Fabrizio Biggio: “Ritorno de I soliti idioti? Finiti dopo un incontro poi decisivo uno spot. E su mia moglie”. Fabrizio Biggio sul Ritorno de I soliti idioti, l’attore e comico toscano, 49 anni, ripercorre le tappe più significative della sua carriera in una intervista a ‘Il Corriere della Sera’. Ve ne proponiamo alcuni passaggi.
Partiamo dall’inizio: mamma francese, papà pugliese.
«Sono nato a Firenze e cresciuto a Scandicci, ma ho imparato prima a parlare il francese e poi l’italiano. Mi chiamavano il francesino perché avevo una erre moscia tremenda, tanto che a un certo punto mi sono messo a fare esercizi allo specchio per cercare di eliminarla. E ci sono riuscito. Però da piccolo sono stato bullizzato dagli italiani perché ero francese e bullizzato dai francesi perché ero italiano».
[…] La scuola?
«Brillante fino alle medie, ero il primo della classe. Al liceo classico ho avuto un crollo, pensavo già ad altro: lì ho incontrato Martino Ferro, il mio compagno di banco con cui abbiamo scritto anche I soliti Idioti. All’epoca ci piaceva scrivere e mettere in scena piccoli show che mandavamo con delle vhs alle reti locali».
Sognava già di fare l’attore?
«In realtà io volevo fare lo scenografo. Per diversi anni ho lavorato nei teatri come tecnico audio e video, ma soprattutto mi piaceva costruire: avevo preso da mio nonno che era ingegnere e in cantina aveva qualunque tipo di attrezzo. Passare da tecnico a scenografo però non è facile, e io ho fallito miseramente».
Fabrizio Biggio: “Ritorno de I soliti idioti? Decisivo uno spot”
E come arrivò l’occasione da attore?
«Per caso. Il padre di Martino insegnava italiano e conduceva un programma in cui parlava di scuola su Canale 10, una rete locale toscana. Lui faceva la parte seria e mi affidò la parte più spigliata del programma».
[…] Non voleva fare l’attore eppure…
«La mia è una carriera piena di casualità, mi ha sempre aiutato l’entusiasmo degli altri. Sono un po’ remissivo, quando non mi capita niente non lotto, ma aspetto. Non ho la spinta a spaccare tutto, pur amando questo mestiere. Insomma un po’ di talento ce l’ho, qualcosa so fare, ma ho avuto anche fortuna».
A Mtv ha conosciuto la sua futura moglie e Mandelli, con il quale siete diventati I Soliti Idioti: in effetti il caso l’ha aiutata parecchio.
«I miei due grandi amori, è stato per entrambi un colpo di fulmine».
Con Francesco come è andata?
«Abbiamo capito subito che avevamo la voglia di raccontare il mondo nello stesso modo, quando scrivevamo insieme respiravamo l’idillio, la prima volta sul set era come se lo facessimo da sempre, abbiamo avuto, da subito, un’intesa incredibile».
E con Valentina?
«Faceva la producer e mi sono innamorato appena l’ho vista. In quel periodo presi la mia prima casa a Milano e senza saperlo ho scoperto che lei abitava a due portoni dal mio. Se non è un caso questo! Lei era molto corteggiata e io nascondevo il mio amore perché non volevo unirmi alla massa. Ma dopo un anno è crollata».
Fabrizio Biggio: “Ritorno de I soliti idioti? Finiti dopo un incontro”
A cavallo del 2010 arrivò il clamoroso successo dei «Soliti Idioti». Lei quanto idiota si sente?
«Molto. In senso positivo. Del resto ce lo siamo detti da soli che siamo idioti. Un po’ di idiozia — nel senso di leggerezza — nella vita ci vuole. Lo diceva anche Battiato: Vivere non è difficile potendo poi rinascere. Cambierei molte cose, un po’ di leggerezza e di stupidità. Io e Francesco trattiamo con grande empatia e affetto le maschere che abbiamo portato in scena. Raccontiamo, esagerandolo, anche quello che in fondo siamo tutti noi».
Vi siete mai sentiti volgari?
«Noi no, ma ci hanno fatto sentire volgari per il personaggio che ha avuto più successo nei nostri film: è vero che Ruggero dice parolacce in continuazione, ma gli altri nostri personaggi non sono scurrili. Lui però andava raccontato così, incarna la tipologia di certi anziani che sono più dissacranti dei giovani. Andava dipinto così. Non poteva dire che cavolo».
Con Valentina vi siete lasciati dopo il primo film.
«Per me era un periodo di grande scombussolamento, ero fragile, non perché volessi fare chissà che, ma quel successo mi aveva smosso delle cose dentro, non capivo più chi ero. Provavo una grande sofferenza, un grande dolore e pensavo: a me il successo non dà felicità. Ho fatto anche un disegno per ricordarmi un momento particolare: stavo camminando per strada, triste, quando vedo passare un autobus con la mia faccia enorme. La guardavo e mi dicevo: non me ne frega niente, voglio altro. Lì ho capito quali valori contano nella vita. Il lavoro, il successo, il denaro — che per carità serve — sono importanti, ma la felicità viene solo dai rapporti umani. Oggi mi interessano solo quelle 7 o 8 persone che mi rendono felice».
Fabrizio Biggio: “Mia moglie? Ho spacciato il matrimonio per un regalo di compleanno”
Vi sposerete quest’estate.
«Sono 23 anni di fatto che stiamo insieme, il giorno dei suoi 50 anni visto che non sapevo cosa regalarle ho pensato che ci volesse una cosa grossa. Così ho spacciato il matrimonio per un regalo. E devo dire che ha funzionato alla grande».
Dopo aver litigato con sua moglie ha litigato anche con Francesco. Quale è stata la madre di tutte le liti?
«La Solita Commedia andò malissimo anche se per noi è il film più bello che abbiamo fatto. In quel periodo litigavamo per qualsiasi cosa, lo chiamai e ci vedemmo a un baretto. Gli vomitai addosso tutto, come in una storia d’amore. Non ci siamo più visti per 7 anni».
C’era una cosa in particolare che gli rimproverava?
«In realtà sono io che oggi rimprovero a me come ho gestito il rapporto con lui. Io ero remissivo e lui si prendeva lo spazio che gli lasciavo, non mi sentivo rispettato: le incomprensioni piccole diventano enormi se non parli. Oggi parliamo di tutto».
Chi ha fatto il primo passo?
«In realtà lui continuava a cercarmi, io ero molto più rigido. Per me era tutto chiuso, mi aveva fatto soffrire e non volevo più vederlo. Un giorno ci ha cercato uno sponsor per uno spot ed entrambi abbiamo detto sì. Significava che eravamo pronti. Ci siamo visti con un po’ di imbarazzo, ci siamo chiesti scusa, ci siamo abbracciati, ci siamo fatti un gran pianto e ci siamo detti tutto».
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