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Gianluigi Nuzzi: “Sharon Verzeni? Vi spiego perché il delitto colpisce ognuno di noi. A Quarto grado non ci sostituiamo mai a Carabinieri o Polizia”

Gianluigi Nuzzi: “Sharon Verzeni? Vi spiego perché il delitto colpisce ognuno di noi. A Quarto grado non ci sostituiamo mai a Carabinieri o Polizia”. Gianluigi Nuzzi su Sharon Verzeni, e non solo, il giornalista e conduttore di “Quarto grado”, che torna in prima serata su Rete 4 dal 13 settembre, ne parla in una breve intervista rilasciata a ‘Tv Sorrisi e Canzoni’. Ve ne proponiamo alcuni passaggi.

So che lei pensa che non esiste delitto perfetto, ma solo indagini imperfette.
«È vero. Il delitto è brutalità e la brutalità è imperfetta per definizione. Solo la bellezza, l’amore, la felicità possono raggiungere la perfezione».

Ma si dice che il delitto senza movente sia quanto di più vicino alla “perfezione”. Qui, dunque, abbiamo avuto indagini perfette?
«Il delitto “casuale” è sempre un’ipotesi, seppure minimale. Ora, però, andrà approfondita e verificata la storia raccontata da Sangare. Le indagini sono state fatte benissimo. C’è stato chi ha detto che annaspavano nel buio: purtroppo viviamo in un mondo in cui l’informazione è così rapida che si pretende che ogni caso sia risolto all’istante».

[…] Quando martedì 30 luglio si è diffusa la notizia della tragica sorte di Sharon, cosa le ha fatto pensare che sarebbe diventato un caso così seguito?
«Era stata uccisa una ragazza cristallina, una barista di provincia, senza grilli per la testa… E poi avevamo, appunto, il fidanzato, un “promesso sposo” che era il pupillo dei suoceri e su cui gli inquirenti hanno posto da subito pochissima attenzione perché, se si fosse mosso da casa, non avrebbe potuto evitare le telecamere se non scavando come una talpa o volando».

Gianluigi Nuzzi: “Sharon Verzeni un delitto che colpisce ognuno di noi”

Non sarà sbagliato essere così incuriositi da un simile evento?
«Noi abbiamo un senso di comunità, che va rispettato, condiviso, amato. Qui c’è una persona della nostra comunità che ha perso la vita in modo violento: è naturale che ci si interroghi. Sharon era una barista, dunque la ragazza che vediamo tutti i giorni quando prendiamo il caffè. È una persona vicina a ciascuno di noi. Il naufragio del veliero Bayesian (avvenuto il 19 agosto nelle acque di Porticello, a est di Palermo, con sette morti, ndr) è una tragedia ma è molto più distante dalla nostra quotidianità: non tutti abbiamo confidenza con il mare, pochissimi possono anche solo salire su un’imbarcazione di quel tipo».

Quando andate sulla scena del crimine avete degli accorgimenti per non “pestare i piedi” a chi indaga?
«Seguiamo il Codice penale e le norme deontologiche del giornalismo. Non ci sostituiamo mai a Carabinieri o Polizia. Noi raccontiamo e scaviamo, e se capita momentaneamente di sovrapporsi le differenze rimangono chiare: intervistare è cosa diversa dal mettere a verbale una deposizione. Insomma, facciamo attenzione… Che non vuol dire avere riguardi: se un inquirente fa una stupidaggine, noi lo raccontiamo».

È felice di non dover seguire questo caso a “Quarto grado”?
«Sono felice perché l’esito conferma come si debba aver fiducia nelle istituzioni, e perché i familiari, pur avendo un dolore che nulla e nessuno potrà mai risarcire, almeno sanno che cosa è successo. Questo è stato un grande giallo e quindi potremmo anche parlarne, magari in chiave di ricostruzione».

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