Scoperto l’interruttore che brucia calorie: svolta nella ricerca di nuovi farmaci anti-obesità. I ricercatori dell’Università tedesca di Bonn e dall’Università della Danimarca Meridionale, hanno scoperto l’interruttore che brucia calorie. Si tratta di una vera e propria la svolta poiché si apre una nuova strada nella ricerca di nuovi farmaci anti-obesità. Questo interruttore molecolare, di cui finora se ne ignorava l’esistenza, riattiva il tessuto adiposo bruno, deputato soprattutto bruciare calorie in risposta al freddo.
I risultati, pubblicati sulla rivista Nature Metabolism, dimostrano che l’interruttore molecolare, osservato nei topi, è la proteina denominata AC3-AT, che funge inibendo l’attività del tessuto adiposo bruno. La scoperta apre la strada alla ricerca di farmaci che possano inibire questa proteina, con l’obiettivo di riattivare la capacità del tessuto di bruciare calorie. La sfida attuale consiste nel trovare composti in grado di bloccare efficacemente l’azione di AC3-AT per potenziare il metabolismo e favorire la perdita di peso.
“È uno studio molto interessante, ritengo che la via dell’attivazione del tessuto adiposo bruno per contrastare l’obesità sia quella giusta”, dice all’ANSA Saverio Cinti, professore all’Università Politecnica delle Marche e direttore del Centro interdipartimentale per lo studio dell’obesità.
Il tessuto adiposo bruno è caratterizzato da una colorazione scura dovuta all’abbondante presenza di ferro, ed è noto per la sua capacità di bruciare calorie in modo efficiente. Per questo motivo, vi è un grande interesse nel trovare metodi sicuri per attivarlo.
Sebbene in passato si ritenesse che gli adulti avessero solo piccole quantità di questo tessuto, prevalentemente riscontrabile nei neonati, studi recenti hanno dimostrato che anche gli adulti ne possiedono in quantità significative. Questa scoperta ha stimolato ulteriori ricerche sul potenziale del tessuto adiposo bruno come bersaglio terapeutico per la gestione del peso corporeo.
Il ruolo del freddo
“Ad esempio, abbiamo dimostrato che nei soggetti che sono sottoposti ad una frequente esposizione al freddo, il grasso viscerale può essere composto fino al 40% da tessuto adiposo bruno, laddove quello di una persona che vive ad esempio in Italia è formato quasi esclusivamente da tessuto adiposo bianco. Quindi, non solo il tessuto adiposo bruno è presente nell’adulto, ma la sua quantità è anche modificabile”, aggiunge Cinti all’Ansa.
Il team di ricerca guidato da Dagmar Wachten dell’Università di Bonn e Jan-Wilhelm Kornfeld dell’università danese ha scoperto il meccanismo che regola la disattivazione del tessuto adiposo bruno. Nel loro studio, hanno alimentato due gruppi di topi con una dieta ad alto contenuto di grassi per 15 settimane.
Il gruppo che non esprimeva la proteina AC3-AT ha mostrato una minore accumulazione di grasso e un incremento di peso inferiore rispetto al gruppo di controllo, oltre a presentare indicatori di una migliore salute metabolica.
“Poiché AC3-AT si trova non solo nei topi, ma anche negli esseri umani e in altre specie, ci sono implicazioni terapeutiche dirette per gli esseri umani”, dice Ronja Kardinal dell’Università tedesca, co-autrice dello studio.
In conclusione, secondo Cinti, “quello regolato dalla proteina AC3-AT è un meccanismo di difesa, impedisce alla cellula di funzionare troppo. n primo luogo, perché producendo troppo calore la cellula potrebbe bruciarsi e, in secondo luogo, perché l’organismo punta sempre a proteggere le proprie riserve energetiche. Ciò vuol dire anche che disattivando questo meccanismo di difesa potremmo andare incontro a effetti negativi, ma non possiamo ancora saperlo: la strada dell’attivazione del tessuto adiposo bruno è sicuramente possibile e fattibile”.
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