Jannik Sinner: “Cambio allenatore? Vi spiego i motivi. Ci sono sconfitte più preziose di tante vittorie”. Jannik Sinner sul cambio allenatore e non solo, il 20enne altoatesino considerato uno dei migliori tennisti della sua generazione, si racconta in una intervista a ‘Il Corriere della Sera’. Ve ne proponiamo alcuni passaggi.
Jannik alla sua età stupisce per la maturità e la non disponibilità a perdere. Si racconta che da bambino, in Alto Adige, battuto a calcio pianse per giorni.
«Ci sono sconfitte più preziose di tante vittorie: ti fanno male però aiutano a crescere, sono lezioni necessarie. È vero che quando gioco a tennis vorrei sempre vincere. A me quello che interessa è crescere di livello nel torneo: a Montecarlo, per esempio, anche se sono uscito nei quarti, mi sono piaciuto».
[…] Tra Montecarlo e Madrid, in vista degli Internazionali del Foro Italico a Roma, al via lunedì, una settimana di stacco. Qual è il suo concetto di riposo?
«Vacanze poche e corte, fin qui. Sono sempre stato un dormiglione: la mia giornata tipo di riposo è dormire fino a tardi, giocare con la Playstation e tornare a letto… La cosa che mi riposa di più in assoluto è tornare a casa da mamma Siglinde, papà Hanspeter e mio fratello Mark. Sento molto la natura e le mie montagne: con una passeggiata nel bosco sono in grado di recuperare mesi di stanchezza. Posso permettermelo di rado, però».
Jannik Sinner: “Ci sono sconfitte più preziose di tante vittorie”
Lo scorso marzo, alla vigilia dell’impegno di Davis contro la Slovacchia, è salito a Plan de Corones per una sciata con Lindsey Vonn. Come è andata?
«Benissimo! Sciare con lei era uno dei miei sogni. Io vengo dallo sci, slalom e gigante, di cui sono stato campione italiano junior. Da ragazzino mi piaceva Bode Miller ma incontrare Vonn è stato mitico: è arrivata a casa mia, siamo saliti insieme, ci siamo conosciuti».
Le ha chiesto qualche utile consiglio?
«È stato interessante capire come una campionessa affronta lo sport, ascoltare i sacrifici di una carriera, imparare dai suoi infortuni. Reputo le ore passate con Lindsey un privilegio».
[…] Perché dopo sette anni con Riccardo Piatti ha cambiato allenatore, Sinner? Squadra che vince, di solito, non si cambia.
«Mi sono buttato nel fuoco. A me sembra un gesto di coraggio».
Cosa cercava di diverso?
«Con Simone Vagnozzi sto di più in campo, privilegiamo la qualità sulla quantità, abbiamo alzato il livello. Ho sperimentato cose diverse, che prima non sentivo».
Può fare un esempio?
«È difficile da spiegare… Le cose più o meno sono sempre le stesse, ma Simone me le spiega diversamente, o perlomeno a me arrivano in modo nuovo. Parliamo di più».
Jannik Sinner: “Cambio allenatore? Vi spiego i motivi”
L’impressione è che, da teenager, a un certo punto abbia cominciato a starle stretta la disciplina di Piatti.
«Non dico che prima fosse sbagliato il lavoro che facevo, tutt’altro: con Riccardo per sette anni abbiamo fatto cose incredibili, lo ringrazio ancora. Se sono arrivato fin qui è proprio grazie alla base di lavoro che mi portavo dietro. Però, insomma, sentivo che un cambiamento era diventato necessario. Dopo un giorno con Simone mi sembrava di conoscerlo da vent’anni».
[…] Viviamo tempi difficili, Jannik. I superprofessionisti dello sport vivono in una bolla ovattata ma fuori c’è la guerra e il torneo più importante del mondo, Wimbledon, ha deciso di bandire russi e bielorussi per non dare visibilità e prestigio al regime di Putin. Giusto o sbagliato?
«Quello che sta succedendo in Ucraina è una tragedia: i miei pensieri sono con le famiglie di chi soffre, con i bambini coinvolti nel conflitto. A me dispiace per i tennisti russi, sono davvero triste per loro: a mio parere gli atleti non dovrebbero mai essere coinvolti nelle discussioni politiche. Spero che la guerra finisca e che tutto si risolva al più presto possibile. È un tema molto delicato, non saprei che altro aggiungere».
È vero che lo scorso gennaio, all’inizio della stagione in Australia, aveva pensato a Boris Becker (oggi in prigione per bancarotta fraudolenta) come super coach?
«È uno dei nomi che avevamo immaginato, gli altri non li dico. Per ora scelgo di fare le cose semplici: io, l’allenatore, il fisioterapista e il preparatore atletico. Nessun super coach; non è detto che non possa arrivare ma non è il momento».
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