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Salute

Farmaco per il diabete di tipo 2 riduce il rischio di demenza: la scoperta

Farmaco per il diabete di tipo 2 riduce il rischio di demenza: la scoperta. Un farmaco per il diabete di tipo 2 riduce significativamente il rischio di sviluppare demenza, la scoperta arriva da uno studio condotto in Corea del Sud. È noto che i diabetici di tipo 2 hanno un rischio più elevato di sviluppare demenza, e tale rischio aumenta quanto più lunga o grave è la durata del diabete.

I ricercatori hanno scoperto che coloro che assumevano inibitori del trasportatore sodio-glucosio di tipo 2 (SGLT-2) per curare il diabete riducevano il rischio di demenza fino alla metà rispetto a coloro che non li assumevano. Sebbene si tratti di dati preliminari, i risultati suggeriscono che il riutilizzo di farmaci esistenti ha un “enorme potenziale” nel contribuire a ridurre i rischi di altre malattie.

I ricercatori hanno analizzato i dati di 110.885 diabetici di tipo 2 di età compresa tra 40 e 69 anni iscritti al Servizio assicurativo sanitario nazionale coreano. Hanno esaminato i pazienti che assumevano inibitori SGLT-2, che riducono la quantità di glucosio (zucchero) che i reni riassorbono, consentendone l’espulsione dal corpo tramite l’urina.

Questi sono stati poi confrontati con quelli degli inibitori della dipeptidil peptidasi 4 (DPP-4), noti come gliptine, che agiscono bloccando un enzima che aiuta l’organismo ad aumentare i livelli di insulina dopo aver mangiato. Durante il follow-up medio di circa due anni, 1.172 persone hanno ricevuto una nuova diagnosi di demenza.

Nel complesso, i tassi di demenza erano inferiori del 35 per cento tra i pazienti che assumevano inibitori SGLT-2 rispetto agli altri farmaci. Secondo i risultati pubblicati sul BMJ, questa percentuale sale al 52 per cento per i pazienti affetti da demenza vascolare e al 39 per cento per i pazienti affetti dal morbo di Alzheimer.

Le teorie

I ricercatori suggeriscono che la riduzione del rischio migliora quanto più a lungo una persona assume i farmaci, e gli scienziati ipotizzano che potrebbe influire sull’infiammazione nel cervello, riducendo il rischio di eventi cerebrovascolari o modulando il metabolismo del glucosio nel cervello. Ora sono necessari ulteriori “studi clinici approfonditi” per determinare se questo potrebbe rivelarsi un trattamento fattibile in futuro, hanno affermato.

La dottoressa Jacqui Hanley, responsabile della ricerca presso l’Alzheimer’s Research UK, ha affermato: “È incoraggiante vedere studi su larga scala che esplorano se farmaci già autorizzati possano essere riutilizzati come trattamenti per la demenza. Dato che è già stato dimostrato che questi farmaci sono sicuri per l’uso umano, ciò potrebbe potenzialmente accelerare il processo di sperimentazione clinica contro la demenza, rendendoli anche notevolmente più economici. In senso più ampio, l’idea di riutilizzare farmaci esistenti per curare le malattie che causano la demenza ha un potenziale enorme”.

La decisione è arrivata la settimana dopo che gli enti regolatori hanno dato il via libera al primo farmaco che ha dimostrato di rallentare la progressione dell’Alzheimer, ma hanno rifiutato di autorizzare l’uso del lecanemab nel Servizio Sanitario Nazionale per motivi di costo. Ne ha parlato il professor William Whiteley, docente di neurologia ed epidemiologia presso l’Università di Edimburgo, secondo cui, però, i risultati potrebbero essere dovuti a una “stranezza del disegno dello studio”.

“Le persone affette da diabete hanno un rischio più elevato di demenza, quindi è importante trovare farmaci che riducano questo rischio. Purtroppo non si può mai essere certi degli effetti di un medicinale esaminando i dati della cartella clinica”, ha detto Whiteley (foto da archivio).

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