Cremonini: “Alaska Baby una rinascita. Mi sentivo perso, avevo bisogno di una cosa. E su Ragazze facili…”. Cesare Cremonini su Alaska Baby, e non solo, il cantautore bolognese, 44 anni, parla del suo nuovo album, che esce domani, venerdì 29 novembre, in una intervista a ‘Il Corriere della Sera’. Ve ne proponiamo alcuni passaggi.
In «Alaska Baby», il nuovo album che esce domani, c’è un artista consapevole che la qualità è qualcosa di poco frequentato dalla contemporaneità ma che allo stesso tempo sa che non la si trova solo nel passato.
«Il disco è nato dopo un viaggio da Bologna ad Antigua, poi Miami, Memphis, Seattle e l’Alaska: stavo cercando i miei limiti. Avevo bisogno di una rinascita, che ho trovato nella luce dell’Alaska e nell’idea di amore, che è il tema del disco. Suona come primo album perché per essere qui oggi devi tirare fuori quell’energia lì, perché viviamo in un mondo di esordi».
Da cosa doveva rinascere? Arrivava dal suo tour di maggior successo, gli stadi e gran finale a Imola…
«”La ragazza del futuro”, era un album di passaggio, nato fra pandemia e separazione dal manager che mi aveva scoperto. Pensavo a cosa mi sarebbe accaduto ora che quel secondo padre non c’era più… e venne fuori un disco concettuale e faticoso. A Sanremo percepii la distanza fra il performer che era al massimo e l’incertezza discografica. Il tour mi fece spingere sul tasto “on”: ti specchi nei telefonini, nei social, nelle foto che pubblichi…. Ma se vuoi tornare a vivere la tua intimità quell’ego deve sparire. Allora ho deciso di fare la valigia e partire».
Cremonini: “Alaska Baby una rinascita”
Nei testi si percepiscono il dolore, le ferite e la sofferenza che stanno dietro la rinascita…
«L’amore qui non è dialogo con un’altra persona ma con un me stesso alla ricerca del coraggio di ritrovare la speranza nell’amore. Mi sono messo in discussione, ho abbattuto quelle maschere che si accumulano come alibi. C’è dolore nel disco, ma è liberatorio. Ogni ostacolo risulta abbattuto, ma si sente la fatica necessaria ad abbatterlo».
[…] Su «Aurore boreali» con Elisa canta «ho perso la luce che avevo dentro»…
«Mi sentivo perso, avevo bisogno ritrovare intimità con me stesso. L’ossessione dell’immagine ci fa dimenticare che sei vivo non per ciò che vedi o che dicono di te ma per quello che hai vissuto».
C’è un brano che si chiama «Ragazze facili»: le daranno del machista.
«Ho usato coscientemente quell’immagine. Il protagonista, potrei essere io, passa dall’essere uno dalla vita dissoluta al sentirsi migliore davanti al sorriso di una donna. È una canzone di redenzione. Ma per redimersi devi dare un nome al diavolo».
[…] Il primo singolo «Ora che non ho più te», oltre a essere numero 1 nelle radio da sei settimane, ma era prevedibile vista la sua storia, è anche sul podio dello streaming dove gli artisti over 40 non hanno diritto di cittadinanza. E in più con Pinguini, Olly, Alfa e Achille Lauro, tenete il rap fuori dai primi cinque posti…
«È un processo, iniziato da tempo in America dove i dischi di quest’anno sono stati quelli di Beyoncé, Taylor Swift e Billie Eilish, che arriva di riflesso da noi perché le multinazionali dello streaming vanno in quella direzione. Resta da vedere se il nostro pop sarà all’altezza».
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