Francesco De Gregori: “Mia moglie morta un grande dolore. Così siamo durati 50 anni. E sul nuovo disco…“. Francesco De Gregori sulla moglie morta l’anno scorso dopo 50 anni insieme, il nuovo disco, e non solo, il cantautore romano, 73 anni, parla a cuore aperto in una intervista a ‘Il Corriere della Sera’.
La dimensione giusta per trasmettere quello che le sta più a cuore quando è sul palco: offrire alla platea la circolarità del suo repertorio, dalle hit ai pezzi meno famosi.
«Esatto, perché mi piace l’idea che la mia carriera non debba essere per forza riassunta da quelle dieci o quindici canzoni che la gente ha conservato nella memoria e che magari ha passato alla generazione successiva. D’altronde sono convinto di aver scritto altri brani che meritano altrettanta attenzione: semplicemente sono meno conosciuti perché le radio non li hanno mai passati. Già in assoluto la mia musica circolava poco in modulazione di frequenza, figuriamoci poi se trasmettevano L’uccisione di Babbo Natale! E Milano sarà proprio l’occasione per ripescare quelle canzoni perfettamente sconosciute. Ma sia ben chiaro, non ho nessuna intenzione di punire Generale o Rimmel, e nemmeno Buonanotte fiorellino. Ci saranno anche quelle, ma non più di quattro o cinque».
[…] Facciamo un salto nel 1974 quando incise «Niente da capire» e «Bene»…
«Le scrissi a Ponza in un paio d’ore, seduto al tavolino di un bar».
Francesco De Gregori: “Ho scritto due dei miei brani sedutoa sl tavolino di un bar”
In men che non si dica tirò fuori due brani intramontabili del suo repertorio. Invece per pubblicare il recente «Giusto o sbagliato» sono passati 12 anni dall’ultimo inedito: è la spregiudicatezza letteraria della gioventù che rende più facile la scrittura?
«No, no: è solo ed esclusivamente la gioventù. Io scrivevo con una facilità e con una velocità impressionanti. Se ripenso a com’ero allora come autore mi spavento, scrivevo cose oggettivamente belle, o se non altro ispiratissime, con una rapidità che oggi mi sogno di avere. Quando rileggo certi testi mi dico: ma come facevo? Sì, è vero, la spregiudicatezza aiuta, ma credo che sia un processo legato all’età: più si cresce e più si diventa selettivi e meno creativi.
È inevitabilmente così. Non c’è niente di male, l’importante è saperlo e anche confessarlo senza tanti problemi, soprattutto evitare di fare la copia di sé stessi pur di pubblicare qualcosa a tutti i costi. A me affascina l’idea di andare in sala di registrazione per fare un disco, di maneggiare la musica. Però mi manca la materia prima, per ora. Non mi sforzo nemmeno di comporre, semplicemente non ci provo nemmeno. Però, tanto per essere chiari (sorride), non è che ho impiegato 12 anni per scrivere Giusto o sbagliato».
[…] Che sentimento le suscita l’intelligenza artificiale?
«Ne so poco. Personalmente non so se dovrò mai fare i conti con l’intelligenza artificiale, probabilmente tutti noi già li stiamo facendo, così come per il computer o per il cellulare. Comunque, sono arrivato a un’età per cui le cose mi fanno meno paura di quando avevo 40 anni, nel senso che il futuro (facciamo gli scongiuri) per forza di cose lo vedo, non voglio dire limitato, però… Sarà un problema che riguarderà più i miei figli e i miei nipoti. Tuttavia, se diventasse un pericolo saprei salvaguardarmi, come mi sto proteggendo dai social, da tante cose della modernità con cui non riesco a scendere a patti. Quindi me ne sto fuori, ma rimango pur sempre un uomo del mio tempo».
Francesco De Gregori: “Mia moglie morta un grande dolore”
[…] Per lei esprimere un dolore è ancora un atto di positività?
«Certo. Parlare di una sofferenza vuol dire averla elaborata, perché quando il malessere è ancora presente non riesco a farlo. Alcune mie canzoni raccontano di relazioni amorose finite, interrotte, Rimmel soprattutto. Ecco, non l’avrei mai potuta comporre nel pieno di quella tempesta in cui mi stavo lasciando, stavo per essere lasciato. Dopo un po’ di tempo l’ho scritta, perché avevo metabolizzato tutto l’affare. Il dolore, la sofferenza, il patimento sono sicuramente carburante di un certo tipo di creatività, però non a botta calda. Quando stai soffrendo non ti va tanto di metterti a suonare il pianoforte».
[…] Dopo la scomparsa di sua moglie Chicca, pensa che anche per lei possa arrivare quel momento?
«Per adesso lo escludo. Mia moglie è stata una presenza continua per 50 anni. Siamo stati padre e madre, sorella e fratello, madre e figlio, amanti, sposi, quindi si può ben capire quanto possa essere grande per me il senso di perdita. Il nostro era un rapporto sostanziale, spirituale, intellettuale, fisico. Sennò non saremmo durati mezzo secolo insieme. Oggi come oggi la sento comunque presente nella mia vita. È presente nel ricordo, è presente in tutto quello che abbiamo fatto insieme e questo ricordarla mi aiuta a superare la parte lancinante del dolore».
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