Spento il gene del colesterolo alto: la svolta da uno studio italiano. Un team di ricercatori tutto italiano ha spento il gene del colesterolo alto. La scoperta arriva da uno studio condotto sui topi a cui i ricercatori non hanno modificato la sequenza del Dna, ottenendo anche un risultato duraturo. Stando ai risultati, pubblicati sulla rivista Nature, l’effetto è rimasto attivo per circa un anno, cioè fino a quando l’esperimento non è stato concluso.
A guidare la ricerca, l’Istituto San Raffaele Telethon per la Terapia Genica di Milano, e vi hanno partecipato anche l’Università del Piemonte Orientale, l’Istituto di Tecnologie Biomediche del Consiglio Nazionale delle Ricerche di Segrate, oltre all’Università Vita-Salute San Raffaele di Milano. Questa rappresenta la prima sperimentazione dell’efficacia a lungo termine di tale tecnica, aprendo la possibilità di applicarla ad altre patologie.
Il team guidato da Angelo Lombardo ha dedicato la propria ricerca al gene Pcsk9, fondamentale nella regolazione dei livelli di colesterolo nel sangue. Alcune varianti di questo gene sono associate all’ipercolesterolemia familiare, una rara malattia genetica che aumenta il rischio di infarti e ictus anche in giovane età. “In alcuni pazienti con la malattia, il gene è più attivo del normale e questo fa sì che le cellule del fegato non riescano a catturare in maniera efficiente il cosiddetto colesterolo ‘cattivo’, o LDL: la conseguenza è un innalzamento dei livelli di colesterolo”, spiega Lombardo.
La differenza con i sistemi precedenti
Esistono terapie che mirano a inattivare il gene intervenendo direttamente sulla sequenza del DNA. Questo approccio ha ottenuto successi, ma preoccupa per il rischio di mutazioni indesiderate. Un’alternativa promettente è la modifica dell’epigenoma, piccole molecole che regolano l’espressione genica senza alterare il DNA. Nell’innovativo approccio italiano, il team ha utilizzato molecole incapsulate in nanoparticelle simili a quelle dei vaccini anti-Covid, viaggiando nel sangue fino al fegato.
Una sola somministrazione ha silenziato con successo il gene Pcsk9 nei topi, rappresentando un passo cruciale verso l’applicazione clinica. “Abbiamo effettivamente confermato che Pcsk9 viene spento in modo stabile e a lungo termine”, afferma Martino Alfredo Cappelluti, primo autore dello studio.
Il successo ottenuto offre nuove opportunità, aprendo la strada allo sviluppo di farmaci basati sul silenziamento epigenetico per trattare l’ipercolesterolemia, sia di origine ereditaria che acquisita, quest’ultima più diffusa.
“Rispetto ad altri trattamenti pur innovativi, questo approccio potrebbe avere numerosi vantaggi, poiché si tratta di una terapia da effettuare una sola volta nella vita, che non modifica la sequenza del Dna (con tutti i rischi che questo potrebbe comportare) e con effetti potenzialmente reversibili. Inoltre, la dimostrazione della sua efficacia apre la strada a terapie per altri disturbi che coinvolgono il fegato, come l’epatite B, ma anche altri organi, come il sistema nervoso centrale”, le parole di Lombardo riportate da Ansa.
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