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Claudio Amendola: “Ristoranti? Lo ho aperti per un motivo. Ho capito che avrei fatto l’attore in un momento preciso”

Claudio Amendola: “Ristoranti? Lo ho aperti per un motivo. Ho capito che avrei fatto l’attore in un momento preciso”. Claudio Amendola sui ristoranti aperti a Roma, la carriera, il papà famoso, e non solo, l’attore e doppiatore romano, 61 anni, si racconta in una intervista a ‘Tv Sorrisi e Canzoni’. Ve ne proponiamo alcuni passaggi.

[…] Qual è stata la sua estate più bella?
«Quella, anzi quelle, che passavo da bambino a Fregene in una casa piena di fratelli, cugini, zie e nonne».

Visto che parliamo di ricordi, ce ne regala uno di papà Ferruccio, grande attore e doppiatore?
«Il discorso che mi ha fatto la prima mattina in cui sono andato a fare l’attore: “Sul set ci saranno 80 persone che dipendono da te. È una grande responsabilità”. La commozione ai Telegatti del 1991, quando salì sul palco con Robert De Niro, di cui era il doppiatore. E poi quella volta che ha doppiato me…».

Come è successo?
«Era una scena di corsa, dovevo ansimare. Sono andato in iperventilazione. “Ah regazzì, siediti. La faccio io”».

Del resto era una voce formidabile.
«Spegneva il microfono di “Il cacciatore” con De Niro e apriva quello del “Monnezza” con Tomas Milian. Che era cubano e sul set diceva solo numeri: “27, 44, 32…”. Le parole le metteva papà».

Lei ha sempre voluto fare l’attore?
«No. Mi convinse mamma. Già da bambino mi portò a un provino per Bertolucci che le chiese: “Ma il ragazzino parla anche italiano?”. Infatti avevo un leggero accento romanesco… Dopo qualche anno il regista Franco Rossi cercava un 18enne così e così e mia madre gli disse: “È il ritratto di mio figlio”. Per sfinimento sono andato a fare il provino. E mi hanno preso. Come protagonista!».

Claudio Amendola: “Ristoranti? Lo ho aperti per un motivo”

Si trattava dello sceneggiato “Storia d’amore e d’amicizia”.
«Era tutto nuovo, un gioco. Trastevere ricostruita in studio, i costumi… mi sentivo un alieno ma il regista non diceva molto. Segno che andavo bene».

Continuiamo a sfogliare l’album dei ricordi: di “I Cesaroni” abbiamo parlato, quindi… “Mery per sempre”.
«Avevo 26 anni e facevo un minorenne. Una prova difficile. Lì ho capito che potevo fare questo mestiere sul serio».

“Vacanze di Natale”.
«Non mi sono mai divertito tanto come in quelle sei settimane a Cortina. Soprattutto Jerry Calà era esilarante. Anche se non mi calcolava molto: lui era già un divo, io un ragazzo».

“Come un gatto in tangenziale”.
«Parrucca bionda, tatuaggi, turpiloquio e via. Mi sono detto: “Se dobbiamo fare il romanaccio coatto, facciamolo bene”».

[…] Ha due ristoranti.
«Quando non sono sul set sto lì. Mi piace il rapporto con chi viene a mangiare. Ma mio figlio Rocco cucina meglio di me».

Che padre e che nonno è?
«Atipico. Non rompo le scatole e non voglio essere rotto. Insomma, non sono il tipo da pranzo della domenica. Ma quando serve, ci sono».

A “Belve” ha parlato un’ora, ma i titoli erano tutti sulla cocaina, che ha ammesso di aver usato per un periodo. Infastidito?
«No. Sono navigato e sapevo benissimo che avrebbero parlato solo di quello. Ma l’intervista è piaciuta, quando dici la verità la gente lo apprezza».

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