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Deficit al 2,4%. Il governo esulta, l’opposizione insorge

Deficit al 2,4%, l’approfondimento:

Il governo si è pronunciato sulla nota di aggiornamento del Documento di economia e finanza, la percentuale del rapporto deficit-Pil in vista della manovra di bilancio arriverà al 2,4%, per i prossimi tre anni in modo da finanziare le promesse fatte dal Carroccio e dai Cinque Stelle riguardo soprattutto alla flat tax, reddito di cittadinanza e quota 100 sulle pensioni. La decisione di arrivare fino al 2,4% cozza con quello che era l’auspicio del ministro dell’Economia, Giovanni Tria, per il quale non bisognava arrivare neanche a sfiorare il 2%. C’era tanta attesa sull’aggiornamento del Def, gli esponenti della maggioranza esprimono compiacimento per una manovra che, a detta loro, porterà sviluppo e crescita.

Luigi Di Maio, ministro del Lavoro e dello Sviluppo Economico, si è lasciato andare ad una esultanza smodata affacciandosi al balcone di Palazzo Chigi alzando le braccia in segno di vittoria. Scongiurato il rischio di non trovare i dieci miliardi per il reddito di cittadinanza come aveva paventato Rocco Casalino nell’ormai famoso messaggio audio ai giornalisti in cui minacciava una serie di epurazioni nel caso i tecnici del Mef non avessero trovato le risorse per coprire il cavallo di battaglia della campagna elettorale pentastellata. Come previsto, i mercati hanno chiuso in passivo, lo spread si è alzato di qualche punto fino a toccare quota 280 prima di una lieve flessione, da Bruxelles filtrano le perplessità sulla decisione che aumenterà il debito italiano.

Ha vinto, dunque, la linea oltranzista delle due forze di governo contro quella più prudente del titolare del Tesoro, il quale, a caldo, non ha voluto rilasciare dichiarazioni, un segnale che potrebbe far pensare ad una certa contrarietà. Si era parlato anche di sue dimissioni ma la voce è sempre stata smentita dagli esponenti dell’esecutivo. Non poteva restare in silenzio l’opposizione, che grida allo scandalo ventilando l’ipotesi che graverà sui contribuenti il maggiore tasso di deficit. Tra quelle più critiche, si è stagliata fragorosa e tonitruante la voce dell’ex premier, Matteo Renzi, che ha rincarato la dose anche con un post su Facebook parlando di “deriva venezuelana”.

Non si è fatta attendere la replica piccata di Alessandro Di Battista, sempre presente sulle vicende italiane nonostante la lontananza fisica, che ha ricordato come lo stesso Renzi volesse portare il deficit addirittura al 2,9%. Quando si parla di conti, la questione è sempre particolarmente delicata, a maggior ragione osservando lo scenario attuale: ci sono due forze nella maggioranza che non vogliono tradire i rispettivi elettorati, una Unione Europea sempre pronta a minacciare sanzioni, ma soprattutto c’è un Paese stufo di sentir parlare di numeri e decimali, ciò che vuole è una ripresa che abbia effetti concreti sulla qualità della vita degli italiani e non riflessi positivi solo sui dati.

Maurizio Longhi per BreveNews.Com

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