Vasco Rossi: “Io sionista? Un aspetto non lo tollero. Putin è un dittatore da fermare. E sul mio arresto…”. Vasco Rossi sionista? Il cantautore romagnolo, 72 anni, senza peli sulla lingua racconta il suo punto di vista sulle guerre in corso, e non solo, in una intervista a ‘Il Corriere della Sera’. Ve ne proponiamo alcuni passaggi.
[…] «Io rifiuto di schierarmi come se fosse una partita di calcio, Israele contro Palestina. Gli ebrei, dopo quello che hanno sofferto, hanno diritto a uno Stato. “Free Palestine” è un bello slogan, da anime belle; ma se implica la distruzione dello Stato di Israele, allora sarebbe più onesto dirlo. E alla distruzione di Israele io mi ribello. Leggo cose superficiali, in cui non mi riconosco; io sono semplice, non facile. Mi hanno dato del sionista, ma io non so neppure cosa voglia dire. So che se mettessi il like a “Palestina libera” mi amerebbero tutti; ma io non sono fatto così. Se avessi voluto piacere a tutti, non avrei scritto “C’è chi dice no” o “Gli spari sopra”. Questo ovviamente non mi impedisce di piangere le vittime civili di Gaza, e di criticare i bombardamenti di Netanyahu, che è pure lui una specie di fascista».
[…] Putin a minacciarla.
«Putin è un dittatore guerrafondaio che va fermato. Sostenendo l’Ucraina, ma anche avviando una trattativa che metta fine ai massacri».
Vasco Rossi: “Io sionista? Un aspetto non lo tollero”
Nella bellissima serie sulla sua vita, Supervissuto, lei racconta che la svolta fu la morte di suo padre.
«Tornò dal lager che pesava 35 chili. Si chiamava Giovanni Carlo e faceva il camionista. Morì di fatica a 56 anni, mentre faceva manovra tra i silos del porto di Trieste. Sono andato a prenderlo e qualcosa dentro di me è cambiato. Papà era un combattente, aveva detto no ai nazisti. È entrata dentro di me una forza che prima non avevo, e che si è fusa con la malinconia, la gioia, l’amore per la musica di mia madre. E mi sono detto: qui non si scherza più. Qui mi gioco tutto. Mi rischio la vita».
Vita spericolata.
«Per anni, all’inizio degli 80, vivevo solo per scrivere canzoni e fare concerti. Un giorno dell’estate 1982 andai da un concessionario per far vedere una macchina e non trovai nessuno, sentivo boati a distanza, non capivo cosa stesse succedendo: era la finale dei Mondiali di Spagna, ma io non lo sapevo. Potevo stare tre giorni senza dormire, grazie alle anfetamine. Poi ho capito che le anfetamine sono pericolose. Ho sperimentato la mia psiche, sono entrato nella mia mente, ho fatto un viaggio dentro la mia coscienza. Le sostanze stupefacenti le ho provate quasi tutte, tranne l’eroina. Mettere l’eroina sullo stesso piano della marijuana è criminale, perché così i ragazzi si convincono che si equivalgano, e se lo spacciatore non ha una, allora si può comprare l’altra…».
Vasco Rossi: “Sul mio arresto…”
Lei finì in carcere.
«Cinque giorni di isolamento. Giorni infiniti, minuti lunghissimi. Non passava mai. Cercavo di dormire, mi svegliavo credendo di aver fatto un brutto sogno; infine realizzavo che era tutto vero. Poi altri 17 giorni di galera. Solo De André venne a trovarmi, con Dori. Pannella mandò un telegramma. Fu l’occasione per resettarmi. Mi sono disintossicato da solo, senza bisogno di andare in comunità. Dopo la galera sono tornato a casa, a Zocca, e non ne sono uscito per otto mesi. Senza anfetamine non riuscivo ad alzarmi dal letto. E in tanti erano contenti».
[…] A volte le sue canzoni sono dolcissime, a volte violente. Appena ti prendo da sola…
«Ti taglio la gola!».
Perché?
«È una violenza solo verbale ovviamente, è un’ironia feroce. Provocazioni. Io ho sempre cantato la rabbia e la sofferenza che avevo dentro. Anche se ho sempre avuto grande rispetto per le donne. Se una donna dice no, è no. E io i no li ho sempre rispettati».
Esiste una donna che ha detto no a Vasco Rossi?
«Ne esistono moltissime! La prima fu Anna Maria, e aveva sette anni. Era la mia vicina di casa. Ci fidanzammo. Ogni volta le chiedevo: “È sempre così?”, lei rispondeva di sì, e io ero felice. Un giorno però rispose di no, che le piaceva un altro; e a me crollò il mondo addosso».
Quando ha fatto l’amore per la prima volta?
«Tardi, a 17 anni, con una ragazza di Modena che a differenza delle altre aveva ceduto. A 13 anni sperimentai l’importanza del denaro…».
[…] Il primo grande amore?
«Paola, una femminista che si era prefissata di distruggermi, e ci è riuscita. Il colpevole di diecimila anni di patriarcato ero io… Dopo di lei, e prima di Laura, mia moglie, è stato solo sesso. Tutte le canzoni in cui sono arrabbiato con le donne me le ha ispirate Paola; dovrei darle i diritti d’autore».
Vasco Rossi: “Colpa di Alfredo? Oggi mi arresterebbero”
[…] Il mese scorso è morto Andrea Giacobazzi, l’Alfredo che con i suoi discorsi seri e inopportuni le faceva sciupare tutte le occasioni. Oggi riscriverebbe «è andata a casa con il negro la troia»?
«In realtà la ragazza che corteggiavo era andata via con Salvino, che non era affatto nero, solo abbronzato. Non mi riferivo al colore della pelle, ma alle dimensioni… Era insomma una canzone da cui i neri uscivano benissimo. Se la riscrivessi oggi mi arresterebbero; ma il politicamente corretto non mi convince. Non conta come definisci una persona, ma cosa ne pensi e come ti comporti».
Lei ha due figli, Davide e Lorenzo, nati nel 1986 a un mese di distanza. Come andò?
«Avevo avuto una storia con una ragazza bellissima, Gabriella, che purtroppo è mancata qualche giorno fa, all’improvviso. L’avevo lasciata, per vivere fino in fondo la mia avventura con la musica, ma mi ero preso cura di lei: era rimasta a Zocca con mia mamma, mentre le cercavo una nuova casa e un nuovo lavoro. Le lasciai anche una macchina, una Renault5, perché potesse andare in giro, trovarsi un altro fidanzato. E lo trovò. Quando tornai, la rividi nella roulotte prima del concerto, e la salutai con affetto, per l’ultima volta. Mesi dopo mi dissero che era incinta».
Il padre era lei.
«Ma io non lo sapevo e non lo credevo possibile. Qualche tempo dopo, però, venne a Zocca un’altra ragazza, Stefania. Una che neppure ricordavo. E aveva un bimbo nel passeggino».
Davide.
«Un po’ mi arrabbiai: mi avevano rubato un figlio, a me che non ne volevo! Il tribunale mi impose il test del Dna. Mentre andavo a Roma, chiamai Gabriella: “Siccome dici che il tuo bambino è mio, e sto andando a fare il test del Dna, se vuoi lo facciamo pure noi…”. Ma Gabriella disse di no. Comunque feci questo test, e con mio grande stupore risultò che il padre di Davide ero io. Così lo riconobbi, e versai 5 milioni al mese per il mantenimento. Mi sfogai con l’avvocato Gatti, che mi consolò: “È un miracolo, sapesse signor Rossi la fatica che ho fatto io…”».
Vasco Rossi: “Dal test del Dna la scoperta”
Poi il test del Dna l’ha fatto anche per il secondo figlio, Lorenzo.
«Mi chiamò Gabriella, cui ho sempre voluto bene, per dirmi che il ragazzo ci teneva. Venne fuori che era mio pure lui. L’avvocato Gatti esultò: “Un altro miracolo!”».
Poi però lei si è innamorato davvero, di sua moglie Laura.
«Tentai due volte di mandarla via. La prima volta la trovai sette ore dopo, fuori dalla sala d’incisione; non si era mossa da lì. La seconda la trovai fuori di casa, seduta sulla valigia. Pensai che sarebbero venuti i carabinieri ad arrestarmi di nuovo; e me la ripresi. La verità è che l’ho amata dal primo momento in cui l’ho vista. Una passione travolgente».
[…] Lei è considerato un simbolo dell’individualismo degli anni 80.
«Non ho mai detto “sono solo io”. Ho detto: “Siamo solo noi”. Facevo il dj in discoteca, ma quando uscì “La febbre del sabato sera”, non andai neppure a vederlo: un’americanata, una pagliacciata. Negli ambienti intellettuali si stupiscono ancora che Vasco Rossi abbia un pubblico così numeroso e straordinario. Non hanno mai capito molto le mie canzoni. Forse perché le ascoltano con il cervello, mentre io le scrivo con il fegato. Per fortuna la musica non ha bisogno di filtri, arriva dritta al cuore».
È vero che agli inizi era in ansia prima di salire sul palco?
«Ansia? Ero terrorizzato! Ogni sera mi violentavo per salire sul palco. Infatti dovevo bere per farmi coraggio, arrivare quasi ubriaco…».
Ubriaco?
«Diversamente lucido. Poi mi sono detto: non stanno chiamando me; stanno chiamando Vasco Rossi. Prima non mi divertivo sul palco, e cercavo il divertimento dopo il concerto. Adesso mi concentro del tutto sul presente. E dopo il concerto mi faccio una doccia e vado a dormire. Io non ho una vita normale, non posso mai andare da nessuna parte; ma il palco mi ripaga di tutto».
Vasco Rossi: “Io sionista? Vi spiego”
[…] Lei è mai stato comunista?
«Mai. Ero anarchico. Poi mi sono riconosciuto nelle battaglie di Pannella per i diritti civili. Solo in fatto di tasse sono un po’ comunista…».
Se difende le tasse, la insulteranno più che per la difesa di Israele.
«Non pagare le tasse è una vergogna. Io sono italiano, fiero e orgoglioso di esserlo, e ho voluto mantenere la residenza in Italia. Voglio e debbo versare tutte le tasse al mio Paese. Se guadagno, vuol dire che posso pagare. Sono favorevole anche a un’imposta sul patrimonio: chi ha di più deve dare di più. E dovrebbero pagare le tasse pure le multinazionali, a cominciare dai padroni della Rete».
[…] La Meloni come la trova?
«È certamente simpatica, adesso sono tutti un po’ innamorati. Ma per decenni ha detto cose assurde, vergognose, irresponsabili. Che non si cancellano».
La Meloni ha vinto le elezioni.
«Vero. Ora forse le vince pure Trump. La verità è che la democrazia funziona solo con una popolazione informata in modo plurale e possibilmente non strumentale. E comunque resta il miglior sistema che per ora abbiamo a disposizione».
Da dove nasce la rivalità con Ligabue?
«Nessuna rivalità. Una montatura dei giornali».
E con Lucio Dalla che rapporto avevate?
«Bellissimo; ma non appartenevo alla sua parrocchia. Una volta venne a pranzo da me a Zocca con Gianni Morandi, per vedere se potevamo fare una cosa insieme. Al momento di ripartire mi disse: “Noi due insieme forse potremmo aprire dei negozi in centro a Bologna”».
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