Renato Zero: “Ultimo è la mia seconda vittoria. Raccomandazioni? Mai chieste per un motivo”. Renato Zero su Ultimo e non solo, il cantautore romano, 72 anni, parla dell’incontro con il giovane collega rivelando anche alcuni retroscena in una intervista a ‘Il Corriere della Sera’. Ve ne proponiamo alcuni passaggi.
«Quando era nella fase dei provini, alla ricerca di un produttore discografico, gli ho dato dei consigli. Nelle sue canzoni c’era sostanza. Avevo già prodotto dei giovani, però i risultati non erano mai positivi perché la mia presenza era talmente ingombrante che invece di fargli un regalo gli facevo un torto. L’ho benedetto da lontano, gli ho spedito la mia energia via etere, mi pare che abbia funzionato».
Si rivede in Ultimo?
«Sono nato in una Roma nobiliare, dove giravano i Torlonia e gli Odescalchi, i grandi signori, un popolo eletto. Quando ci hanno sfrattato per mandarci nella borgata ho capito che mi trovavo meglio. Anche Niccolò arriva dalla periferia, una palestra dove ci si fanno i muscoli veri e si rinforza il talento. A questo ragazzino minuto non veniva prestato grande interesse, è una condizione che ho vissuto pure io, amplificata per un milione, perché mi mostravo con tutto il mio corredino di piume e paillettes: per 24 ore al giorno, ero il cenerentolo che doveva subire osservazioni e apprezzamenti. Credo che anche lui abbia vissuto la stessa ansia e la stessa voglia di riscatto. La sua è la mia seconda vittoria».
Renato Zero: “Ultimo è la mia seconda vittoria”
Ultimo le aveva chiesto un aiuto per Sanremo Giovani e lei ha rifiutato.
«L’Italia brilla di geni e grandi figure, ma si perde dietro alla raccomandazione, ai mezzucci per guadagnare un posto in classifica. Quando arrivai secondo a Sanremo, mi chiesero che effetto mi facesse. Io: “Secondo Matteo, secondo Luca, nel Vangelo sono arrivati tutti secondi pensa che gran regalo ho ricevuto oggi”. La forza di noi artisti è guadagnarci il pane, convincendo gli altri a sceglierci. Per questo a Ultimo ho detto: “Non ti farei un favore ad aiutarti e non me lo farei nemmeno io”».
E lei? L’ha mai chiesta una raccomandazione?
«La mia preoccupazione era di stabilire contatti fondamentali per la mia crescita: la cena con Indro Montanelli a Montecarlo, l’amicizia con Sophia Loren, Armando Trovajoli, Ennio Morricone. Federico Fellini mi fece lavorare in tre film, di notte, per farmi guadagnare il doppio. Ero stato graziato dal destino con frequentazioni che non mi sarei mai sognato, figuriamoci se andavo a chiedere altro».
A chi la prendeva in giro, urlando «è arrivata la sposa» offriva il cappuccino.
«La mia gentilezza era inaspettata e spiazzante perché venivo dalla scuola del Sacro Cuore di Trinità dei Monti. E i coatti me li dovevo fare amici perché con loro avrei condiviso le mie giornate. Poi sono diventati il mio scudo».
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