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Spettacolo

Carla Fracci, il figlio Francesco Menegatti: “Malattia? Non ne parlava per un motivo. Si stupiva che le persone la riconoscevano”

Carla Fracci, il figlio Francesco Menegatti: “Malattia? Non ne parlava per un motivo. Si stupiva che le persone la riconoscevano”. Carla Fracci, il figlio Francesco Menegatti parla della celebrer e indimenticabile regina della danza e del docufilm che sarà al Cinema dal 13 al 15 novembre in una intervista a ‘Il Giornale’. Ve ne proponiamo alcuni passaggi.

Francesco Menegatti, la vostra più che una casa-bottega era una casa-officina.
«Ricordo i massaggiatori, la serie di strumenti attorno al letto di mamma, la porta che si chiude perché iniziano le operazioni di manutenzione. Anche io ogni tanto ho usato le mie mani sulle gambe e la schiena di mia madre, forse era un espediente per appropriami di qualche suo spazio».

Un’esistenza anche di dolori fisici quella di Carla Fracci.
«Mai sentito, però, un lamento, neppure durante la malattia. Penso abbia inciso l’approccio alla sofferenza che viene inculcato alle ballerine».

Non ha mai esternato neppure il male che se l’è portata via. Questione di pudore?
«Mamma era estremamente riservata».

Era credente?
«Molto. In questi giorni sicuramente mi avrebbe chiesto di portarla alle celebrazioni per i defunti. Guai a perdere le funzioni di Pasqua o di Natale».

[…] Da alcune scene del film, si direbbe che la sua sia stata una famiglia allegra.
«Mah… Allegra non direi, semmai molto colorata, c’era un bel casino in casa, gente che andava e veniva».

Carla Fracci, il figlio Francesco Menegatti: “Malattia? Non ne parlava per un motivo”

Quando ha capito che sua madre era un mito, a che età?
«Quando è stata posta vicino a Alessandro Manzoni, nel Famedio del Cimitero di Milano».

[…] Che sguardo aveva per lei, figlio? Era facile all’abbraccio, fisica?
«Fisica sì, ma alla milanese, un po’ distante e un po’ vicina: un mix. Sguardo fatto di occhi neri al punto che non riuscivi a capire se la pupilla fosse dilatata».

[…] Cosa rappresentava per lei il 7 dicembre alla Scala? Non mancava una inaugurazione.
«Un ritorno a casa, un momento di ricongiunzione con l’ambiente che l’aveva vista crescere e al quale aveva dato tutto quello che aveva. Alla prima del 2014, con Fidelio di Beethoven in scena, l’accompagnai io anziché papà. Andammo anche alla cena del dopo-prima. Fuori c’erano i poliziotti antisommossa che nel vederla la salutavano, e lei ancora si stupiva che le persone la riconoscevano».

A quando un progetto a lunga scadenza alla memoria di Carla Fracci?
«Ci sto pensando. Vorrei fare qualcosa che resti, una Fondazione o un’accademia per talenti, o entrambe, qualcosa che attraverso il nome di mamma possa fare qualcosa per gli altri».

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