Carlo Verdone: “Flirt? Io il perdente che si riscatta, non il conquistatore. Con Yoko Ono follie per un quadro”. Carlo Verdone, i flirt, Yoko Ono e non solo, l’attore r regista romano, 72 anni, ripercorre alcune tappe della sua vita privata e professionale in una intervista a ‘Il Corriere della Sera’. Ve ne proponiamo alcuni passaggi.
Non voleva diventare attore?
«No. Me la cavavo bene al teatro universitario. Nel 1970 sono entrato nell’opera dei burattini di Maria Signorelli: davo la voce ai pupazzi in spettacoli per bambini e poi per adulti. Ma mai nella vita mi sarebbe venuto in mente di mettermi sul palcoscenico e affrontare il pubblico, io che ero così timido, fragile anche. Non ero così convinto di avere questo talento».
Dice davvero?
«Sì, l’unica che me l’ha sempre detto era mia madre, la mia più grande sostenitrice. Ma la cosa non mi quadrava tanto. Non bastasse pensavo fosse un lavoro molto complicato, precario. Quando ho iniziato a raccogliere i primi consensi mi sono meravigliato ma ho iniziato a intuire che dentro me c’era un potenziale».
Non si sognava attore ma già amava il cinema: che effetto le faceva essere a scuola il vicino di banco di Christian De Sica? Incontrare suo papà doveva fare un certo effetto, no?
«Eccome. E l’ho incontrato diverse volte, a casa sua. Era una persona molto autorevole, mi faceva impressione dopo aver visto i suoi film… chi se lo sarebbe mai immaginato, allora, che io e Christian saremmo diventati parenti (è suo cognato) e che il mondo sarebbe andato per me in questa direzione? All’epoca se fossi diventato un documentarista mi sarebbe andato benissimo: ho fatto il centro sperimentale per quello, poi tutto è cambiato».
Carlo Verdone: “Flirt? Io il perdente che si riscatta, non il conquistatore”
Ed è arrivato il grande successo.
«Per me è stato molto difficile dal punto di vista della stabilità: mi sono trovato improvvisamente proiettato in un mondo che mi stava portando ad essere riconosciuto da tutti e per questo sempre abbordabile: chiunque mi indicava, anche quando camminavo per strada. Questo mi spaventava, mi ha creato anche molti problemi all’inizio».
In che senso?
«Ho vissuto un anno molto difficile dal punto di vista dell’equilibrio nervoso. Ho cominciato ad avere delle debolezze, degli attacchi di panico abbastanza penosi. Sono durati poco, devo dire. E ce l’ho fatta da solo a uscirne, senza l’aiuto di farmaci ma con quello di un bravo psicanalista. Mi aveva detto: “Non c’è niente da analizzare, qui il mondo per te sta cambiando e tu hai paura. Ti devi mettere alla prova, soffrire qualche mese. Piano piano, troverai la strada”. È andata così, ma è stato faticoso all’inizio perché non era il mio obiettivo, non era preventivato. Mi era esplosa un bomba tra le mani. Solo poi mi sono reso conto che avevo delle qualità».
[…] L’amore è un altro tema costante dei suoi film. Come mai?
«Sono molto discreto, è un argomento che non tocco mai direttamente ma è fonte d’ispirazione. Ci deve essere sempre in qualche maniera, vuoi che sia una batosta o un successo, ma come si vive senza amore? Non ho più l’età per fare il ruolo di un super innamorato, sarei ridicolo, ma cerco di raccontarlo in maniera umana, vera, ironica. Personalmente, più vengo messo in difficoltà e più trovo spunti comici. Ho spesso interpretato il perdente che poi si riscatta, non posso fare certamente il conquistatore».
Negli anni avrà avuto senza dubbio l’occasione per farlo, no?
«Non sono mai stato uno sulle riviste per i miei amori… qualche volta mi hanno attribuito flirt con qualche attrice, quasi sempre non veri. Quando si parla di conquiste bisogna anche vedere se uno si fa trovare disponibile… io magari ero appagato o solamente non avevo voglia. Di certo non ho sperimentato come tanti miei colleghi che fanno la collezione delle figurine. Io non l’ho mai fatto».
Carlo Verdone: “Con Yoko Ono follie per un quadro”
[…] Non si sognava attore, ma musicista?
«No, no. Sono un grande ascoltatore, un grande spettatore e un grande fan ma il lavoro del musicista è super faticoso, si dorme poco e io già dormo poco di mio. Ho avuto la fortuna di conoscere molti dei miei miti. Mi è dispiaciuto non aver mai parlato con i Beatles che però ho visto dal vivo. Anni fa, poi, una mia amica gallerista aveva esposto delle opere di Yoko Ono. Un quadro mi piaceva in maniera particolare: era stato dipinto il giorno dopo la morte di Lennon, in un momento di profonda depressione. Dissi alla mia amica che lo volevo comprare, ma Yoko Ono non lo voleva vendere. Dopo qualche anno tornò con una mostra di installazioni. Dissi alla mia amica: “Tu le devi dire che io sono stato un grande ammiratore del marito e – glie l’ho buttata -, dille che ho amato in modo particolare Double Fantasy , il disco in cui cantava con lei, dille che è un capolavoro”. Glielo ha detto e Yoko Ono ha risposto: “Se ci vuole così bene, va bene, glielo vendo”».
E lei?
«Ho detto alla mia amica: “Sì, mo me devi dire quando vuole però”. Lasciamo perdere va’ a quel punto l’ho preso comunque».
[…] È credente?
«Rincorro continuamente la fede, la perdo, la riacchiappo, la riperdo. Ma poi la fede che cos’è? La fede è rincorrerla. I cattolici di professione sono le persone più aride e dogmatiche in assoluto ma la fede è una gran fatica: è una lotta, ma è giusto così». A che punto è della lotta? «Io penso che potrebbe essere più semplice di quanto pensiamo. Ho l’idea che il film più bello della nostra vita debba ancora arrivare e arriverà quando non avremo più questa carcassa addosso. Nulla nasce dal nulla, dai. Se no sai che fregatura».
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