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Leo Gullotta: “Scartato da una fiction Rai perché gay. Fino a 30 anni ero etero. Al Sud nessun pregiudizio”

Leo Gullotta: “Scartato da una fiction Rai perché gay. Fino a 30 anni ero etero. Al Sud nessun pregiudizio”. Leo Gullotta scartato da una fiction Rai perché gay, è lo stesso attore siciliano, 78 anni, a raccontare l’episodio, insieme ad altri aneddoti, in una intervista a ‘Il Corriere della Sera’. Ve ne proponiamo alcuni passaggi.

[…] Lei è nato a Catania, ultimo di sei figli.
«Sono cresciuto in un quartiere popolare, papà pasticcere ci ha mandati tutti a scuola. Era un operaio, fu lui a portare la Cgil a Catania, per questo sono cresciuto attraversato da principi civili e sociali. Papà ha iniziato a ripetermelo quando avevo 4 o 5 anni ed è andato avanti per parecchio tempo: devi rispettare tutte le persone che hai davanti».

Sua mamma?
«Era una casalinga, un generale, una classica rappresentante di quello che è stato sempre nel nostro Paese il matriarcato: era quella che mandava avanti la casa, pensava ai sei figli, alla scuola, a tirare dritto, a fare risparmi».

Guardi che in Italia c’è il patriarcato…
«È un trucchetto. Sappiamo che l’Italia storicamente è stata guidata dal matriarcato, anche nelle rivoluzioni. Bertolucci in quel film meraviglioso che è Novecento ha raccontato benissimo l’attenzione delle donne verso i propri diritti».

Le donne sono più coraggiose degli uomini?
«Assolutamente sì, i maschietti sono sempre stati boriosi, hanno sempre voluto il comando, il potere, una parola che li affascina, ma poi…».

Leo Gullotta: “Fino a 30 anni ero etero. Al Sud nessun pregiudizio”

Cosa vuol dire nascere in un quartiere popolare nell’Italia del Sud degli anni Cinquanta?
«La vita ti si presenta prima, quindi cresci più velocemente, questa è l’impronta più forte. Negli anni Cinquanta in una città come Catania non c’era nulla per noi ragazzi, ma io ero un bambino curioso. La curiosità mi ha avvicinato al teatro, comprai un biglietto a 500 lire senza sapere per cosa e vidi uno spettacolo meraviglioso, l’Adelchi di Manzoni con Vittorio Gassman. Fu una fascinazione improvvisa e immediata».

Non aveva il sacro fuoco del palcoscenico?
«No, nacque per caso. Fu sempre la curiosità a spingermi a frequentare una scuola di teatro rivolta agli universitari, ma io mi infilai lo stesso. Lo spettacolo di fine corso fu visto da Mario Giusti, il grande direttore che ha inventato e poi diretto lo Stabile di Catania per 30 anni».

Da Pirandello al Bagaglino, da Shakespeare a Pippo Franco, da Sciascia a Valeria Marini: come si possono mettere insieme cose così lontane?
«Questo deve fare l’attore: è il mio lavoro, bisogna conoscere la commedia, il dramma, il varietà; è il mio compito di mestierante. Al Bagaglino non si passava il tempo tanto per farlo passare, si lavorava tanto. C’erano il grande Oreste Lionello, c’era Pippo Franco, stiamo parlando di professionisti eccellentissimi. Con quella trasmissione che in 20 anni ha avuto ascolti impensabili ho avuto il piacere di entrare nelle case degli italiani. E ne sono felice, perché è anche così che si comunica con il pubblico».

[…] Lei ha vinto anche l’Oscar.
Ride. «Praticamente si, con “Nuovo Cinema Paradiso” di Tornatore, conservo ancora il bellissimo telegramma che ho ricevuto da parte del produttore: un pezzettino di questo Oscar è anche tuo».

Leo Gullotta: “Scartato da una fiction Rai perché gay”

[…] La pugnalata peggiore?
«Quando in un Paese democratico come l’Italia mi sono sentito dire: no guarda, tu non lavori con noi perché sei omosessuale. Quell’episodio mi fece molto male. Durò un pomeriggio, cominciai a protestare, ad alzare il ditino: era sbagliato, volevo che me lo dicesse in faccia chi lo aveva deciso. Ma la mia domanda veniva sempre elusa: la colpa era sempre di qualcun altro. I diritti sono arrivati, ma moltissimo si deve ancora fare, non solo per gli omosessuali».

Il riferimento è alla fiction della Rai su padre Pino Puglisi, era il 2012.
«In quel momento Puglisi era in odore di beatificazione e un funzionario Rai ebbe paura che lo mandassero via perché un personaggio del genere non poteva essere interpretato secondo lui da un omosessuale. Alla Chiesa però non interessa assolutamente nulla di tutto questo, ho fatto tanti personaggi in abito talare e la Chiesa non mi ha mai detto nulla».

Nel 1995 rivelò di essere omosessuale.
«Ero alla conferenza stampa di presentazione del film di Christian De Sica “Uomini, uomini, uomini”, storia di quattro omosessuali borghesi. A un certo punto un giornalista mi chiese se ero omosessuale. Risposi: Sì. Perché? Mi dica. Rimase zitto. Ma tutto questo fece molto scalpore. Oggi abbiamo fatto qualche passo avanti per fortuna».

Ha sempre saputo di essere omosessuale?
«Fino ai 30 anni ho vissuto una vita eterosessuale, poi ho capito che la cioccolata non mi piaceva più: desideravo la crema, e così ho fatto».

Essere cresciuto al Sud, in provincia, ha in qualche modo influito in questa scoperta «tardiva»?
«No, non ho mai avuto pesi di nessun genere. Ho vissuto un’infanzia e un’adolescenza tranquille, serene. Certo, non per tutti è così, in provincia tanti soffrono».

Con questo governo teme una regressione?
«Dio ce ne scampi e liberi… Viva l’Italia antifascista».

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