Coree, il summit di pace fra Kim e Moon:
“Una Penisola libera dal nucleare, attraverso una completa denuclearizzazione”. È quanto confermato da Corea del Sud e Corea del Nord. La buona notizia che tutto il mondo aspettava è arrivata nel comunicato finale del summit tra le due Coree. Così come l’impegno a siglare un trattato di pace al posto dell’attuale precario armistizio, da firmare “entro l’anno” attraverso dei colloqui a tre che coinvolgano anche gli Stati Uniti o a quattro con Cina. In autunno infine il presidente del Sud Moon Jae-in restituirà la visita ufficiale a Kim Jong-un, recandosi a Pyongyang per un nuovo round di colloqui. Tutto nero su bianco, nel documento che i due hanno firmato alla Peace House al termine del vertice, suggellando l’accordo con un abbraccio che solo tre mesi fa non sarebbe stato immaginabile.
Ma, secondo quanto riferisce ‘La Repubblica’, seppur storici, sempre di impegni si tratta: dall’accordo resta fuori ogni dettaglio o passo concreto. In particolare sul tema della denuclearizzazione, termine la cui ambiguità preoccupa gli osservatori internazionali. Quali sono le condizioni che porrà Kim per rinunciare al suo arsenale? E soprattutto: è disposto a rinunciarvi davvero? Il comunicato dice che le misure prese finora da Pyongyang, vale a dire congelamento dei test, sono “molto significative”, un punto a favore del dittatore Kim. Ma non fa alcun accenno all’alleggerimento delle sanzioni, omaggio alla politica della massima pressione chiesta da Trump. Tutto rimandato perciò all’incontro tra il dittatore e il presidente Usa, di cui quello di oggi si configura come un prologo.
Prologo dall’alto valore simbolico però, almeno nella storia dei rapporti tra le due Coree. Fin dal mattino, quando Kim, l’uniforme nera alla Mao e un sorrisone contagioso, è arrivato a passo spedito verso la linea di demarcazione militare. Ad aspettarlo dall’altra parte, in completo scuro e identico sorriso, c’era il presidente Moon, che dopo una stratta di mano lo ha invitato al grande passo. È un attimo, lo scalino di cemento è superato. Mano nella mano i due ripassano nel Nord, si concedono ai fotografi, poi di nuovo oltre la linea verso Sud. Pareva così difficile, è sembrato un balletto naturale: alle 9.30 coreane, le 2 e mezza della notte italiana, Kim è diventato il primo leader della Nord Corea ad attraversare il confine che divide in due la penisola. L’incontro con il presidente del Sud mancava invece da dieci anni, l’ultimo risaliva al 2007.
Un “nuovo inizio” nei loro rapporti, simboleggiato dai fiori donati da due bambini a Kim. La mattinata è stata il momento dei simboli, e tutto è filato liscio. Un Kim sempre più a suo agio con il passare dei minuti è stato accolto dalla guardia d’onore sudcoreana, poi dentro alla Peace House rinnovata per l’occasione ha scritto sul libro dei visitatori “ora comincia una nuova storia”. Pensiero ribadito subito dopo al tavolone ovale nella sala dei colloqui: “Dobbiamo essere all’altezza delle aspettative”, non voglio si ripeta un passato “in cui non siamo stati in grado di mettere in pratica gli accordi”. Un messaggio al mondo, preoccupato per le tante promesse non rispettate negli anni da Pyongyang. A coronare arriva il comunicato della Casa Bianca, l’auspicio per un “futuro di pace”.
Nel pomeriggio i due si sono appartati per una conversazione “privata” di mezz’ora, osservata a distanza da telecamere e fotografi. E poi, dopo una seconda sessione a porte chiuse e ranghi ridotti (con Kim sempre affiancato dalla sorellina Yo-jong, consacrata consigliera suprema), è arrivata la firma dell’accordo, annunciato dai due fuori dalla Peace House. Oltre agli impegni sul nucleare e per la pace, Seul e Pyongyang hanno convenuto di arrestare fin da subito atti ostili come la diffusione di materiale di propaganda attraverso gli altoparlanti al confine, di procedere con programmi di riunificazione per le famiglie separate tra Nord e Sud, di proseguire i lavori per la creazione di un corridoio stradale e ferroviario tra Seul e la città nordcoreana di Sinuiju. Iniziative più concrete ma più piccole.
Infine, i leader si sono diretti verso la cena ufficiale accompagnati dalle rispettive mogli. Un pasto in cui ogni pietanza è stata pensata per evocare la nuova primavera di pace tra i due Paesi. La presenza delle first lady, incerta alla vigilia, come quella di artisti e personalità della cultura delle Coree, è un ulteriore segnale di distensione. A coronare uno dei disgeli più improvvisi della storia della diplomazia mondiale.
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