La storia di Jim Jones e il Tempio del Popolo: l’uomo che provocò 918 suicidi con una frase. L’agghiacciante storia di Jim Jones e il Tempio del Popolo, si concentra su una data: 18 novembre 1978, con il massacro di Jonestown, che segnò una delle pagine più cupe della storia moderna. A perdere la vita furono 918 persone, inclusi circa 300 bambini, nel più grande suicidio collettivo mai avvenuto.
Il fondatore della comunità, Jim Jones, ordinò ai suoi seguaci di ingerire una miscela letale di cianuro, Valium, cloralio idrato e Phenergan, sciolta in una soda aromatizzata all’uva. Questo evento segnò la fine della setta del Tempio del Popolo, fondata dallo stesso Jones con l’intento iniziale di creare una comunità egualitaria e antirazzista. Tuttavia, con il passare del tempo, la setta si trasformò in una congregazione di fanatici sottoposti al crescente delirio autoritario del leader.
Jones, nato in Indiana nel 1931, era il figlio di agricoltori di origini gallesi e scozzesi. Fin da giovane, mostrò interesse per la religione e il comunismo. Sposò Marceline Baldwin, un’infermiera, e avviò la sua carriera religiosa all’interno di una chiesa metodista, dove lavorò come ausiliare mentre studiava per diventare pastore.
Nel 1955, a Indianapolis, fondò il Tempio del Popolo, predicando l’uguaglianza tra bianchi e afroamericani, in un’epoca segnata dalla segregazione razziale. I suoi sermoni, che parlavano più di giustizia sociale e comunismo che di Dio, attirarono un crescente numero di seguaci. La sua cerchia più stretta sapeva dei suoi legami con il Partito Comunista degli Stati Uniti, da cui però si allontanò in seguito, non tollerandone le critiche al regime stalinista.
Jones era anche noto per il suo impegno sociale: sostenne il movimento per i diritti civili, gestì enti di beneficenza per tossicodipendenti e senzatetto, e aprì il Tempio del Popolo a persone di ogni estrazione sociale. Tuttavia, i contrasti con pastori protestanti più conservatori e il crescente messianismo, portarono Jones a estremizzare i suoi discorsi, dichiarandosi una divinità pari a Gesù Cristo.
Il primo insediamento
Nel 1965, trasferì la sua comunità a ‘Ukiah’, in California, per creare un insediamento agrario isolato, dove i suoi seguaci avrebbero vissuto secondo i suoi insegnamenti. L’isolamento, però, limitava l’espansione del culto. Jones spostò quindi la comunità a San Francisco e Los Angeles, dove guadagnò notorietà con le sue presunte “guarigioni per fede”. I suoi raduni, spettacoli di massa in cui affermava di curare malattie con l’imposizione delle mani, attrassero migliaia di nuovi membri.
Nel 1974, il Tempio del Popolo contava oltre 3.000 fedeli e godeva del sostegno di figure politiche come il sindaco di San Francisco, George Moscone, e il consigliere Harvey Milk, che apprezzavano l’impegno antirazzista di Jones. Ma non tutti erano convinti. Alcuni membri iniziarono a denunciare abusi, sfruttamento e violenze all’interno della setta. Le accuse portarono a indagini giudiziarie e alla crescente attenzione dei media.
Jones, temendo l’intervento delle autorità statunitensi, ordinò ai suoi seguaci di trasferirsi in Guyana, dove con le donazioni acquistò un vasto terreno nella giungla per fondare Jonestown, un insediamento agricolo isolato. A Jonestown, la vita era estremamente dura. I membri lavoravano dall’alba al tramonto sotto la supervisione di guardie scelte tra i seguaci più fedeli di Jones.
Il leader confiscò i passaporti e i medicinali, utilizzandoli per sé, e instaurò un regime di controllo totale. Organizzava le cosiddette “notti bianche”, durante le quali teneva la comunità sveglia con discorsi paranoici sulle cospirazioni contro di lui. In queste sessioni, iniziò a parlare di un possibile suicidio collettivo come “atto rivoluzionario”.
Le denunce
Nel maggio del 1978, alcuni membri riuscirono a fuggire e a denunciare gli abusi. Le accuse raggiunsero il deputato Leo Ryan, che decise di visitare Jonestown per verificare le condizioni della comunità. Il 18 novembre 1978, Ryan arrivò accompagnato da giornalisti e dissidenti della setta. Dopo aver parlato con alcuni membri, alcuni di loro gli chiesero di essere portati via.
Mentre il gruppo si preparava a partire dall’aeroporto di Port Kaituma, le guardie di Jones li attaccarono, uccidendo Ryan, tre giornalisti e un dissidente. Consapevole che l’attacco avrebbe portato all’intervento delle autorità, Jones ordinò il suicidio collettivo. In una registrazione audio trovata in seguito, si sente il leader esortare i suoi seguaci a compiere un “atto rivoluzionario” e a non temere la morte. Alcuni membri accettarono, altri furono costretti con la forza a bere il veleno.
I genitori somministrarono la miscela letale ai propri figli prima di assumere il veleno a loro volta. Quando tutti furono morti, Jones si suicidò sparandosi alla testa. Nel massacro morirono 918 persone, inclusi membri della comunità, le vittime dell’aeroporto e una madre con i suoi tre figli trovati avvelenati a Georgetown, dove la setta aveva una casa. Stephan e Jim Junior, figli di Jones, si salvarono perché si trovavano a Georgetown per una partita di basket.
La tragedia di Jonestown rimane un simbolo dell’estremismo religioso e della manipolazione settaria. Oggi, un monumento all’Evergreen Cemetery, in California, ricorda le vittime, incluso Jim Jones, il cui nome divide i sopravvissuti: alcuni vogliono cancellarlo, altri ritengono necessario mantenere la memoria del responsabile.
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