Carabinieri, l’allarme del sindacato MOSAC: “Figli di un Dio minore, il futuro esercito dei poveri”
Oltre a ricevere stipendi inadeguati, con la pubblicazione del 20 novembre 2024 del decreto direttoriale emanato dal Ministero del Lavoro e delle Politiche Sociali, di concerto con il Ministero dell’Economia e delle Finanze, chi andrà in pensione dal 1° gennaio 2025 subirà un’ulteriore penalizzazione data dalla revisione dei coefficienti di trasformazione del montante contributivo in rendita pensionistica per il biennio 2025/2026 e dovrà accontentarsi di un assegno pensionistico più leggero rispetto al 2024.
Per i non addetti ai lavori, il coefficiente di trasformazione rappresenta l’elemento basilare per il calcolo delle quote di pensione nel sistema contributivo. I nuovi coefficienti, calcolati sulla base delle più recenti rilevazioni demografiche e degli aggiornamenti statistici forniti dall’ISTAT, sono direttamente collegati alla speranza di vita.
Sebbene un’uscita più tardiva dal lavoro comporti un trattamento pensionistico più elevato, resta il fatto che l’importo della rendita pensionistica risulta non sufficiente a garantire, una volta fuori dal mondo del lavoro, lo stesso tenore di vita di cui si gode durante la vita attiva.
Non soddisfatti i rappresentanti del MOSAC, Movimento Sindacale Autonomo Carabinieri che manifestano preoccupazioni sul futuro dei Carabinieri.
Dal Comitato Nazionale, DE FALCO: “dalla riforma Dini del 1995 viviamo con un sistema contributivo lacunoso, un gap che doveva essere colmato dalla previdenza complementare, il cd. secondo pilastro, che ancora oggi non è oggetto di contrattazione. Si consideri che secondo il tasso di sostituzione che rappresenta il rapporto in percentuale tra l’importo del primo rateo pensionistico e l’ultimo stipendio o reddito percepito prima del pensionamento, la copertura pensionistica garantita ai lavoratori, dopo il 2035, passerà dal’80 al 60% per i Carabinieri che in relazione dell’attività svolta devono cessare dal servizio al compimento del 60° anno.”
È questa la sorte riservata agli operatori di polizia che, ancora oggi, lottano con una crescita salariale pari a zero rispetto al costo della vita e senza una previdenza complementare negoziale.
Una condizione precaria che sfocerà in un problema sociale e tanti saranno costretti a vivere un disagio. Sarà difficile scegliere tra pagare l’istruzione ai propri figli, le rate del mutuo o una visita specialistica; una proiezione reale che si verificherà per coloro che hanno un sistema pensionistico contributivo puro.
Da parte del MOSAC Movimento Sindacale Autonomo Carabinieri: “non ci stancheremo di far sentire la nostra voce a tutela della collettività e di tutti gli operatori della sicurezza costretti a vivere con stipendi da “fame”, con un futuro incerto ed in assenza di garanzie. Basta con le manifestazioni di vicinanza a seguito di aggressioni, i Governi, tutti, devono considerare il “comparto sicurezza” come una risorsa e non un investimento. Chiediamo di decidere rapidamente sul pacchetto sicurezza, garanzie sulla previdenza complementare negoziale e sull’assistenza sanitaria integrativa perché gli operatori di polizia non sono merce da sacrificare.”
Comitato Nazionale
Originale firmato e custodito agli atti di questo Ufficio, ai sensi del D.P.R. 28 dicembre 2000, n. 445 “Testo unico delle disposizioni legislative e regolamentari in materia di documentazione amministrativa”
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