO — Al ritorno in Italia, Maurizia trova ad attenderla la proposta di matrimonio di Poz. Ma non è ancora il momento di dire sì, perché tra i due sono spesso scintille. E quando a 32 anni Maurizia decide che può imboccare la strada verso l’altare, butta tutto all’aria a pochi giorni dal matrimonio. “Gianmarco è un vero signore quando riceve la notizia, forse solo in stato confusionale. Potrebbe infamarmi, ma poi si ferma (…) Non mi parlerà per almeno dieci anni, ma so che oggi ha realizzato quanto assennata sia stata quella decisione”. Maurizia poi si sposa (e divorzia) con Santiago Toledo, giocatore di basket conosciuto a Palma di Maiorca. Il compagno attuale è Francesco Orsini detto Orso, anche lui ex giocatore di basket e – ironia della sorte – all’epoca grande amico di Pozzecco. “Parla poco, quando lo fa partono fendenti. Ma la cosa peggiore di tutte è che coltiva con fierezza un piccolo harem personale (…) Lo ribattezzo “Botta” per l’effetto che produce sui miei sensi (…) Conscia di avventurami in una giungla piena di trappole mortali, entro in competizione con almeno altre due donne più o meno fisse con le quali Orso si intrattiene. Per mesi capisco di essere la numero due, a volte la numero tre. Io la numero tre?! Orrore”. Da quegli scontri nascono un grande amore e due figli stupendi. Maurizia scopre di aspettare Carlos nei bagni dell’aeroporto di Malpensa e chiede conferma della validità del test a una coppia sconosciuta, che poi coinvolge nei festeggiamenti. “Prima di decollare ho chiamato Botta, gli ho chiesto dove fosse, quello mi ha risposto che stava sdraiato sul divano. Allora gli ho dato la notizia. E lui è rimasto sdraiato per due giorni”.
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