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Arianna Porcelli Safonov: “Attaccata per una frase su Milano ma era sarcarsmo. I social sono diventati un posto difficile”

Arianna Porcelli Safonov: “Attaccata per una frase su Milano ma era sarcarsmo. I social sono diventati un posto difficile”. Arianna Porcelli Safonov attaccata per una frase su Milano, la scrittrice e autrice di monologhi caustici romana, 42 anni, si racconta in una intervista a ‘Il Corriere della Sera’. Ve ne proponiamo alcuni passaggi.

Il post ‘incrominato’

«Non esiste altra città, in Italia, che abbia una curva di tifosi ospiti (perché non milanesi doc) che va in giro dicendo “Ahhh io amo Milano”. Una tifoseria nata in altre città del Sud (che Milano disprezza!), pronta a battersi per lei, per farla bella anche quando, in teoria, se ci atteniamo a ciò che diceva Michelangelo, bella non sarebbe per un beneamato piffero.

Eppure Milano ha un esercito di persone in bicicletta vestite batik che le sussurrano cose dolci, una specie di deriva della Lega fricchettona, un po’ buddista che, da un lato, spera che tutto ciò che sorge dopo Assago venga annesso alla Libia e dall’altro iscrive i figli alla scuola steineriana, così imparano a suonare i pifferi dei Masai per entrare in connessione con gli altri popoli tribali che se restano tribali è meglio.

Milano rappresenta molto bene l’epoca che stiamo vivendo: ti dice “Ciao! Come staiiii, vieni, entra pure, la bevi una birretta?, fai cacare, non servi a nulla, muori”. Milano ti allena a odiare includendo e a farlo con stile. Anche per questo, ma soprattutto per le cose belle vissute ieri sera (al Castello, ndr) ti amo anche io, Milano».

Fine del post. Bum. Assedio.
«Apriti cielo […] Tutti a dirmi: non hai capito niente. Veramente a non aver capito è chi ha pensato che il mio fosse un attacco. Amici: era una dichiarazione d’amore!».

E allora spieghiamo.
«Milano è una città non canonicamente bella, brava a farsi amare per altri motivi. Ci riesce ben più di altre città, tutti puntano a trasferirsi qui. Io volevo dire questo e ho usato il sarcasmo, come faccio spesso. Tra l’altro sono mezza milanese, so bene di cosa parlo…».

Arianna Porcelli Safonov: “Attaccata per una frase su Milano ma era sarcarsmo”

Nel suo curriculum si legge: nata a Roma, madre ligure e padre di origine russa. Milano come salta fuori?
«Mamma è nata in via Carducci, è milanesissima. Poi si è spostata a Genova e da lì, con papà, a Roma. Stavamo a Roma Nord. A casa abbiamo sempre vissuto con lei che ripeteva: a Milano funziona tutto, qui no. A Milano è tutto figo, qui no. Era ciò che volevo fare passare nel mio post. Tuttavia sui social chi va oltre le prime tre righe è sempre più raro. Mi spiace…».

Lei però con i social lavora tanto.
«Io devo tantissimo ai social. Lì mi sono fatta conoscere nonostante fossi esterna del sistema canonico della distribuzione. Adesso però sono delusa: per chi fa satira come me i social sono diventati un posto difficile. Il mio non è un giudizio bensì un dato di lettura: si fa fatica ad andare “oltre”».

Mai pensato di lasciarli?
«Conosco il meccanismo, ne sorrido. Gli hater non mi creano grandi pensieri».

Va più in ansia se deve fare un post o uno spettacolo a teatro?
«Né uno né l’altro. L’ansia mi viene per la vita privata, non per il lavoro».

Arianna Porcelli Safonov: “I social sono diventati un posto difficile”

Nella sua vita precedente faceva tutt’altro, è vero?
«Immaginatevi “Il diavolo veste Prada”: ero l’assistente della boss. Organizzavo eventi, anche cose di richiamo come la settimana della moda a Roma».

Galoppina o manager?
«La regina dei galoppini».

Brutte esperienze?
«Uscivo dal Pantheon splendidamente vestita e in lacrime per quante me ne sentivo dire. Potevi essere messo malissimo, mobbizzato, mal vestito mai».

Almeno i vestiti erano in dotazione, come nel film?
«Come no. Viva noi assistenti, stilosissimi a nostro carico, forti dello stipendio di 500 euro al mese».

E poi?
«Ho girato ovunque, viaggiato tanto, finché – adesso fa sorridere perché è un grande classico – mi mancava troppo il tempo libero e non ho retto più. Nel 2010 ho mollato tutto e sono partita per la Spagna, ho studiato improvvisazione a Madrid. Rientrata in Italia mi sono trasferita da Roma a un paesino dell’Oltrepò pavese».

Perché?
«Volevo vedere le cose da una prospettiva diversa. Da anni mi privo della città per stare meglio. Ho scelto un posto dove gli abitanti erano sei».

[…] Mai pensato di abitare a Milano?
«Era in vetta alla mia classifica dei desideri quando studiavo. Lì ho anche fatto il provino di Hit List di Mtv: ho superato un po’ di selezioni poi mi hanno scartata. Avevo 19 anni, frequentavo il classico e la vena dello spettacolo ce l’avevo già. Però mamma diceva: quello non è un impiego…».

[…] Oltre a falsi miti e patologie urbane piccona le fobie dell’italiano medio.
«In Fiabofobia racconto le paure che, tanto per cambiare, ci attanagliano ma cerchiamo di non mostrare agli altri per farci vedere splendidi. Ragni, buio, pandemie, musulmani con gli zainetti».

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