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Riki: “Io sparito nel nulla per problemi ma avevo paura a dirlo. Casabase costruito per creare il mio posto felice”

Riki: “Io sparito nel nulla per problemi ma avevo paura a dirlo. Casabase costruito per creare il mio posto felice”. Riki sparito nel nulla, il cantante 32enne spiega i motivi che l’hanno tenuto lontano dalle scene e parla del suo nuovo progetto musicale, ‘Casabase’, in arrivo la prossima primavera. Di seguito vi proponiamo alcuni passaggi dell’intervista rilasciata a ‘Il Corriere della Sera’.

Riki è stato l’artista che ha venduto più dischi del 2017, quando è uscito da «Amici»: dopo palazzetti pieni e firmacopie stracolmi, nel 2020 è pressoché sparito nel nulla.
«C’è stato un momento di down importante, in cui ero solo»,

[…] Ripartiamo dall’inizio.
«Ho vissuto tre anni molto importanti dove però non ero padrone del mio destino, infatti tante volte sfogavo la mia solitudine e la mia rabbia, la gabbia dorata in cui mi sentivo, nel mio essere impulsivo. Così ho fatto un po’ di cavolate. Dovevo per forza seguire le logiche del mercato e a un certo punto mi sono incagliato».

Quando è successo?
«Succede piano piano, non te ne rendi conto subito perché intanto le cose vanno velocissime e non puoi fare pause. Non voglio neanche imputare la colpa alle persone che avevo intorno perché veniva tutto anche da me: era un sistema drogato e volevamo sempre di più».

Ora gli artisti giovani parlano più apertamente di salute mentale.
«E meno male. Succede a tanti, so come ci si sente e io non l’ho mai voluto dire perché avevo paura. Ero orgoglioso, molto competitivo. Non avevo il coraggio di dire “sono in crisi, non sto bene, mi fermo”, ma poi ti rendi conto che non puoi farcela da solo e tante persone al tuo fianco non ti supportano come potrebbero».

Riki: “Io sparito nel nulla per problemi ma avevo paura a dirlo”

Aveva la sensazione che la stessero «spolpando»?
«Sì, non posso dire altrimenti, ma lì per lì sei assuefatto. Invece bisogna avere il coraggio di fare anche scelte controcorrente. E poi è importante avere un team che creda nel progetto, come quello che ho ora».

Prima era seguito da Francesco Facchinetti, giusto?
«Sì, ma era un team che non avevo scelto io. Dopo un talent, i primi che ti contattano e ti danno sicurezza, li prendi. Con Francesco quando le cose andavano bene era tutto meraviglioso, ma a volte sentivo di voler fare determinate cose che lui non mi passava o magari aveva semplicemente altre idee».

[…] Ha dato un nome a quel che le è successo? Si è trattato di depressione?
«Essendo stato un percorso graduale, ti rendi conto dopo di essere caduto in depressione. Ora come ora potrei dire di sì perché stavo male male. Faticavo a dormire, non avevo voglia di fare niente. Ero svogliato e totalmente apatico, non mi impressionava nulla, come fossi avulso e trasparente».

Come ne è venuto fuori?
«Ho fatto terapia per un periodo e poi mi ha aiutato avere altre passioni. Sono laureato in design e durante la pandemia mi ha dato un appiglio. Poi ci sono le persone che ti vogliono bene davvero, e quelle rimangono. Perché tutte le altre, invece, scompaiono: chi scriveva per convenienza, non ti scrive magicamente più».

Cosa possiamo aspettarci dal suo nuovo lavoro?
«”Casabase” è un disco che ho voluto costruire per creare il mio posto felice: è interamente suonato e realizzato in modo artigianale e analogico, tra ballad, ma anche uptempo. Contiene tutto lo studio che ho fatto, sulla mia voce o ascoltando i cantautori».

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