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Nino Frassica: “Renzo Arbore? L’ho quasi ucciso per farmi notare. Un giorno farò come Mina…”

Nino Frassica: “Renzo Arbore? L’ho quasi ucciso per farmi notare. Un giorno farò come Mina…”. Nino Frassica su Renzo Arbore e l’episodio della mela che l’ha quasi ucciso, gli esordi, la carriera, la moglie, e non solo, l’attore e comico siciliano, 73 anni, si racconta in una intervista a ‘Il Corriere della Sera’. Ve ne proponiamo alcuni passaggi.

Nino Frassica, lei ha scritto un libro, «Piero di essere Piero». Ogni tanto torna alla sua comicità surreale?
«È una galleria di Pieri immaginari, una piccola umanità che non esiste ma che in fondo è molto vera: in ognuno di noi c’è una vena grottesca».

Lei cominciò con il teatro, Ionesco per la precisione.
«Recitavo in una compagnia, “I cantatori pelosi figli della cantatrice calva”. Ma questa comicità oggi è difficile farla. Forse i cinepanettoni sono stati un’occasione sprecata, lì si poteva essere surreali».

[…] Timidezza?
«Sono siciliano, di Galati Marina, frazione di Messina. Sono uno che non ama chiedere, tanto è vero che quando volevo fare l’attore a tutti i costi sognavo di lavorare con Renzo Arbore ma non mi proposi mai».

E come fece per arrivare a «Quelli della notte», dove debuttò 40 anni fa?
«Mi feci dare il numero di telefono di Renzo. Ogni giorno gli lasciavo un messaggio anonimo nella segreteria telefonica».

E che cosa gli diceva?
«Recitavo. Inscenavo piccoli spettacoli solo per lui, senza chiedere nulla e senza dire chi ero. Lo corteggiai così».

Ci riuscì.
«Non prima di averlo quasi ucciso: in seguito mi raccontò che ogni sera correva ad ascoltare i messaggi della segreteria e una volta stava mangiando una mela. Cominciò a ridere in modo così convulso che quasi si strozzò».

Nino Frassica: “Renzo Arbore? L’ho quasi ucciso per farmi notare”

«Quelli della notte», «Indietro tutta». Palestre di comicità surreale.
«Si improvvisava, ma con intelligenza. Non puoi improvvisare e basta, devi conoscere bene dove sei e quello che stai facendo. Ancora oggi, in Don Matteo, a me capita di improvvisare nei panni del commissario Cecchini, ma guai a farlo senza sapere tutto del contesto».

«Don Matteo» è arrivato alla 14esima stagione.
«Abbiamo superato la Signora in giallo e il Tenente Colombo».

Come approdò alla fiction?
«Mi chiamò Enrico Oldoini, e quando mi disse che Terence Hill avrebbe fatto Don Matteo ero incredulo. Le confesso una cosa: Terence per me era una sorta di leggenda, giuro: pensavo che non esistesse davvero».

[…] Un ricordo dell’infanzia a Galati Marina.
«Una volta uscii di casa e invece di andare a scuola mi nascosi in una barca».

Da lei mi sarei aspettata «in una bara».
«No, per carità, la morte no».

Ne ha paura?
«Per la precisione ho voglia di vivere: di lavorare, di recitare, di far ridere, di scrivere e di fare scherzi».

Nino Frassica: “Un giorno farò come Mina…”

[…] Se le dico Giorgio Faletti che cosa le viene in mente?
«Un enorme dolore quando morì. Eravamo amici, abbiamo lavorato assieme al programma Acqua calda. Quando decise di andare a Sanremo, mi fece ascoltare in anteprima e in via riservata Signor tenente. Io osservai che era una bellissima canzone ma che la sua faccia da ragazzo giovane non lo avrebbe aiutato. Lui poi si fece crescere la barba, non so se perché glielo avevo consigliato io».

E se le dico Fabio Fazio?
«Una chiave di volta, un po’ come lo è stata, per lo spettacolo, Renzo Arbore. Che tempo che fa mi dà la possibilità di esprimere una parte di me ironica e libera. Fabio è un grande professionista: non va in onda se non ha letto tutti i libri e visto tutti i film di cui si parla in trasmissione».

[…] E se le dico Barbara?
«Be’, mia moglie (Barbara Exignotis, ndr)» […] «L’amore di una donna che mi starà accanto nei prossimi anni».

Un «no» importante che ha detto?
«Dissi di no a Boris, ma poi me ne sono pentito perché non avevo capito bene quanto fosse intelligente e geniale quella trasmissione».

[…] Che cosa la spaventa?
«Il non riuscire più a fare questo lavoro. Ma ho preso una decisione: quando comincerò a scordarmi le battute o non sarò più in grado di reggere un microfono in mano, sparirò. Come Mina».

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