Pino Daniele, l’ultima compagna: “Hanno detto che ho sbagliato ma la verità è un’altra”. Amanda Bonini su Pino Daniele. L’ultima compagna del cantautore napoletano scomparso il 4 gennaio del 2015, ripercorre le tappe più significative della relazione nel nuovo libro di Pietro Perone ‘Napoli e l’anima della musica, dal mascalzone latino a GioGiò’ (Edizioni San Paolo 2024).
La donna ricorda come la decisione di non andare in un ospedale vicino, ma di dirigersi verso Roma, fosse stata del tutto consapevole e voluta dal cantautore: «Pino era perfettamente cosciente e continuava a chiedere di salire in auto per raggiungere l’ospedale Sant’Eugenio di Roma — spiega —. Era convinto che solo l’équipe del suo cardiologo lo avrebbe salvato. Lui, e nessun altro, diceva, conosce le condizioni del mio cuore, sa come intervenire. Lo paragonava a quei meccanici che smontano e rimontano per anni lo stesso motore in cui altri non riuscirebbero mai più a raccapezzarsi».
I ricordi si intrecciano con il dolore e la consapevolezza dell’irreparabile: «Durante il drammatico viaggio, in cui ho guidato a velocità elevatissima, Pino è rimasto vigile, mi ha tenuto la mano per tutto il tempo, fino a quell’ultima doppia stretta, l’estremo saluto, il suo ciao».
Le riflessioni di Bonini si estendono anche ai sensi di colpa che la accompagnano: «Hanno detto che ho sbagliato ad assecondarlo, che dovevo impormi e aspettare l’ambulanza. Avrei provocato la sua ira e fatto precipitare la situazione. Piuttosto, ancora oggi non mi spiego perché dal Sant’Eugenio non sia partito un mezzo di soccorso cardio-assistito che ci venisse incontro… ho chiesto più volte di inviare un’ambulanza». Nonostante le sue richieste, nessuna ambulanza è stata inviata.
Pino Daniele, l’ultima compagna: “Hanno detto che ho sbagliato”
Nel libro, Bonini ricostruisce anche i loro inizi, un periodo segnato da cambiamenti e scoperte: «L’ho conosciuto in un momento in cui era chiuso dentro di sé, si mostrava guardingo, come un pugile in posizione di guardia, deluso». La relazione si trasforma presto in un nuovo inizio per entrambi, portandoli a vivere insieme. Prima a Roma: «Alle sei e trenta di mattina uscivo di casa per andare a scuola… Tornavo nel primo pomeriggio. Una situazione di normalità comune alla stragrande maggioranza delle coppie, ma inedita per Pino. Spesso mi chiedeva del mio lavoro, delle metodologie, in modo particolare quelle relative alla disabilità. Voleva conoscere le dinamiche, le difficoltà che vivevano le famiglie, il modo di approcciarsi dei bambini al mondo. Stava riassaporando il sale della vita di strada, quella della gente comune».
Questa quotidianità rappresentava per Pino un ritorno alle sue origini: «Gli piaceva molto questa sensazione — racconta Bonini —, era per lui un tuffo nelle sue origini. La dimensione della metropoli iniziava però ad andargli stretta: non sopportava il traffico, il trambusto sotto casa e dopo poco mi ha chiesto di andare a vivere con lui a Magliano, meno distante dalla mia scuola».
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