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Manuela Arcuri: “Tinto Brass mi voleva per Monella, rifiutai per un motivo. Io sposa in abito bianco, ho voluto la tradizione”

Manuela Arcuri: “Tinto Brass mi voleva per Monella, rifiutai per un motivo. Io sposa in abito bianco, ho voluto la tradizione”. Manuela Arcuri su Tinto Brass e la proposta per Monella, la carriera e non solo, l’attrice ciociara, 46 anni, si racconta a cuore aperto in una intervista a “Il Corriere della Sera’. Ve ne proponiamo alcuni passaggi.

[…] Lei è stata la ragazza più desiderata d’Italia.
«La rivista People nel 2002 mi inserì (prima italiana) nella classifica delle dieci donne più belle del mondo. Avevo 23 anni. L’anno prima ero la più cliccata dagli italiani su Internet. Playboy mi dedicò un servizio di 52 pagine. A Porto Cesareo misero la mia statua: messa, rimossa per violazione del paesaggio, restaurata, non so che fine abbia fatto».

I ragazzi avevano paura di corteggiarla?
«Eccome, mi sentivano inarrivabile. A un fidanzato dissi: ti concedo una seconda chance. Lo adottai come metodo. Poi c’era chi dovevo tenere a bada, mai situazioni pesanti, tranne un ragazzo che partiva dalla Sicilia e stazionava davanti casa a Latina. Gli diedi il telefono: errore, dovetti cambiarlo. Non lo denunciai, all’epoca non si usava. Mi è capitato anche di corteggiare uomini, ridevo, scherzavo, il meglio di me».

La storia con l’arabo?
«Famiglia di petrolieri. Mi aveva visto su una rivista».

La scelse da un catalogo?
Ride: «In estrema sintesi, sì. Mi fece cercare dagli scagnozzi che lo aiutavano per hotel e spostamenti. Ci incontrammo a Saint Tropez. Era carino, simpatico, iniziò piano la storia, io mi presentai con un’amica. Era un bell’uomo sui 35, in Italia vestiva all’europea, quando andammo a Dubai era un arabo. Sarei dovuta diventare la sua terza moglie. Non poteva durare. Aprii gli occhi, la favola finì».

Manuela Arcuri: “Tinto Brass mi voleva per Monella”

[…] La sua famiglia d’origine?
«Sono nata ad Anagni. Una ciociara cresciuta a Latina, papà calabrese, tecnico in fabbrica; mamma di Avellino, insegnante elementare».

Lei che mamma è?
«Apprensiva. Mi sono presa del tempo per stare con Mattia. Con Giovanni, mio marito, c’è complicità. La prima volta ci siamo sposati a Las Vegas, il cerimoniere parlava un inglese stretto e non capivo nulla, chissà cosa ho detto. Un anno e mezzo fa ci siamo risposati al Castello Odescalchi di Bracciano, io in bianco, ho voluto la tradizione».

[…] Che effetto le fa debuttare al festival di cinema più serio, rigoroso, cinefilo…
«Sono orgogliosa. Ho fatto un altro percorso, ma sono sempre stata attrice, non showgirl. Ferreri, Verdone, Pieraccioni, Salemme… Poi le fiction, anzitutto Carabinieri, e la tv mi rapì: i militari veri mi chiamavano collega. Ho fatto quella serie nel primo anno in cui le donne potevano diventarlo. Vent’anni fa la divisione cinema-fiction era più netta. Si sgomitava di più, oggi campi e possibilità sono maggiori. Ho vissuto pregiudizi, dicevano se sei bella non puoi essere brava. Non si dice più: all’epoca era legge».

Sognava Almodóvar?
«Sì, fare un film col primo Almodóvar, colorato, pittoresco. Il rimpianto è Il postino con Troisi, feci le prove costume ma ero troppo piccola. Dissi no a Tinto Brass per Monella, ero minorenne, mi vergognavo, non sapevo nemmeno cosa volesse. Sono semplice, e meno maggiorata in tutti i sensi».

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