Giovanna Mezzogiorno: “Mia sorella cresciuta in Usa da coppia gay. Italia razzista, un aspetto è terribile”. Giovanna Mezzogiorno sulla sorella cresciuta in Usa da una coppia gay, e non solo, l’attrice 49enne tocca un tema molto caldo in una intervista a ‘Il Corriere della Sera’. Ve ne proponiamo alcuni passaggi.
[…] «Non sono radicata da nessuna parte e mi va benissimo così. Sono una persona che ovunque va sta bene. Una cosa che ti dà immense possibilità. Non sono una che parte da un posto piangendo perché sa che non potrà più stare lì. Da quando avevo 8 anni e mezzo questa cosa non mi appartiene. E mi auguro che i miei ragazzi crescano così: importante è il mondo, le persone diverse da noi. Sì, onestamente, per quello che vedo attorno, in questo senso penso di essere poco italiana. Sono una sradicata».
Da 12 anni una radice l’ha messa: è diventata torinese.
«In qualche modo mi si può definire così. E non mi dispiace, sa. È la città in cui sto da più tempo consecutivamente. A Roma, la mia Roma, di cui sono innamoratissima, ho vissuto 9 anni. Ma andando e tornando. Così a Milano, dove ho fatto il liceo. Due anni a Parigi a studiare nel laboratorio teatrale di Peter Brook. Ma solo Torino è città per bambini: li portiamo a Superga, in Val d’Aosta che è vicina, nei parchi cittadini sul Po. I miei figli ancora oggi si divertono con i bastoni e i sassi».
Giovanna Mezzogiorno: “Mia sorella cresciuta in Usa da coppia gay.”
E a quasi 12 anni non sanno cosa sia il cellulare.
«Lo avranno quando cominceranno a uscire da soli, l’arnese infernale. Per ora non lo fanno, quindi io e il loro papà non vediamo un motivo al mondo per cui dovrebbero averlo. Non lo chiedono, sa. Sebbene tutti i loro compagni ce l’abbiano, alcuni già dalle elementari. Finora li abbiamo protetti ma senza metterli sotto una campana di vetro. Sono andati sempre alla scuola pubblica, dalla materna alle medie. Siamo genitori molto attenti senza per questo essere speciali. Anzi, siamo sicuramente imperfettissimi. Ai posteri l’ardua sentenza se avrò fatto bene la mamma».
Di mamme si parla tanto in Italia, oggi. Mamme di famiglie arcobaleno, ad esempio.
«Ne so qualcosa» […] «Ho una sorella, Marina, di 15 anni più giovane. Ora vive anche lei in Italia ed è la mia migliore amica. Ci vediamo spesso, conosce i miei bambini. È figlia di una donna americana che ebbe una relazione con mio padre negli Usa a fine Anni 80. Andava e veniva dall’Italia già da piccola, la portava la nonna a trovare suo papà Vittorio. Bene, la mamma di mia sorella è bisessuale, si chiama Donna. Poco dopo la sua nascita ha vissuto in coppia per tantissimi anni con Jane, che io ho conosciuto.
Dunque mia sorella è stata educata e formata da una coppia gay. Marina è nata a Los Angeles, poi Donna e Jane si sono spostate a Seattle e lì lei è cresciuta in una famiglia perfettamente armonica, senza nessuna mancanza, con un’educazione rigorosa: Jane era una bella tosta. Marina poi è andata via di casa a 14 anni per frequentare il college sull’altra costa. Lì si usa così. Però a 14 anni uno è un po’ piccolino. A me è capitato di andarmene da casa a 19 e ripensandoci credo che anche a 19 si sia ancora piccoli. E qui torno improvvisamente italiana. Lo sono molto meno però quando penso al dibattito sull’infanzia nel nostro Paese».
Giovanna Mezzogiorno: “Italia razzista, un aspetto è terribile”
Che cosa non le piace?
«Tutto ciò che riguarda il mondo dell’infanzia mi lascia senza parole e andrebbe rivisto. Non solo per dare la possibilità a coppie omosessuali di avere e adottare figli con gli stessi identici diritti delle coppie eterosessuali. Trovo anche scandalosa la fatica che devono fare le coppie eterosessuali per adottare. In un mondo con milioni di bambini che hanno un bisogno incredibile di famiglia. Ci sono coppie che si arrendono a queste difficoltà. Folle, uno scandalo mondiale».
E per cosa l’Italia le piace?
«La gente è empatica, è un Paese in cui ancora gentilezza ed educazione hanno un valore. C’è tanto volontariato, persone che si sbattono per gli altri. E molta voglia di tenere viva la nostra cultura, uno zoccolo duro non demorde».
Zoccolo duro, dunque una minoranza…
«Nella maggioranza della popolazione siamo un Paese chiuso, sì. Conservatore e… la dico la parola? Purtroppo va detta: un pochino razzista. Non nel senso stretto del colore della pelle ma nell’atteggiamento verso l’omosessualità, verso chi la pensa diversamente, verso chi è lontano dalla cultura tradizionale cattolica. Io ai miei figli non ho trasmesso valori cattolici ma valori umani».
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