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Aurora Ruffino si racconta: “Io cresciuta da nonne e zie. Da piccola ero una pazzerella che si innamorava di tutti”

Aurora Ruffino si racconta: “Io cresciuta da nonne e zie. Da piccola ero una pazzerella che si innamorava di tutti”. Aurora Ruffino si racconta, l’attrice piemontese protagonista della fiction Rai ‘Noi’, parla della sua vita privata e professionale in una intervista a ‘Tv Sorrisi e Canzoni’. Ve ne proponiamo alcuni passaggi.

Possibile che, dopo tanta serialità, viva questa esperienza con il nodo in gola come se fosse alla prima prova?
«Ho vissuto con fortissima emozione il primo ciak, ma anche adesso, quando vanno in onda le puntate, mi sembra di rivivere i momenti trascorsi sul set. Prima d’ora avevo interpretato solo ragazze giovani. Con Rebecca mi è capitata un’occasione rara e irripetibile: indossare i panni di una donna e seguirla nelle sue trasformazioni fisiche e psicologiche a 360 gradi in un percorso di vita che va dai 30 fino ai 60 anni. Per me è stato solo un privilegio».

Qual è stata l’età che ha fatto più fatica ad interpretare?
«Rebecca a 40 anni perché è un’età in cui non sei né carne né pesce, né giovanissima né molto adulta. Devo ringraziare il regista Luca Ribuoli che mi ha aiutato più volte a “mettere i paletti” quando sembravo e mi atteggiavo a donna più giovane. L’età in cui mi sono trovata piùa mio agio è stata quella dei 60 e non l’avrei mai detto. I reparti del trucco e parrucco hanno fatto miracoli aiutandomi a interpretare il personaggio con grande naturalezza. Quando mi vedevo allo specchio non avevo alcun imbarazzo».

E con una giovane donna alle prese con tre figli com’è andata?
«Ho quasi 33 anni e non sono mamma. Grazie a questa serie ho intrapreso un percorso personale che non mi aspettavo. All’inizio ho avuto, come Rebecca, una sorta di repulsione nei confronti della maternità. Poi alla fine delle riprese, dopo essere cresciuta anch’io con i miei figli, ho provato un grande desiderio di rimanere incinta. Insomma l’amore ha prevalso sulla sofferenza e sulla diffidenza iniziale».

Sarà contento il suo fidanzato?
«Lui vorrebbe avere subito dei figli (sorride)».

Aurora Ruffino si racconta: “Da piccola ero una pazzerella che si innamorava di tutti”

Girare le scene con i neonati sarà impegnativo e preoccupante per un’attrice…
«Sì, perché hai a che fare con degli esseri minuscoli, di pochi mesi. Ma c’è un aneddoto divertente. Quando io e Lino (Guanciale, ndr), che interpreta mio marito Pietro, dovevamo litigare furiosamente e i bambini avrebbero dovuto piangere, questi, al contrario, dormivano beatamente… Io ero spaventata perché, urlando, temevo di turbarli ma loro avevano gli occhi serrati, immobili. Sembravano assopiti e chissà per quale motivo (ride)».

Tornando al discorso delle età, com’era Aurora a 10 anni?
«Una bambina pazzerella che si innamorava di tutti. Ho un video che aveva girato mia zia e che mi riprendeva mentre correvo a bordo piscina. A un tratto mi avvicino all’obiettivo e urlo: “Ciao, sono Aurora Ruffino e ho cento fidanzatiii”. Avevo un debole per i ragazzini biondi».

Sappiamo che lei è cresciuta senza il papà. Era un modo per cercarlo nelle figure maschili che incontrava?
«No, no, per carità. Sin da adolescente sono stata indipendente e non ho mai voluto appoggiarmi a un uomo. La mia era una ricerca esclusiva dell’amore sognando la coppia ideale».

Aurora Ruffino si racconta: “Io cresciuta da nonne e zie”

A scuola come se la cavava?
«Bene. Ho frequentato un liceo sperimentale ed ero studiosissima. D’estate non vedevo l’ora che finissero le vacanze per tornare in classe. Leggevo più libri di quelli che mi davano come compiti. Da giovanissima pensavo che la mia strada sarebbe stata quella di insegnante anche se in famiglia volevano che diventassi medico».

E a 20 anni com’era?
«Ho scoperto la recitazione e me ne sono innamorata nonostante i miei nonni e la zia con cui sono cresciuta fossero perplessi e non volessero che mi trasferissi a Roma da sola. Loro però non mi hanno tarpato le ali. Mi hanno detto di provare e se non fossi riuscita a concludere nulla, mi avrebbero riaccolto. La mia è una famiglia molto umile e in casa il mestiere dell’attore veniva considerato come un lavoro lontano anni luce… Mi è andata bene. Ho fatto sacrifici ma ho avuto anche fortuna perché al primo provino per “La solitudine dei numeri primi” mi sono trovata per caso. Dico sempre che se uno ha l’occasione giusta deve coglierla impegnandosi al massimo, ma poi deve lasciarsi guidare dalla vita».

Avendo lei perso la mamma molto giovane, quando deve entrare nei panni di un genitore qual è la sua figura di riferimento?
«Mia nonna e mia zia che si sono prese cura di me sin da bambina. Davanti alla forza di Rebecca, il mio pensiero è andato subito a zia Franca, che ho sempre visto come un carro armato e che non si è mai abbattuta. Ma anche nonna Caterina e nonno Antonio sono stati per me due supereroi. Loro sono il mio faro e ora tifano per me».

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