Figli adolescenti irruenti, è colpa dei genitori?
“Mio figlio adolescente irruento… è colpa mia”
Oggi rispondiamo ad una mamma-lettrice della nostra rubrica che in privato ci chiede di non riportare in alcun modo il testo inviatoci, e noi rispettiamo la sua volontà dedicandoLe queste righe, sperando Le siano di chiarimento.
Il Suo conflitto interiore ha a che fare con un enorme senso di colpa rispetto alle insicurezze del figlio quattordicenne e la sua cattiva condotta a scuola a causa delle sue ‘prese di posizione’, i suoi ‘exploit’ (come lei li definisce). Ci racconta di non riuscire a dedicare un tempo congruo per stargli accanto durante i compiti a casa oppure nel tempo libero del sabato.
Iniziamo con un po’ di psico-nozioni.
In psicologia clinica non esistono risposte certe. Nessi causali. Ovvero, non è possibile stabilire che A è stata causa di B ma il ragionamento più opportuno da fare inizia con i termini: “…potrebbe darsi che, molto probabilmente è accaduto questo… etc”. Ovvero, si adotta sempre e comunque un ragionamento di tipo probabilistico.
Questo perché numerose sono le variabili che intervengono nello sviluppo di un individuo: familiari, relazionali, contestuali/culturali e non da ultimo individuali che rendono quella persona unica, originale e senza eguali. Se un tempo dunque si riconosceva una responsabilità esclusivamente materna nello sviluppo di alcune patologie come ad es. la schizofrenia o le sindromi dello spettro autistico (le cd. ‘madri frigorifero’), oggi l’approccio teorico allo studio delle cause dei disturbi psichici (e di tutta la psicopatologia in generale) è orientato verso una visione ‘sistemica’ della persona.
In altre parole, la persona viene vista come un ingranaggio all’interno di un sistema dove tutte le sue parti funzionano all’unisono. Se uno di essi subisce un cambiamento, un collasso o una pressione, inevitabilmente tutte le altre parti ne risentiranno. Dunque, non uno specifico ingranaggio (mamma, papà, nonno/a, amici, pregiudizi culturali, gruppo dei pari) ma tutti possono determinare una influenza sugli altri.
Torniamo alla nostra mamma in pena. Ne consegue che non possiamo imputare una responsabilità esclusiva alle sue buone pratiche educative o meno, poiché non è certa nessuna correlazione lineare. Rispetto all’età del figlio in questione, l’adolescenza, vale la pena ricordare la sua connaturata dimensione di ‘crisi’ che l’accompagna caratterizzandola come ‘l’età del cambiamento’. Quest’ultimo non è mai veloce, semplice né privo di ripercussioni sulla famiglia.
Se il figlio non è pronto ad entrare immediatamente nella dimensione ‘adulta’ men che meno lo è il genitore che per la prima volta intravede negli occhi del figlio uno ‘sguardo divergente’, che non è più quello del piccolo di casa ma neanche dell’uomo in grado di fronteggiare un discorso sulla responsabilità della vita.
L’esigenza di comunicare all’interno del nucleo familiare la propria ‘diversità di opinione’ da parte dell’adolescente a volte si serve dell’aperto conflitto, dell’aspro disappunto, di un’alzata di voce. Una voce che, di fatto, non si era mai sentita prima perché si confondeva con quella di papà e mamma, si lasciava domare dalla guida genitoriale che d’improvviso… diventa un’invadenza, uno scoglio, un punto di vista da mettere necessariamente in discussione. Niente di più sano!
Sentirsi in colpa perché un figlio quattordicenne ‘diverge’ dal proprio modo di guardare la vita (il proprio stile educativo da sempre seguito), allora, diventa un inutile investimento emozionale, uno spreco di energia, una forma di autocondanna deleteria senza capi di imputazione se non quello di aver educato una persona all’uso del pensiero, che ora dimostra di padroneggiare apertamente e perciò sembra ‘diverso’.
Pare quasi di avere ‘un estraneo in famiglia’. Vero! Un estraneo o per meglio dire un ‘esterno’ [der. del latino extraneus: estraneo, esterno] poiché questa volta i suoi riferimenti sono collocati ‘fuori’ dalle mura rassicuranti di casa, nel gruppo dei suoi amici, nella sua squadra di calcetto o nei suoi idoli musicali. Uno ‘fuori di testa’ diremmo volentieri!
Tuttavia dalla parte del genitore si affacciano i dubbi sul proprio operato, i ricordi rispetto a come essi stessi sono stati a loro volta educati, il senso di colpa per non ‘poter fare le stesse cose, usare gli stessi sistemi’… insomma ci si impegna da entrambi i lati nella ricerca di un riferimento sicuro che lasci respiro alla certezza di essere nel giusto. Qui risiede il terreno comune, la base che contiene l’impegno da entrambe le parti. La risposta è proprio qui, nell’intenzione ad ascoltare le esigenze di entrambe le parti anche se la modalità scelta talvolta è irruenta e perturbante.
Favorire l’espressione di un Vero Sé piuttosto che reprimerlo garantiranno lo sviluppo di un sana espressione emozionale, l’emergere della personalità, di una identità che al termine di questa ‘furiosa’ fase di transizione adolescenziale risulterà sempre più definita. Sulla base di queste brevi considerazioni restituiamo alla nostra mamma il merito di aver deciso di saperne di più confidandosi con noi e ci auguriamo che attenui le Sue ansie rinunciando di tanto in tanto a coltivare il sentimento distruttivo del senso di colpa.
Dr.ssa Maria Pirozzi
Se avete un quesito da sottoporre alla rubrica “Psico Pillole – rubrica di InFormazione psicologica” a cura della dott.ssa Maria Pirozzi e del dott. Carlo Paone, potete inviare una mail all’indirizzo redazione@brevenews.com specificando nell’oggetto SEZIONE PSICOLOGIA. Le mails pervenute saranno pubblicate in forma anonima o con la firma dell’interessato qualora essa venga apposta in calce al documento.
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