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Tilda Swinton: “La stanza accanto? Il dubbio era uno solo. Ritengo disumano negare l’eutanasia”

Tilda Swinton: “La stanza accanto? Il dubbio era uno solo. Ritengo disumano negare l’eutanasia”. Tilda Swinton su La stanza accanto, l’attrice britannica, 64 anni, parla del suo personaggio nel film di Pedro Almodóvar in una intervista a ‘Io Donna’. Ve ne proponiamo alcuni passaggi.

Nessun dubbio prima di accettare un ruolo tanto funerario?
“Il dubbio era uno solo: quale sarò delle due? Sarebbe stato così facile per me incarnare Ingrid: mi è capitato spesso nella realtà di accompagnare persone che se ne stanno andando (e considero un privilegio essere testimone di quella transizione). Però speravo di essere Martha: quella era l’avventura. Grazie al cielo, non sono mai stata nella stessa situazione”.

E Almodóvar la voleva proprio come Martha, per Ingrid ha scelto Julianne Moore.
“Il suo percorso non somiglia in nulla al mio (è una giornalista, ha avuto una figlia da adolescente da cui si è allontanata), ma condivido l’atteggiamento: non ho mai avuto paura della morte”.

Tilda Swinton: “La stanza accanto? Il dubbio era uno solo”

Un pensiero che nella nostra società è quasi tabù.
“Ed è un vero peccato: quella contemplazione quotidiana rende la vita molto più preziosa, trovo che sia una fonte di energia. E poi… che sforzo implica restare in uno stato costante di negazione della mortalità? Mi capita di sentire: “Oh, che tragedia! È mancato, aveva 97 anni!”. Cosa?!? Pazzesco, letteralmente folle, non sano! Naturalmente, come sappiamo, la società dei consumi per avidità incoraggia questa dissociazione, cercando di distrarci e di incoraggiarci agli acquisti senza fine. E ritengo disumano negare l’eutanasia, la possibilità di prendere in mano quella che io chiamo la “discesa”, affrontarla con dignità. Parecchi di noi, fortunatamente, crescono con gli animali e lo sanno: arriva un punto – sia per vecchiaia, sia per malattia – in cui abbiamo il diritto di prendere una decisione, in nome dell’amore, per risparmiare loro sofferenza inutile”.

[…] La “buona morte” non è l’unico messaggio del film.
“Infatti credo che quello centrale, il vero cuore sia un altro: il concetto di non distogliere lo sguardo, di essere testimoni rispettosi. Siamo tutti nella stanza accanto, in qualsiasi circostanza. Io sono nella stanza accanto a lei, noi siamo nella stanza accanto all’Ucraina, a Gaza, alla Siria, allo Yemen, agli Stati Uniti. La sfida è fare ciò che possiamo per i nostri simili (uomo o donna o qualsiasi cosa sia in mezzo o oltre) e, a volte, non fare. Conoscerete le parole: “Signore, concedimi la serenità di accettare le cose che non posso cambiare, il coraggio di cambiare le cose che posso cambiare e la saggezza di capire la differenza”.

Tilda Swinton: “Ritengo disumano negare l’eutanasia”

[…] La regista Joanna Hogg, consegnandole il Leone d’Oro alla carriera nel 2020, ha sottolineato la sua capacità di avere un impatto nel cinema e di crescere due figli, rimanendo però gentile, affettuosa e fedele a se stessa… Qual è il segreto?
(ride) “Ritengo di essere stata una privilegiata ad avere chiarissime le mie aspirazioni. Qualcuno una volta mi ha detto: “Il tuo problema è che non sei per niente ambiziosa”. Ma io sono incredibilmente ambiziosa! È che le mie ambizioni potrebbero non corrispondere a quelle altrui. Sin da piccola sognavo di abitare vicino al mare, coltivare le mie verdure, avere bambini (se possibile) e lavorare con i miei amici. Mi sono concentrata nel riuscirci e sono riuscita! Sono sempre stata devota al cinema, comunque – se non mi fosse stata data l’opportunità di entrare in quel mondo, se mi fosse stato dato in cambio un negozio di lana con i miei amici – mi conosco abbastanza bene da sapere che sarei stata felice”.

Sicura sicura?
“Sì! In definitiva, è questione di amicizia. Per questo La stanza accanto mi suona incredibilmente personale, riguarda la “manutenzione” delle relazioni. Conosco Joanna Hogg da quando avevamo 10 anni ed è ancora è una delle mie “complici” più importanti (compagne di college di Lady Diana, hanno girato assieme un corto e tre lungometraggi, ndr). Certo, sarebbe andato bene pure un negozio di lana con lei, sarebbe meraviglioso gestirlo, ma non nego che fare arte sia incredibile, il più grande sballo! Nel cinema, in particolare, hai bisogno di un gruppo: questa è una delle cose che ho imparato dal mio maestro, Derek Jarman (il regista che l’ha lanciata con Caravaggio nel 1986, cui è rimasta vicina fino alla morte, nel 1992, ndr). Era un pittore, sapeva cosa significava avere un’attività solitaria e si dedicava ai film per il piacere della compagnia. Quello spirito collettivo è la mia droga”.

Tilda Swinton: “Pedro Almodóvar come un cugino”

Con Pedro Almodóvar come è andata?
“Conoscevo la sua opera, ma non conoscevo lui quando mi ha chiamato per La Voce Umana (il cortometraggio del 2020 basato sul monologo teatrale di Jean Cocteau, ndr). Oggi è come un cugino, è uno della mia famiglia! So che possa sembrare strano, ma so che non sono la classica “professionista”, so che non intendo viaggiare su un jet privato e non intendo essere una influencer di potere a Hollywood”.

Non ha mai menzionato l’importanza delle relazioni sentimentali.
“L’amicizia è alla base del grande amore e ne rappresenta la parte migliore, il seme. L’amore romantico cresce dall’amicizia, però senza amicizia di sicuro non sta in piedi”.

[…] E La stanza accanto che tipo di sperimentazione le ha offerto?
“Pedro ci ha consentito al massimo due ciak: se ne volevamo un terzo, dovevamo supplicare. E questo è stato incredibilmente tosto. Ma sono convinta che avesse ragione: ti impegnavi con una sorta di presenza assoluta. Lì, in quel momento”.

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