Home » Aldo Biscardi, la figlia Antonella: “Var la sua vittoria ma ce n’è anche un’altra. Calciopoli? Soffrì soprattutto per un aspetto”
Gossip Televisione

Aldo Biscardi, la figlia Antonella: “Var la sua vittoria ma ce n’è anche un’altra. Calciopoli? Soffrì soprattutto per un aspetto”

Aldo Biscardi, la figlia Antonella: “Var la sua vittoria ma ce n’è anche un’altra. Calciopoli? Soffrì soprattutto per un aspetto”. Aldo Biscardi, la figlia Antonella, anch’essa giornalista, racconta alcuni retroscena legati al celebre conduttore morto a Roma l’8 ottobre 2017, in una intervista a ‘Il Corriere della Sera’. Ve ne proponiamo alcuni passaggi.

Nella Chiesa di San Pio X, nel giorno dei funerali, un viavai di attori, politici e colleghi. Lo salutò perfino Maradona.
«È stato un grande uomo, un giornalista gran conoscitore di calcio, che infuocava la passione che portiamo tutti nel cuore». 

Era la sua battaglia.
«Da inviato per Quelli che… il calcio, nonostante i 78 anni, girava gli stadi raccogliendo firme su dei quadernoni. La Var è stata la sua vittoria, ha fatto in tempo a vederla ma non a godersela. È il mio rimpianto più grande».

Antonella, cosa è rimasto oggi di Biscardi?
«La scorsa stagione abbiamo ripreso il suo Processo del lunedì. Siamo alla trentanovesima edizione, andiamo in onda sul circuito Netweek. La squadra è composta da me, mio fratello Maurizio, Dana Ferrara, alcuni giovani ragazzi e storici collaboratori di papà. Proviamo a capire cosa farebbe lui oggi, ne portiamo avanti lo spirito modernizzandolo. Le sue rubriche storiche sono rimaste intatte, la scheda di Fabrizio Bocca, il Moviolone, le bombe di mercato…».

Antonella Biscardi: “Var la vittoria più grande di mio padre”

[…] Come era lavorare con lui?
«Pretendeva molto, la redazione era sempre sotto stress. Voleva la perfezione, la preparazione. Non ti diceva mai “bravo”, ma col tempo ti sentivi migliorato. Era il primo ad aver subìto una certa rigidità in famiglia, per svolgere al meglio una professione riteneva necessario lo studio. Di chi vedeva disposto al sacrificio diceva. “Questo farà strada”. Così è stato».

E a casa?
«Era molto riservato, anche nei gesti. Quando partiva per un Mondiale o un Europeo e stava via per più di un mese, chiamava me e mio fratello. “Quanto hai preso a scuola? 8? Perché non 10?”. Nostra madre Elsa sorrideva. “Non ci fate caso, è il suo modo di dare affetto”. Ma era un uomo estremamente ironico. Le interviste dovevano essere serie, dopo giocava a Tressette».

[…] lo “sgub” più importante fu il libro su Papa Wojtyla.
«Un’esclusiva mondiale, la prima intervista ufficiale di un Papa in un libro. Papà lo scrisse insieme a Luca Liguori, 208 pagine di colloqui con il Pontefice, registrati su nastro. Era cattolico, ma non un fervente praticante. Certo, era devoto a Padre Pio e ogni anno andava a Pietrelcina, ma i contatti col Papa furono umanamente molto forti».

[…] suo padre riuscì a far cantare l’Inno di Mameli alla Nazionale
«I giocatori restavano in silenzio e lui non lo tollerava. Telefonò a Ciampi. “Presidente, siamo gli unici a fare così, non è possibile”. La Presidenza della Repubblica fece stampare un centinaio di pergamene e il Processo si aprì con gli ospiti in piedi che, con una mano sul cuore e l’altra a tenere lo spartito, cantavano l’inno. La partita dopo gli azzurri fecero lo stesso».

Aldo Biscardi, la figlia Antonella: “Calciopoli? Soffrì soprattutto per un aspetto”

[…] Nel 2006 rimase coinvolto nello scandalo Calcipoli in seguito a delle intercettazioni con Moggi.
«Certo, si sentivano, ma non per manipolare la moviola come fu detto. L’Ordine dei giornalisti lo sospese per sei mesi in attesa della sentenza. Papà non poteva accettarlo e decise di non confermare la sua iscrizione all’albo. “Se non credono in me, perché dovrei restare?”. Ci rimase male, ne soffrì. Chi gli stava vicino ha dubitato, non è stato difeso dai suoi giornalisti e dal proprietario della rete nonostante la sua storia».

Era sempre circondato da donne bellissime: mai una scenata di gelosia da sua madre?
«Era una donna intelligente, si limitava a una battuta o a una domanda in più. Anche perché lui era molto furbo, tornava a casa e raccontava tutto. “Ho portato lei a cena, ho accompagnato quest’altra a casa…”. La rendeva partecipe, un’ottima strategia. Ma il loro amore era fortissimo. Si erano conosciuti a Napoli, papà le fece una corte serrata. Doveva trasferirsi a Roma per Paese Sera, ma non voleva allontanarsi da lei. Così affrontò la futura suocera. “Devo partire per lavoro, non la posso lasciare lì”. In sei mesi si sposarono. Aveva 25 anni».

Cosa direbbe del giornalismo di oggi?
«Si adeguerebbe al flusso, senza comprenderlo. Tutto troppo veloce e poco concreto. Se la prenderebbe con chi ha sempre il cellulare in mano e non usa la testa. Sarebbe complicato lavorare con lui».

Le manca?
«Ci parlo sempre, tutt’ora. Per me è un amico. In trasmissione ho la mia anteprima, un approfondimento meno calcistico e più di costume. “Sei troppo acculturata, scendi”, mi diceva. D’altronde il calcio per me è questo, dietro a un gol c’è il mondo. Ma ogni tanto me lo domando. “Forse ha ragione lui?”. Vedete, mi insegna ancora oggi».

Seguici anche su Facebook. Clicca qui

Loading...
Social Media Auto Publish Powered By : XYZScripts.com