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Enrico Vanzina: “Noblesse oblige? Mentre scrivevo ho pensato a un attore. Clint Eastwood si arrabbiò con me per un posto auto”

Enrico Vanzina: “Noblesse oblige? Mentre scrivevo ho pensato a un attore. Clint Eastwood si arrabbiò con me per un posto auto”. Enrico Vanzina su Noblesse oblige, e non solo, il regista e sceneggiatore romano, 75 anni, parla del suo libro in una intervista a ‘Il Corriere della Sera’. Ve ne proponiamo alcuni passaggi.

Deserto di Tucson, Arizona.
«Set di Sognando la California, 1991. Un caldo tremendo. Mio fratello Carlo si arrabbiò con Boldi, forse per un ritardo. Massimo si offese a morte. “Basta, lascio il film”, minacciò. E si allontanò a piedi tra i cactus. Camminò finché non divenne un puntino lontano. Ad un tratto però si fermò e cominciò a gridare disperato agitando le braccia: “Aiuto! Venite a prendermi” […] Lui e Carlo hanno fatto pace e abbiamo ripreso a girare».

[…] In attesa del prossimo ciak, ha scritto Noblesse oblige. Una storia di miseria e nobiltà (HarperCollins).
«Il mio primo romanzo umoristico, ambientato nel 1980. Un film comico su carta, di quelli che ormai non si girano più per il cinema. Quando gli italiani andavano in sala a ridere dell’Italia, un rito che si è perso».

Protagonisti il principe romano Ascanio, giovane e squattrinato, e il suo maggiordomo napoletano Gegè, colto e astuto. Se dovesse ricavarci un film, chi avrebbe in mente?
«Mentre scrivevo di Gegè ho pensato subito a Vincenzo Salemme. Ascanio nel libro ha 35 anni, ma Christian De Sica lo farebbe meravigliosamente, lui non ha età».

[…] Il principe Antonio De Curtis era suo vicino di casa.
«Invitava me e Carlo, piccolissimi, a bere il tè con i biscottini».

Enrico Vanzina: “Noblesse oblige? Mentre scrivevo ho pensato a un attore”

Grande amico di papà Steno era Alberto Sordi.
«Quando gli domandavano perché non avesse avuto figli, Alberto tirava fuori dal portafoglio una foto del bebè della Plasmon che teneva sempre con sé. “Ma chi glielo ha detto che non ne ho? Guardi qui che bel pacioccone”. E lo baciava. “Bello de papà, quanto te voglio bene!”».

[…] Rubò il parcheggio a Clint.
«Los Angeles, uffici di un boss della Warner, casting di Miliardi. Entrò un tizio agitatissimo. “Qualcuno di voi ha lasciato l’auto nel posto di Clint Eastwood?”. “Forse io” ammisi. “La tolgo subito”. Scesi nel parcheggio. Lui mi aspettava seduto sul cofano, con lo sguardo di ghiaccio dell’ispettore Callaghan. “Questo spazio è mio”, ringhiò. “Scusi, sono italiano, amico di Sergio Leone, okkei?”».

[…] Una sorpresa inaspettata.
«Il produttore Achille Manzotti ci convocò nel suo studio. Voleva proporci Sotto il vestito niente. Entrando, trovammo Michelangelo Antonioni. “Questo film lo aveva offerto a me, ci ho riflettuto ma penso che invece dovreste farlo voi due”. E così andò».

Le ripetizioni di Monica Bellucci.
«La scegliemmo per I mitici. Il suo personaggio parlava con forte accento umbro e lei, nata a Città di Castello, ci sembrava perfetta. Solo che Monica parlava un italiano pulito, non sapeva nemmeno una parola in dialetto. Così l’abbiamo mandata a lezione dal coach Max Turilli, specialista di umbro-marchigiano».

Enrico Vanzina: “Clint Eastwood si arrabbiò con me per un posto auto”

Si è più che sdebitata.
«Ci serviva assolutamente vendere le cassette vhs del film, per pareggiare il bilancio. Dovevamo convincere un tizio a concludere l’affare. “Vi aiuto io”, promise Monica. E si presentò elegantissima all’appuntamento da Bice a Milano. Quando entrò calò il silenzio. Ovviamente abbiamo piazzato le cassette».

[…] La dieta di Carol Alt.
«Venne a Milano per le riprese di Via Montenapoleone. Per essere ospitale, la invitai al bar. Ordinò un Irish coffee. “Non hai fame?”. “Sì ma non posso mangiare. Da ragazzina ero in carne e per questo a scuola mi prendevano in giro. Con molta fatica sono dimagrita e adesso ho paura di ingrassare anche di un etto”».

[…] Incidenti sul set…
«Giravamo Viuuulentemente mia con Diego Abatantuono e Laura Antonelli. Carlo cadde dalla cameracar e si ruppe il braccio sinistro. Tememmo di dover interrompere il film. Invece il giorno dopo sul set ci stava Steno, papà. E lo sostituì per dieci giorni, Lì ho avuto la sensazione di appartenere davvero a una grande famiglia di cinema».

…e altre «catastrofi».
«Per Selvaggi, girato alle Grenadine, avevamo fatto costruire una grande zattera da un tecnico di Cinecittà, una roba di alta ingegneria, che tenevamo ancorata sulla spiaggia. Una notte scoppiò una tempesta. “Oddio la zattera!”. Corsi fuori sotto l’acqua e montai su una macchinetta da golf. Lo scenografo aveva avuto il mio stesso timore. La zattera era già stata trascinata via dalla corrente. Faticosamente la riportammo a riva, sentendoci due eroi».

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