Alex Britti: “Io papà single, mi piace stare ai fornelli. Musica? È iniziato tutto dall’ossessione per un adesivo”. Alex Britti papà single e non solo, il cantante romano, 54 anni, si racconta ripercorrendo le tappe più significative della sua vita privata e professionale in una intervista a ‘Il Corriere della Sera’. Ve ne proponiamo alcuni passaggi.
La prima chitarra gliel’hanno regalata i suoi genitori.
«Al mio compleanno, avevo sette anni… non mi sopportavano più. Non gli davo pace. All’inizio l’hanno presa come un gioco, poi si sono preoccupati, alla fine si sono arresi e ora sono orgogliosi. La volevo perché ce l’avevano due fratelli che abitavano sul mio pianerottolo. Erano gli anni Settanta, girava l’adesivo di un hippie con i capelli lunghi, una specie di Rambo con una sei corde sulle spalle al posto del mitra. Lo appiccicavano sui vetri delle Renault 4. A quei tempi per i ragazzini era un mito. Per me si trasformò in un’ossessione».
In che modo?
«In prima media tutti i giorni andavo in classe con la chitarra. I professori chiamarono i miei: “Ditegli di mollarla o lo bocciamo”. Fui promosso. Ma in seconda dovevo consegnarla alla professoressa. E io, alla fine delle lezioni, mi piazzavo a suonare sul muretto di fronte alla scuola. Facevo il primo Bennato quello più incazzato, rivoluzionario. Gli insegnanti mi hanno pure lasciato esibire al concertino di fine anno. E poi m’hanno bocciato… ’sti maledetti (ride).
Nel frattempo avevo conosciuto un impresario che mi procurava contratti per piccoli live estivi. Andavo anche ai veglioni di Capodanno e di Carnevale, ormai era il mio lavoro. Volevo fermarmi alla terza media. Papà mi disse: “O studi o vieni in bottega”. Mi iscrissi al magistrale, frequentato soprattutto da donne. Mi hanno cacciato un mese prima della fine dell’anno: ero un pischelletto sveglio, con un capoccione di capelli lunghi e ricci, il motorino e l’inseparabile chitarra. La mattina manco entravo… organizzavo gitarelle con le ragazze. Era una scusa per non lavorare».
Funzionò?
«Con la formula del due in uno mi sono rimesso in carreggiata. Ho cambiato scuola, ragioneria. Comoda, era sotto casa: dormivo vestito, scendevo dal letto ed ero arrivato. Intanto avevano aperto il Big Mama, dove incontrai il primo vero musicista, Roberto Ciotti, un gigante del blues in Italia. Diventai il suo chitarrista. Ero bravino, je l’ammollavo, come si dice a Roma. Mi iniziarono a chiamare altri locali. Da lì ho iniziato a non dormire: tornavo alle 3 del mattino e alle 7 avevo le lezioni. Non so come, ho preso un diplomaccio con il 36».
Alex Britti: “Io papà single, mi piace stare ai fornelli”
Ai suoi genitori deve la passione per la cucina che l’ha portata a Celebrity MasterChef?
«Papà e mamma sono buongustai, a casa si mangiava tanto e bene. Vengo da una famiglia in cui il cibo è sempre stato importante e continua a esserlo. Mio padre a cena parlava già di quello che avremmo mangiato a pranzo e la sera del giorno dopo»
Come ha imparato a stare tra i fornelli?
«Con le note e il cibo sono un autodidatta. Rubo con gli occhi. A 13 anni chiedevo a mia madre: “Che ci metti dentro la carbonara, cosa usi per lo spezzatino?”. Ad Amsterdam vivevo a casa della cantante di Rosa King, la sassofonista. Che aveva un compagno di Aruba. Era una guerra. Quando non si andava in tour, una sera cucinava lui e una io. Ero bravino ma preparavo piatti romaneschi: matriciana e carbonara, carne e pesce. Mi insegnò a usare le spezie. Ricordo un baccalà con il sugo nel platano fritto, usato come cucchiaio. Per me, che non ero mai uscito dal Grande Raccordo Anulare, era una sorpresa. Poi ho imparato da una fidanzata belga e dalla zia di una dolcissima ragazza africana che viveva a Parigi. La signora preparava il cibo per terra, sopra a un telo, dove poggiava le ciotole con gli ingredienti».
A proposito di donne. Come va l’amore?
«Sono single da un pezzo. Attenzione però: sono un papà single».
La danno per sposato con la madre di suo figlio.
«Mai messo la fede. Ci siamo lasciati quando Edo aveva due anni, ora ne ha cinque. È un bimbo sereno, vive metà mese con me e l’altra metà con la mamma».
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